PROFILI DI MADRE SPERANZA – 36

 

Robero Lanza

 

Madre Speranza di Gesù:

"Salute e Pace"

 

 

Edizioni "L'Amore Misericordioso" - Agosto 2016

Introduzione

Questa espressione, Salute e Pace, era un detto tipico della Madre Speranza, una frase che ripeteva, spesso e continuamente, nella saletta della Casa dei Padri o alla Casa del Pellegrino, alle persone che riceveva nelle lunghe giornate passate a Collevalenza, e ai Figli e alle Figlie. A ognuno di loro, dopo aver ascoltato le loro esperienze, esprimeva una parola di fede, di consolazione, di speranza, di misericordia. Da quelle stanze, nessuno ne usciva da come ne era entrato, tutti ripartivano portandosi dietro questo incoraggiamento: "Salute e Pace".

Nella Positio, così è scritto: "[…] Fin verso il 1979 continuò a ricevere non più di quindici pellegrini al giorno e, successivamente, solo qualcuno per motivi eccezionali. Quando negli ultimi tempi non potè più riceverli singolarmente, Madre Speranza si affacciava ad una finestra per garantire a tutti che avrebbe ricordato i loro cari e i loro malati all’Amore Misericordioso e per augurare loro salute e pace"1.

Se apriamo qualsiasi vocabolario, troviamo che, il significato associato al termine pace è questo: "la pace è una condizione personale (intraindividuale), sociale, relazionale, politica o legata ad altri contesti caratterizzata da condivisa armonia ed assenza di tensioni e conflitti. Condizione di tranquillità spirituale o materiale; assenza di preoccupazioni e fastidi, situazione di calma e di serenità", e quello abbinato al termine salute è il corrente: "Condizione di benessere fisico e psichico dovuta a uno stato di perfetta funzionalità dell’organismo".

Se si domanda, appunto, alle persone che cosa sia la pace, molti risponderanno indicando condizioni di rappacificazione, intendendo soprattutto un ristabilire pacificamente delle relazioni. Nessuno, però, sa che cosa sia la pace veramente, quella piena, definitiva, noi conosciamo solo "momenti" di pace. Una cosa è però certa: tutti sanno distinguere chiaramente una condizione dall’altra, il momento della pace, da quello della non pace.

Tuttavia, chi di noi non ha mai detto, almeno una volta nella sua vita: Lasciami in pace! Una espressione detta, a volte con un sorriso, altre volte con irritazione, o rabbia. In questo senso, la pace, si presenta più come rimozione di quello che intacca la tranquillità dell’esistenza o ne contesta l’ordine. La chiamiamo "pace", ma assomiglia piuttosto alla nostra "tranquillità", gli altri mi lasciano vivere, ossia mi lasciano in pace, e io lascio vivere gli altri, li lascio, quindi, in pace.

Si tende ancora a pensare che, la pace, si raggiunga con l’eliminazione delle prevaricazioni o degli "assalti" da parte di altri o da parte dell’ambiente in cui si vive: famiglia, lavoro, condominio, convivenza civile. In ogni luogo si incontrano ostacoli che mandano in frantumi la pace che si penserebbe di avere diritto di godere. A volte anche la propria aggressività, non solo intacca la pace personale, ma è causa del conflitto con gli altri. Si ritiene istintivamente che la condizione normale della vita sia la quiete e non il suo opposto. Quindi, da queste prime parole introduttive, emerge un significato di pace "mondano", ossia molto legato alla nostra convivenza civile e sociale, un concetto che trova le sue radici in quello sforzo comune per costruire una società più "sana", fondata sui valori universali della solidarietà, della giustizia e della libertà.

Nel contesto cristiano, invece, il termine pace assume un’altra connotazione e significato, ossia intende, non soltanto il raggiungimento di uno stato "tranquillo" legato ad un’assenza di conflitti, ma significa soprattutto pensare a tutto ciò che di positivo può capitare o si può augurare ad una persona nella sua vita. Pertanto, un significato di "pace", che non è solo assenza di conflitto, ma caratterizza, piuttosto, uno stato o un modo di essere che può essere definito, come: starbene, felicità, sicurezza, pienezza, armonia. In quest’ottica, il termine "pace", non interpreta solo assenza di conflitti, ma "benessere", così, come, nel consueto saluto tra gli israeliti, con la parola Shalom, si invocava sull’amico un tempo di vigore, di abbondanza, di salute e di prosperità. Una parola pace, quindi usata, in relazione al rapporto con Dio e nei rapporti tra gli uomini. "Shalom", attesta proprio questo: significa non solo libertà da problemi, ma presenza di ogni cosa necessaria per raggiungere la condizione migliore di un uomo. Per concludere, il termine pace, nell’ottica cristiana, vuol dire raggiungere quella tranquillità di cuore che deriva dalla coscienza che la nostra vita è nelle mani di Dio.

Era sicuramente questo concetto che, la Madre Speranza, voleva augurare alle persone che la venivano a trovare per chiedere un pò di luce di misericordia sulla loro vita. Augurando a tutti, la Salute e la Pace, la Madre voleva far comprendere che è necessario arrivare ad una totale confidenza nell’Amore Misericordioso di Gesù e a diventare uomini di misericordia, di tenerezza, di perdono e di pace. San Francesco augurava pace e bene, Madre Speranza, con la sua concretezza materna, invocava per tutti la salute e la pace, una pace ed una salute intese come totale abbandono nel Signore. Anche nelle vicende più dolorose della sua vita, poteva affermare con certezza e verità di sentire e percepire i frutti di una vita completamente illuminata da Dio: "io seguo come sempre, nel buio; ma non perdo né la fiducia né la pace, sono certa che Gesù, anche senza farsi vedere, mi protegge continuamente"2.

Il suo unico desiderio, era di piacere al Signore, in ogni cosa, pure piccola, e proprio in questo si fondava la sua fiducia, la sua pace, il suo equilibrio, anche in situazioni umanamente insostenibili ed impossibili da affrontare. Si può essere anche inchiodati ad un letto di sofferenza, ma non è detto che quella persona non possa sperimentare la pace del cuore e la libertà dell’anima e sentire, nel più profondo dell’essere, la presenza consolante del Signore. La pace è il dono di Cristo redentore del mondo, è frutto di un amore, che giunge fino alla passione, fino alla croce. La pace di Cristo è riconciliazione piena con Dio, è la ritrovata fraternità tra gli uomini, è il suo amore riversato nei nostri cuori.

Può essere per noi "scandaloso", ma nelle Scritture la parola pace, pur essendo anche impegno umano, è essenzialmente un dono di Dio, è qualcosa che l’uomo da se stesso non può darsi. La pace di Cristo, non coincide con quella che gli uomini dicono di cercare, è un dono che entra nel profondo del cuore. La pace di Gesù non è una conquista sofferta, ma un "regalo" di Dio, chi lo riceve è liberato dall’ansia e dal turbamento del cuore. Era un messaggio molto chiaro anche per le prime comunità cristiane, coloro che erano inviati ad annunciare il Vangelo, la "buona notizia" da consegnare al mondo, portavano la pace: "In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi"3. La pace era il fondamento del Vangelo annunciato agli altri, e al tempo stesso, il frutto del Vangelo accolto. Sapere che Dio è un Dio di pace e che il suo "intervento" nel mondo si compie nella prospettiva della pace, ci dà la pace, ci dà speranza. Il nostro Dio è un Dio con noi, fatto uomo per noi, per aiutarci a costruire la pace con Lui e tra di noi.

Spesso ci agitiamo, ci inquietiamo nel tentativo di voler risolvere tutto da soli, mentre sarebbe molto più efficace restare nella pace, sotto lo sguardo di Dio, lasciandolo agire ed operare in noi con la sua saggezza e la sua potenza, infinitamente superiori alle nostre. La pace di un uomo, non può essere profonda e duratura, se è lontano da Dio, se la sua più profonda volontà non è interamente orientata verso Lui: "Tu ci hai fatti per te, Signore, ed il nostro cuore è inquieto se non riposa in te"4. Per capire fino in fondo quanto sia fondamentale, per lo sviluppo della vita cristiana, sforzarsi di acquisire e conservare la pace del cuore, la prima cosa di cui dobbiamo essere ben convinti è che tutto il bene che possiamo fare viene da Dio e da lui solo: "Senza di me non potete fare nulla"5.

La pace del cristiano parte da un incontro, da una relazione viva, da un dono del Cristo Risorto, non è atto spontaneo, né generosa concessione, la pace è condizione essenziale per potersi dire veramente discepoli; e questa pace si raggiunge prima di tutto nel profondo, nell’intimo, nel cuore di ciascuno, un cuore toccato e convertito dal sentirsi amato. Proprio perché amato e perdonato, divento capace di amare e perdonare, di donare la mia vita. Ha pace chi entra in comunione con Dio, chi accetta di essere amato da Dio, chi confessa realmente Gesù come Signore e lo attende come il Salvatore del mondo. Questo bene prezioso, che è la pace, rappresenta l’eredità più "logica" del cristianesimo, il cristiano deve sentire e godere la gioia della presenza di Dio, la gioia della salvezza, la gioia della rivelazione.

Le tribolazioni ci saranno sempre, ma con la presenza di Dio e della sua grazia, esse diventano "mezzo" di salvezza, luogo di incontro e di cammino nel regno di Dio, così come la Sua volontà ha disposto e dispone. In altre parole, Gesù non ci ha promesso una vita tranquilla e senza contrattempi, ma ci ha donato e offerto quella pace che ci solleva al di sopra delle circostanze difficili della nostra vita; anche quando la nostra nave è nella tempesta, il cristiano è chiamato a vivere nella pace. La pace di Gesù ci accompagna per le strade del mondo e ci permette di non subire il condizionamento degli avvenimenti, quando forse gli altri tremano e si spaventano, noi dovremmo restare saldi nella fede e in pace nel nostro cuore: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me"6. "Ciò che vi ho detto è perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo"7.

 

La pace è una Persona, è Gesù Cristo!

Lo scopo di questa riflessione sarà proprio questo, ovvero di riuscire a far emergere come, la Madre Speranza sia riuscita non solo, a vivere in modo esemplare questo stato di pace, ma soprattutto ad incarnare la pace della Pasqua, la pace della riconciliazione degli uomini con Dio, è la pace di cui ha sempre bisogno il mondo, la salvezza di cui ha estrema necessità, ogni uomo, che vive in questi tempi difficili.

 

Gli elementi carismatici del Salute e Pace

Ma torniamo a noi, cosa voleva davvero intendere la Madre Speranza quando ripeteva: "Salute e Pace"? Cosa può centrare il Carisma dell’Amore Misericordioso in questo detto tipico? Da dove ha origine questo modo di "salutare" della Madre?

Se dovessimo elencare cronologicamente alcuni "episodi" che hanno contribuito alla formazione di questo "motto" e che ci portano all’origine del salute e pace, sicuramente potremmo elencare alcuni passaggi che sono presenti negli scritti della Madre Speranza e più precisamente nel suo Diario:

  • 12 novembre 1941 Tu, Gesù mio, conosci la mia causa e quanto sto soffrendo, poiché penetri nel più profondo della mia anima. Così ti dirò solo che, col tuo aiuto, sono disposta a soffrire quanto tu vorrai e a compiere con prontezza la tua divina volontà. Fa’, Gesù mio, che tutte le mie azioni siano conformi alle tue e fortificami nel tuo amore e nella pace.

  • Otto giorni più tardi […] Restammo senza avere il Santissimo in casa, private della consolazione che più desideravamo. In questo periodo l’opposizione è stata molto forte, ma in casa c’era una pace inalterabile e grande gioia.

  • Questo povero sacerdote, scatenò contro di me una grande opposizione, ma con Pilar non ottenne i risultati che sperava, né turbò la pace della mia coscienza che, grazie al buon Gesù, è inalterabile. Tali calunnie sono arrivate alle orecchie delle mie figlie che sono rimaste molto amareggiate. La tempesta continua, ma in comunità regna la pace e la gioia delle mie figlie è molto grande e forte è il desiderio di farsi sante. Per non far soffrire le figlie, cerco, per quanto posso, di nascondere loro queste sofferenze ed amarezze.

  • Roma 25 novembre 1941 Gesù, mi dici che desideri rinunci di più a me stessa, per possedere te; che lotti per godere la pace vera e che muoia a me stessa per vivere la tua vita, ossia, l’unione con te. Vuoi che io sia tutta tua, come tu sei tutto per me e, di conseguenza, che io non desideri niente, neanche me stessa, fuori di te perché vuoi essere per me tutto.

  • Sii per me protezione e rifugio dove mettermi in salvo. Sii tu la mia fortezza e il mio riparo; liberami, Gesù mio, dal laccio che mi hanno teso i miei nemici e perdonali, perché credono di aver operato il bene.

Da queste righe appare evidente, dunque, il cammino "esperienziale", che ha fatto la Madre, in merito a questo atteggiamento di "pace":

  1. un cammino di abbandono e di fiducia nelle mani del Buon Gesù.

  2. un cammino di riconciliazione e di perdono.

  3. un cammino di salvezza.

Guardando alla vita della Madre, una verità, non smetteremo mai di evidenziare e di mettere in risalto: la sua completa e totale fiducia nel Signore, era questo atteggiamento che le dava pace: "È questo il calice che mi hai preannunciato? Ti piace vedermi gemere da sola? Se è così, una e mille volte, ti ripeto, Dio mio, che metto nelle tue mani la mia fiducia e il mio abbandono. Molte volte ti ripeterò: Gesù mio, ho riposto in te ogni mia speranza, mi salvi, Dio mio, la tua giustizia"8. E ancora: "Fà che sempre sia distaccata da me stessa e immersa nel dolore, abbandonata in te. Gesù mio, trasformami completamente nel tuo amore e che possa annullare in te tutte le mie imperfezioni. Fà che respiri te e mi perda in te; che mai sia attratta da alcuna cosa, ma solo da te. Annegami, Gesù mio, nell’abisso del tuo amore e fà che muoia nel diluvio del tuo amore divino"9.

Nel nostro comune pensare, chi si abbandona, è visto quasi spontaneamente come un rinunciatario, uno che non sa custodire e difendere e salvare la propria personalità. E questo, di per sé, non è escluso dall’atteggiamento nell’abbandonarsi, a meno che l’abbandono non sia invece un affidarsi, lasciare che si occupi di me un altro, ossia Dio! Abbandono la mia vita, sapendo con piena fiducia che c’è un Padre che se ne occupa già! Per la Madre Speranza, questo atteggiamento di fiducia e di pace, è stato proprio uno dei modi con cui ha espresso il suo rapporto con Dio, con cui ha dato concretezza alla presenza del Padre misericordioso nella propria esistenza.

Ma cosa ha significato veramente, per la Madre, vivere fino in fondo questo abbandono carismatico?

Ha indicato sicuramente mettere in atto una fede decisa, un amore pronto a tutto, un vivere, fino in fondo, una speranza vissuta contro ogni sperare. Il suo rimettersi nelle mani di Dio, gli ha dato coraggio, pace, disponibilità; gli ha dato la forza di affrontare difficoltà, pericoli e situazioni impossibili, perché chi si mette nelle mani di Dio, si appoggia sulla forza di Dio!

La paternità di Dio in lei si è potuta manifestare con pienezza! Possiamo immaginare il suo pensiero ed i suoi ragionamenti a tale riguardo, chissà quante volte avrà pensato e pronunciato queste parole: "se io sono figlia di Dio, Egli mi è Padre, per questo mi occupo solo di ciò di cui mi incarica, non faccio se non ciò che Egli mi indica, mi fido di Lui, Egli sa ciò di cui ho bisogno e provvede, proprio perché mi è Padre!". Era questa fiducia incondizionata nell’amore di Dio che le dava pace, da questa fonte inesauribile le derivava quell’attenzione a ricevere da Dio la luce necessaria alla sua vita, a prendere da Lui sentimenti e pensieri necessari per il suo cuore. Ciò nonostante, affinché l’abbandono sia autentico e generi pace, bisogna che sia totale. Dobbiamo rimettere tutto, senza eccezioni, nelle mani di Dio, senza cercare di amministrare o salvare nulla da soli, non possiamo dividere la nostra vita in settori, in alcuni dei quali è legittimo abbandonarsi a Dio con fiducia ed altri dove bisogna "cavarsela" da soli. La misura della nostra pace interiore sarà quella del nostro abbandono, dipenderà esclusivamente dalla prontezza a lasciare a Dio di gestire la nostra vita con una libertà totale. La Madre, aveva una sola certezza: ossia, la consapevolezza che, nel caso in cui la sua vita non avesse avuto la sua sorgente in Dio, non avrebbe potuto fare esperienza della paternità di Dio e chiamarlo, di conseguenza, Padre misericordioso! E’ l’atteggiamento del bambino che quando cammina mette la sua mano in quella del Padre, il bambino non ha paura, non ha preoccupazioni per il domani, non domanda di capire tutto, egli sa infatti che certe cose non occorre dirle al papà. Non è forse assurdo che un bambino dubiti di suo Padre?

Noi pensiamo che i santi ed in particolare la Madre Speranza, per raggiungere questo stato di "perfezione" evangelica, abbiano compiuto chissà quale opere e realizzato chissà quali atti straordinari. Non è così. Hanno soltanto vissuto, nel modo più pieno e fino in fondo, il carattere battesimale, segno indelebile della presenza di Dio nella nostra vita, potenza di grazia, per compiere quanto è necessario per la nostra salvezza. Questo "carattere" è per prima cosa un segno di appartenenza a Cristo, di proprietà di Cristo, è il sigillo dello Spirito Santo, è il segno dell’unzione, Dio ci ha unti e consacrati, per annunciare le opere meravigliose che ha compiuto. Siamo "inseriti" nella nuova vita con Dio, come un ramo che viene innestato in un altro e cresce fino a formare un’unica cosa. E questo inserimento significa proprio entrare nell’amore di Dio, essere conformati a Lui, ma anche innestati in Lui per ricevere la vita nuova, è la vita che scorre in Cristo e che viene partecipata a noi.

Il nostro carisma, nella sua essenza più profonda, non è proprio questo? Non è forse vivere fino in fondo, in maniera totale, assoluta, la nostra unione con il Buon Gesù? Non è forse essere stati immersi totalmente nell’abisso della misericordia di Dio?

Così annotava nel suo Diario: "Dio mio, ti ringrazio per le sofferenze di questi giorni. Gesù mio, fa’ che la mia gioia, in questo esilio, sia solo quella di soffrire, amarti e lavorare esercitando la carità. Sii tu il sostegno della mia fortezza e l’abisso del tuo amore sia il mio porto di salvezza. Fa’, Gesù mio, che la mia vita si perda nella tua. Aiutami, Gesù mio, a fare di te il centro della mia vita, con l’unico scopo di non essere io a vivere, ma tu in me"10.

Così è stato per la Madre Speranza, ha lasciato la sua vita alla preoccupazione del Padre, perché Dio conosce già il perché di ogni avvenimento, conosce il vero significato di ogni nostra situazione. Ma è anche necessario sottolineare che, nella Madre Speranza, l’abbandono vero, non è stato rinuncia all’impegno, al sacrificio, ma ha significato soprattutto tenere un cuore di figlia fiduciosa. Tale atteggiamento di abbandono è fonte di grande pace: "Confida nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza"11 . È quando manca questa "pace", che siamo e diventiamo come delle persone cieche, che non vedono più la meta, e che si ritrovano fuori dallo Spirito di Dio: "Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete... Il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno"12.

La Madre Speranza ci ha insegnato che, l’abbandono, non ha origini nella nostra umanità, che tende sempre all’egoismo e, quindi, a non far fatica, il santo abbandono ha origini nella presenza di Dio, nel tener conto della sua vicinanza e della sua promessa. Obbedisco, agisco, faccio quanto mi è ordinato, confidando in Lui. Egli è fedele, non mi mancherà nulla di ciò che serve alla mia vita: "Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione, vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla"13. E per il regno di Dio serve molto di più la pazienza e la serenità e la pace che diffondo quando m’imbatto in contrattempi, più che un "lavoro" o una missione eseguita nei tempi e modi prestabiliti.

Quando viviamo pienamente questa "virtù", l’unico programma da vivere diventa quello di vivere da figlio docile, semplice, il portare in cuore il suo amore in qualunque situazione mi venga a trovare. Davvero commovente, in questo senso, è rileggere l’ultima notte vissuta su questa terra dalla Madre Speranza, per confermare questo atteggiamento di pace e di serenità interiore. Con commozione, così racconta Madre Laura quanto avvenne in quelle ultime ore: "Tornai subito accanto alla Madre, consapevole che quella notte non sarebbe stata come tante altre passate accanto a Lei, quando si era fratturato il femore, ma che poteva essere la sua ultima notte. [...] Padri e Suore si alternavano per vederla, sostando brevemente attorno a Lei, fino a tarda sera. La Madre ci guardava; aveva uno sguardo così dolce e sereno, che ci trasmetteva tanta pace e fiducia, quella pace che solo può trasmettere chi è immersa in Dio. Io non mi allontanai un momento dal suo capezzale, anzi posso dire che non allontanai lo sguardo da Lei. Vegliare una notte intera mi si fa sempre molto duro, non viene mai giorno, ma quella notte mi si fece tanto breve. Osservavo il suo respiro che si andava rallentando, il polso sempre più piccolo e raro, il profuso sudore in cui era immersa e che, in continuazione cercavo di asciugare, il suo atteggiamento permaneva sempre composto e sereno e i suoi occhi, in certi momenti, mi sembravano pieni di implorazione e di gratitudine, mentre mi stringeva le mani"14.

Quali sono, allora, le conseguenze di un abbandono filiale in Dio?

È permettere che Dio entri nella nostra storia, è un pò ritornare alle parole della Madre Speranza: "consentire a Dio di cercarci, di stare con noi, di incontrarci, di comunicarci la sua paternità", Egli può intervenire e rivelare concretamente la propria presenza, la propria capacità di operare piccoli e grandi miracoli: "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me"15. Solo quando consegniamo la vita al Padre cresce, in noi, il sorriso libero, la gioia serena di chi sa di essere al sicuro ovunque, anche nel dolore, anche nella sofferenza: "Lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto, perché confida nel Signore"16.

Con una formulazione sintetica si potrebbe dire che non si può essere sempre nella gioia, ma si può essere sempre in pace e restare nella pace. Il suo Diario, soprattutto negli anni 1952-1954, è pieno di scritti e pensieri che attestano tale grado di perfezione raggiunto, più volte la Madre Speranza afferma che la sua mente è assorta in Dio e di essere arrivata ad una grande pace interiore, fino al punto di non desiderare altro che la gloria e la presenza del Signore: "Non so che dirle, padre mio; solo le posso dire che mi sembra di ritrovarmi ogni giorno più immersa in una specie di letargo e, senza rendermi conto, mi si fissano lo sguardo, la mente e il cuore nel buon Gesù; resto come assorta in lui, senza curarmi di quanto succede intorno a me, senza compiere i miei obblighi, camminando per casa senza preoccuparmi di vedere quello che fanno i figli e le figlie [….]"17.

Addirittura l’1 Febbraio del 1954 arriva a scrivere: "Non so cosa mi succede, padre; so solo dirle che già da ieri sento dentro di me una dolce pace. Sento che non desidero altra cosa che dar gloria al Nostro Dio; già da molto tempo avevo il desiderio di poter soffrire o, diversamente, di morire per unirmi con il Nostro Dio, però da oggi, padre mio, per me è indifferente vivere o morire, purché Lui sia contento e sia glorificato; non penso altra cosa che contemplarlo e sento una grande ansia che mi chieda qualunque cosa per potergliela dare"18. Ma questo cammino di abbandono, non è stato facile per la Madre Speranza, anche lei, come tra l’altro molti altri mistici, ha vissuto la notte passiva dei sensi, ossia provare quell’aridità spirituale e affrontare quelle continue e dolorose prove, che hanno forgiato il suo cuore ed irrobustito la sua volontà. Come non pensare alla sua solitudine, alle sue persecuzioni, alle persistenti umiliazioni intervenute in tutto il suo operare, per la fondazione delle Congregazioni. Come non pensare a quanto il Signore è stato esigente con lei lasciandola "sola": "la bufera aumentò e il buon Gesù non si fa più vedere"19. L’assenza prolungata di Gesù, di questo periodo (1930), preoccupava molto la Madre, la quale scriveva ancora angosciata al suo direttore spirituale:

"[…] Io non posso neanche pensare che Gesù non verrà più! ... non può essere che mi lasci sola in questo pantano"20.

Madre Gema Ortúzar, che fu tra le prime Ancelle dell’Amore Misericordioso e molto vicina alla Serva di Dio, vide nella donazione incondizionata della Madre la linfa vitale per la sua Opera: "La Serva di Dio soffriva con fortezza d’animo le malattie e gli incomodi della vecchiaia. Con i suoi dolori, le sue angustie e le sue sofferenze, approfondiva sempre più "le radici spirituali della Congregazione".

Ed aggiunge: "Non si ribellò davanti alla condizione naturale, la serenità si rifletteva sempre nel suo volto. Aveva percorso un cammino e la meta, il cielo, era prossima, dopo averla desiderata secondo il disegno di Dio. La serenità e la pace la accompagnarono sempre, la morte la separava dai suoi figli e dalle sue figlie, però la sua missione sarebbe continuata dal cielo, lasciando il suo spirito tra noi"21. Con pazienza, con animo sereno e con pace interiore, sopportava le tante difficoltà che le presentavano, e non possiamo non sottolineare anche atteggiamenti "eroici", come quando si vide persino attentata la sua vita. Madre Lucía Baquedano testimonia: "La Madre, scrivendo alla signorina Pilar de Arratia, diceva: "... In questi momenti lascia che ti dica che Bilbao è la mia croce, però con Gesù niente mi spaventa". Questo scriveva il 3.1 .1939, quando la tensione in comunità era così forte, tanto da arrivare persino ad un suo tentativo di avvelenamento, da parte di alcune suore: "Io l’ho veduta anche quando era a letto per le conseguenze dell’avvelenamento. Era sofferente, ma serena e decisa a proseguire nell’opera che il Signore le aveva confidato". Il 7.1.1940, scriveva: "La fortezza e il conforto non ci deve provenire dagli uomini, ma da Dio"22.

In tutto questo, ci facciamo una domanda, dove ha potuto, la Madre Speranza, trovare la serenità e soprattutto restare nella pace? La risposta è ancora una volta nei suoi scritti: "Fà, Gesù mio, che la mia anima si unisca così strettamente alla tua, da formare un solo cuore e un’anima sola. Dio mio, col tuo aiuto, voglio santificare la mia anima per darti gloria e santificare le anime che vorrai affidarmi"23.

Il nostro carisma è venuto a rivelarci in maniera determinante, proprio questo, una presenza vicina, che apre il cuore alla fiducia, che sottrae alla solitudine. Una paternità "attiva" di Dio che ci cerca continuamente, che ci permette di entrare nel suo mistero di amore, una comunione misteriosa, ma reale, unica e irrepetibile. La Madre Speranza ha vissuto fino in fondo questa "santità", il suo è stato il SI, di un’Ancella, una donazione completa di tutta la sua esistenza, per adempiere la volontà del proprio Dio. Tutti i suoi scritti, sono in questa direzione: "Di nuovo, Gesù mio, consegno la mia anima al tuo spirito perché tu possa crescere in me, certa che, se non ti disturbo, tu mi invaderai, crescerai e ti diffonderai nel mio cuore, lo ungerai e profumerai con il balsamo d’amore che solo tu sai preparare, per lasciare l’anima assorta in te, incapace di rendersi conto di quanto accade attorno a lei"24.

Dopo una lunga serie di prove e sofferenze, nel 1952 scrive così: "Oggi posso dirti che mi sento felice, tanto felice, perché mi hai detto che finalmente ho acquisito quell’atteggiamento che Tu desideravi da me o, meglio detto, che Tu hai infuso in me ed è che io pensi sempre solo a Te e che il mio cuore e la mia mente siano fissi sempre in Te e che niente e nessuno mai mi possa distrarre da Te[...]"25.

Radicarsi in Cristo Amore Misericordioso per vivere in pieno la nostra vita, per dare senso e valore a tutto quello che essa comporta. Perché in un rapporto di amore speciale c’è poco da chiedersi, o ti domandi chi è quella persona per te ogni giorno o il tuo amore svanisce, diventa abitudinario, vuoto, perché non è più un amore nutrito quotidianamente dalla linfa della gioia di vivere: "Gesù mio, oggi non posso dire, con sincerità, che vivo, ma non sono io che vivo, bensì il mio Dio che vive in me, poiché il mio cuore e la mia mente non sono stati sempre fissi in te"26. Amare il Signore vuol dire perdere la propria vita, donarla gratuitamente: "Io credo che prima di tutto dobbiamo unirci all’Amore Misericordioso, considerarlo nostro buon Padre e chiedergli che ci tenga sempre uniti a Lui. Allora potremo fare del bene ai nostri fratelli, particolarmente in questi tempi"27.

Ma la sua pace proveniva, soprattutto, dalla sua profonda esperienza della misericordia di Dio. Aveva sperimentato, in prima persona, l’amore di Dio e quel dolce balsamo di misericordia racchiuso in quelle meravigliose parole evangeliche: "Và in pace, il Signore ti ha perdonato". Nessuno al pari di Lei ha accolto, nella sua mente e nel suo cuore, il mistero della misericordia di Dio verso la miseria di ogni uomo.

Un Dio che prova per l’uomo, per ciascuno di noi, un amore che sente compassione delle nostre miserie, che se ne prende cura, che intende liberarcene. E’ l’amore di un Padre buono e misericordioso che è sempre ad aspettarci, che ci accoglie e ci accetta come siamo, che ci perdona, conosce le nostre debolezze, conta su di noi per il suo progetto di salvezza: ""Qualcuna mi ha detto che nonostante avesse sentito parlare molto di misericordia, non sa cosa sia, o meglio non sa cosa prova un cuore misericordioso. Credo che la misericordia sia la compassione che si prova vedendo qualcuno soffrire o oppresso da qualche disgrazia". 28

Una pace interiore che è nata e che si è sviluppata nella consapevolezza che, se noi gli chiediamo perdono, Gesù cancella completamente i nostri peccati. Dobbiamo credere concretamente nella misericordia che Gesù ci offre senza alcun limite; dobbiamo fargli dono del nostro "nulla" tutte le volte che le nostre mancanze e le nostre debolezze ce ne facessero fare l’esperienza. Il nostro "nulla", se accompagnato dal proposito di ricominciare subito, non è un atto di superficialità, ma un grande atto di amore, che attira il suo perdono e la sua grazia, ed è la risposta più bella che possiamo dare al suo Amore Misericordioso. Così la misericordia si può rivelare per ciò che realmente è: la potenza trasformante e creatrice dell’amore di Dio, che ridona all’uomo tutto il suo valore e lo reintegra nella sua dignità di figlio, perchè in lui peccatore viene rigenerata una creatura nuova.

Quale gesto è più creativo, più liberante di qualcuno che perdona o che usa misericordia? Significa urlare "Esisti, tu vali più del tuo errore o del tuo stesso crimine o peccato". È un Dio che ama gli uomini così come sono. Gesù ci ha dunque rivelato un Dio Padre che salva, Dio dell’amore e della misericordia, che non condanna, ma anzi salva chi si rivolge a Lui: un amore senza limiti. È un Padre misericordioso, è per questo che possiamo rivolgerci a Lui con assoluta fiducia; è un Dio vicino agli uomini, che ha cura di loro. Il Papa emerito Benedetto XVI°, in una udienza del Mercoledì, diceva queste parole: "Abbiamo un Signore buono che vuole perdonare a tutti: "Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono; perciò avremo il tuo timore" (vv. 3-4). È significativo il fatto che a generare il timore, atteggiamento di rispetto misto ad amore, non sia il castigo ma il perdono. Più che la collera di Dio, deve provocare in noi un santo timore la sua magnanimità generosa e disarmante. Dio, infatti, non è un sovrano inesorabile che condanna il colpevole, ma un padre amoroso, che dobbiamo amare non per paura di una punizione, ma per la sua bontà pronta a perdonare"29.

Restare nella misericordia di Dio, ecco la chiave di lettura: "Rimanete in me e Io in voi"30, dobbiamo rimanere ed essere continuamente uniti a Cristo, sempre e in ogni azione della nostra vita. Rimanere nell’amore di Dio, il senso non è "continuate a volermi bene", ma piuttosto, continuate a lasciarvi amare, continuate a lasciarvi cercare, non sfuggite alla mia presa amorosa: "Dio è un Padre pieno di bontà che cerca i propri figli; li insegue con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro"31. Noi rimaniamo in tale amore nella misura in cui accettiamo di trasferire nella nostra vita e nei nostri rapporti quotidiani, la radicalità dell’amore con cui Cristo ci ha amato e ci ama, la potenza della sua misericordia. Senza di questo forse laveremo anche i piedi ai poveri, ci chineremo anche sulle sofferenze del mondo, ma non saremo mai servi per amore, non saremo mai segno di salvezza e di misericordia, per ogni uomo.

Ecco il principio fondamentale che deve guidarci nell’esperienza quotidiana delle nostre miserie e delle nostre cadute, non si tratta tanto di compiere sforzi sovrumani per togliere totalmente le nostre imperfezioni, quanto di saper ritrovare al più presto la pace quando ci capita di cadere in una colpa o quando siamo turbati dall’esperienza dei nostri peccati, evitando sempre la tristezza e lo scoraggiamento. Madre Speranza è risuscita ad incarnare in modo esemplare, nella propria esistenza, tutta questa "teologia" di misericordia di un Dio, che ci segue e ci ama instancabilmente. Tale misericordia di Dio le fu talmente chiara, tanto che ne rimase davvero colpita ed impressionata: "Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro; l’uomo il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un Padre ed una tenera Madre"32.

Il Signore ci ama, come un Padre e una tenera Madre, e quanto più un figlio è misero spiritualmente, tanto più le premure materne si accentuano e si moltiplicano. In questa esperienza d’amore, è importante rileggere quello che racconta la Madre Speranza, quando si trovava nel convento di Vèlez Rubio: "Ho sofferto molto vedendomi accusata di reati che non avevo né fatto, né pensato. La natura ribelle mi spingeva a scusarmi. Ma fissando lo sguardo su Gesù Crocifisso, trovavo il coraggio di fare il contrario. Mi vedevo disprezzata da tutti, sola e senza affetto, privata anche del necessario, ma pensando a Gesù, mi sentivo molto felice. Passavo le notti guardando il cielo attraverso una finestrella. Lì ho imparato ad amare"33.

Egli è l’unico e il tutto della vita e quando un cuore è aperto e disponibile, come quello della Madre Speranza, il Signore ne prende subito dimora, manifestando così pienamente la sua potenza e la sua grazia.

Ma ancora ritorna la domanda: come ha fatto, la Madre a restare nella pace?

La risposta è da ricercare ancora una volta nei suoi scritti: "Raccogliamoci per poter ascoltare la voce di Gesù e non viviamo agitati come farfalle; sforziamoci di raggiungere la pace interiore e chiediamo a Gesù questa grazia così indispensabile per progredire nella perfezione. Pensiamo che nella confusione e nel turbamento è possibile ogni errore. È questo il motivo per cui il demonio s’impegna tanto a turbare le anime"34.

Il messaggio della Madre è chiaro e trasparente, se non cerchiamo di praticare la pace di fronte a tutte le circostanze nelle quali rischiamo di perderla e sono tante, saremo difficilmente capaci di sentire la voce di Dio, quando egli vorrà parlare al nostro cuore, perché l’agitazione che vi lasceremo regnare, dentro di noi, quasi sicuramente glielo impedirà. Quando viviamo dei momenti difficili, lo sforzo che facciamo per restare nella pace è molto fruttuoso, poiché proprio conservando questa pace, avremo la possibilità di reagire ad una situazione, non in modo inquieto e precipitoso, ma ascoltando ciò che lo Spirito Santo potrebbe suggerirci e ciò che il Signore vuole e richiede da noi.

Gli affanni si placano gettandoli in Dio, secondo il saggio insegnamento di Pietro: "Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi"35. La Madre si è scelta "la parte migliore che non le sarà tolta", ossia scegliere di restare con Gesù, di nutrirsi della sua Parola per essere dei servi a sua immagine e somiglianza, servi per amore, servi nell’amore.

 

Incredibile, ma vero!

Ma c’è forse qualche cosa di impossibile per il Signore? Non è Dio ad aver bisogno di noi, ma è Lui ad aver qualcosa di più grande e sorprendente da dirci e da darci ogni volta che viene a farci visita; basta che vi trovi un atteggiamento di ascolto e di accoglienza. E chi si è concentrato in Dio non ha più occhi per guardare se stesso. Non è possibile guardare contemporaneamente due oggetti: o guardiamo Cristo, oppure siamo concentrati su noi stessi, cadendo a intervalli più o meno lunghi nella tristezza e nello scoraggiamento. Per conservare la pace in mezzo ai rischi dell’esistenza, non abbiamo che un’unica soluzione: appoggiarci solo a Dio, con una totale fiducia in lui.

Se il Signore ci troverà fedeli nel perseverare nei piccoli sforzi per piacergli, interverrà lui stesso e ci donerà una grazia più grande, perché Dio agisce nella pace dell’anima.

La Madre Speranza, ha raggiunto questo atteggiamento "eroico", proprio perché ha saputo restare nella pace davanti a situazioni difficili e ha saputo custodirla anche nelle situazioni più semplici, assolvendo tranquillamente e senza "ansia" i suoi compiti quotidiani, avendo cura di fare bene ogni cosa al momento presente senza preoccuparsi troppo: "Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori ed i vostri pensieri in Cristo Gesù"36.

E questa pace nessuno è riuscito a "rapirla" dal cuore della Madre. Padre Elio Bastiani, Superiore generale dei Figli dell’Amore Misericordioso, unitamente ad altri testimoni, parla dell’obbedienza cieca della Serva di Dio ai suoi Superiori, anche quando questi le comandavano cose diverse, o addirittura contrarie, da quelle che le indicava il Signore: "La sua non è stata una vita comune, quindi la sua obbedienza non fu facile: il Buon Gesù chiedeva alcune cose e i Superiori non sempre capivano. La sua posizione fondamentale era per l’obbedienza che lei chiamava cieca. "Mi bastano 5 minuti davanti al Tabernacolo per rimettermi in pace: i tuoi rappresentanti vogliono altrimenti ed io resto tranquilla"37.

La vera pace nasce dalla conversione del cuore, lo strumento più efficace per conservare la pace del cuore è avere la certezza, "di essere amati da Dio". Santa Teresa d’Avila, una santa di cui la Madre Speranza aveva molta stima, tanto da desiderare ardentemente di arrivare ad essere come lei, ci ha lasciato delle meravigliose parole per aiutarci a comprendere e a trovare la vera pace del cuore: "Nulla ti turbi, nulla ti spaventi; tutto passa, Dio non cambia; la pazienza ottiene tutto; a chi ha Dio nulla gli manca. Solo Dio basta". La Madre Speranza ha "perfezionato" questo pensiero, indicando la via di come lasciare agire in noi il Cristo e di come permettere alla grazia di Dio di operare liberamente nella nostra vita.

Non dobbiamo, tanto imporci di fare determinate cose secondo i nostri programmi e le nostre capacità, ma dobbiamo cercare di scoprire quali siano le disposizioni della nostra anima che permettono, a Dio, di agire in noi; è la volontà di Dio che ci dona la pace. E’ come considerare la superficie di un lago sulla quale brilla la luce del sole, se questo specchio d’acqua resterà calmo e tranquillo, il sole vi si potrà riflettere quasi perfettamente. In caso contrario, l’immagine del sole non vi si potrebbe riflettere. Questo è quanto accade nella nostra vita spirituale nei confronti di Dio, più il nostro cuore è calmo, più Dio vi si riflette, la sua immagine s’imprime in noi, la sua grazia agisce attraverso noi.

Se invece la nostra anima è agitata e turbata, l’azione della grazia diventa molto più difficoltosa. E non dobbiamo nemmeno commettere il grosso errore di pensare che questa pace interiore assomigli alle nuove mode di "training autogeno" della nostra epoca. La pace che dona il Signore, non ha nulla a che vedere con queste nuove correnti relativiste. La pace in questione è quella del Vangelo, è quella donata da Gesù dopo la sua Resurrezione, è la pace dell’amore, della misericordia, della compassione, è la pace del sentirsi amati e riconciliati con Dio, è la pace che deriva dal gustare la presenza del Signore, è la pace del credere senza riserve, senza compromessi: "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza"38.

Il Signore non viene a condannarci, a rinfacciarci la nostra indigenza, la nostra debolezza, Egli viene a salvarci, a perdonarci, a scusare le nostre colpe, a portarci la pace e la gioia: "Io ho progetti di pace e non di sventura"39.

Se saremo capaci di vivere profondamente il nostro rapporto meraviglioso con Dio, da veri figli, i nostri cuori cambieranno, e ci renderemo conto che davanti ai nostri occhi si potrà aprire uno scenario del tutto nuovo, ricco di grazia, di luce, di pace. Pace è la presenza di Dio nella nostra vita, sempre e comunque: "Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello.

Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore".

Ma nel "saluto" della Madre Speranza, c’è un’altra parola che merita la nostra attenzione e riflessione, è la parola Salute. Io non credo che, quando la Madre usava questa parola, volesse augurare alle persone soltanto uno stato di completo benessere fisico, psichico e di assenza di malattia. Credo, invece, che volesse augurare qualcosa di più profondo, di più grande, di più bello. Il sostantivo salute, infatti, deriva dal latino salus–utis, che significa "salvezza". L’argomento "salvezza" è da sempre al centro del linguaggio cristiano, talmente usato da essere logorato, svuotato del suo contenuto. Quante volte abbiamo sentito dire affermazioni di questo tipo: un uomo è soccorso da un bagnino mentre sta per annegare, un mutuo salva un’azienda dal fallimento, un medico presta un massaggio cardiaco che rianima un ferito. La salvezza, indica sempre un pericolo superato.

Può essere un caso banale o un evento drammatico, come quando una persona è salvata dalla morte. A volte è uno sforzo estremo per sottrarsi al pericolo che porta alla salvezza, come chi si aggrappa ad un legno che galleggia in attesa dei soccorsi, obbedendo ad un irriducibile istinto di sopravvivenza.

In molti casi, invece, è l’intervento di un’altra persona che porta la salvezza di cui si disperava. In ogni caso la salvezza è un’affermazione della vita, la quale deriva da una speranza che va al di là di ogni speranza. La salvezza è, dunque, sempre un incontro tra la volontà di andare avanti, di vivere superando il momento del pericolo e lo sforzo proprio o altrui per giungere ad una salvezza. Succede pure che una salvezza venga offerta prima di essere richiesta: la persona in stato di incoscienza non invoca di essere salvata. Non ha più voce e non può esercitare nessuna forma di "lotta". La salvezza che altri possono offrire, parte dal presupposto che nessuno voglia veramente morire, i soccorritori danno per scontato che, se potesse, il "ferito" chiederebbe aiuto. Persino chi tenta il suicidio viene salvato con un intervento che può sembrare, non coerente, rispetto alla sua volontà, come a significare che non si può credere che qualcuno voglia davvero

rinunciare alla vita e che, se lo fa, è soltanto in preda ad un "disturbo" che lo spinge ad una scelta che nega quanto vi è di più radicato nell’istinto e di più sacrosanto per ogni uomo: l’attaccamento alla vita.

Il soccorritore sembra dunque anticipare ciò che la persona in pericolo potrà soltanto in seguito recuperare, come se egli dicesse: "in questo momento non lo sai perché sei malato o stanco, ma domani ritroverai la voglia di vivere e sarai contento che qualcuno ti abbia strappato dalla morte".

Capita pure che qualcuno scopra di essere stato gravemente in pericolo soltanto dopo essere stato salvato: se ci si trovasse ai bordi di un marciapiede di una stazione e qualcuno ci spingesse violentemente a terra, scopriremmo soltanto rialzandoci che stavamo per essere travolti da un treno in arrivo. Esistono tante forme di salvezza cercata quanti sono i mali grandi e piccoli che ci affliggono, ciascuno di noi invoca e cerca ciò che libera dalla propria sofferenza: il malato chiede la guarigione, il povero cerca aiuto economico, chi è umiliato cerca un riscatto.

L’esperienza di tutti i giorni ci porta però a scoprire che ogni salvezza trovata è sempre parziale o provvisoria, un pericolo superato non garantisce che domani non se ne affacci un altro, forse simile o addirittura più grave. Nelle scritture non troviamo alcuna definizione di ciò che si intende per "salvezza", eppure questo tema è costantemente presente nei testi attraverso un vocabolario molto ricco. Sono soprattutto i salmi che riportano i significati più ricchi del termine salvezza. Più volte l’orante dei salmi in una situazione di difficoltà invoca Dio gridando: "salvami", il concetto appare molto chiaro: "il Signore è mia luce e mia salvezza" è la "roccia della mia salvezza".

Fino ad arrivare al nuovo Testamento, per comprendere che la salvezza è legata ad una persona concreta, Gesù Cristo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui"40.

Nelle stesse scritture, però, possiamo trovare due "impostazioni" di salvezza: la salvezza intesa come liberazione da uno stato di oppressione (salvezza dal peccato) ed in secondo luogo la salvezza vista come realizzazione piena della propria vita se inserita in quella di Dio. E’ sicuramente questo il significato che la Madre Speranza attribuiva quando augurava la salute, ossia la speranza della salvezza orientata ad una pienezza di vita in Dio, perché solo così ci possiamo ritrovare nella rete dell’amore di Dio, nel roccolo della sua misericordia. È come sentire queste parole: "Figlio, ti auguro di vivere in Dio"! Un Dio che è capace di salvare per amore, e di indicarci la giusta direzione della nostra esistenza, una salvezza per amore che getta nuova luce anche sull’esercizio della nostra libertà di compiere il bene o il male e su tutte le complesse realtà di relazioni lacerate, produttrici di sofferenza e di dolore.

È qui, allora, che avvertiamo più che mai noi creature deboli e fragili, il bisogno di salvezza, è qui che può nascere spontanea l’invocazione ad un Dio che ci salvi, è qui che può essere trasformata ogni nostra logica di dominio e di autosufficienza. È qui, dunque, che facciamo esperienza della grazia divina: sperimentiamo che tutto, nella nostra vita è grazia! Salvezza significa, allora, aver sperimentato una vittoria, una restituzione a una vita piena e integra, di liberazione dalla schiavitù del peccato e soprattutto di partecipazione a un rapporto nuovo con Dio. La parola che oggi il Signore ci vuole dire, è che la salvezza viene con Lui e per mezzo suo, senza che si debba aspettare ancora. Nella Madre Speranza troviamo proprio questo "segreto" spirituale, ella è riuscita ad accogliere il Cristo nella fede, nell’amore, ha saputo "ospitare" Gesù, è stata capace di farlo entrare nella propria esistenza, è riuscita a vivere ogni avvenimento nella luce della sua misericordia. Ha custodito, serbato, contemplato, nel suo cuore, quel Mistero di Salvezza, che non solo le si era rivelato, ma l’aveva anche chiamata ad essere portinaia del suo Amore Misericordioso. Tutta la sua vita è stata un realizzare, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, questa "salvezza". La Madre Speranza questo ha testimoniato e vissuto: è diventata una scintilla dell’amore immenso e della misericordia infinita, che Dio ha per ogni uomo. Accogliere Cristo nella propria vita per sperimentare fino in fondo cosa significhi innanzitutto sentirsi amati, sentirsi figli di Dio, prendere sempre più coscienza, di avere un Padre, che continuamente ci cammina vicino e che non ci abbandona mai.

È a questo Padre che è nostro, ossia mio, tuo e di chiunque voglia essere suo figlio, che dobbiamo rivolgerci con devozione filiale, perché è Lui la fonte di ogni grazia e di ogni bene per la nostra esistenza. Forse siamo caduti, siamo stati sconfitti, umiliati, abbiamo toccato il fondo, forse ci sentiamo inutili, ma non dobbiamo disperare, Dio è venuto a salvarci!

In fondo la salvezza è Gesù stesso, è congiunta con la sua persona: è Lui che salva, redime, libera dal legame alienante del peccato. La salvezza accade oggi, con la presenza di Gesù nella tua casa. La salvezza non è più solo una parola o un impegno difficile, ma è anzitutto la storia di un incontro: quello con il Signore della storia, Gesù Cristo. Un Dio, è qualcuno al quale chiedi la vita, la sorgente della vita, della realtà, è l’asse centrale dell’esistenza, qualcosa che ti salvi, che ti aiuti, da cui puoi ottenere qualcosa che ti supera, è oltre a te, sta sopra a te, è più di te, è qualcosa a cui chiedi la vita, la salvezza: "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo".41 La vera salvezza è vivere continuamente nel cuore di Dio, è fare di Lui il centro della nostra vita: "Fa’, Gesù mio, che mai cerchi nelle creature la forza o la consolazione, ma attenda sempre ogni conforto da te. Dio mio, aprimi le porte della tua devozione; imprimi in me il sigillo della tua sapienza, perché mi veda libera, Gesù mio, da ogni affetto terreno e fa’ che ti serva sempre con amore, gioia e sincerità e aiutami, Gesù mio, perché inizi a morire a me stessa per trasformarmi in te"42.

L’augurio della Madre, attraverso la parola Salute, era proprio questo: augurare che ognuno di noi rimanga legato a Dio, cercare di restare insieme a Gesù, come il tralcio alla vite, di avere una relazione di comunione interpersonale intensa e sponsale con l’Amore Misericordioso. È il rivivere fino in fondo la reciprocità nuziale dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo: "Io sono il vostro Dio e voi sarete il mio popolo" 43,avere una relazione profonda con Cristo, e non semplicemente un rapporto formale e razionale, è il primo segno della salvezza. Cristo è venuto in primo luogo per salvarci, la parola stessa "Gesù" vuol dire "il Dio che salva". Egli ci ha fatto eredi delle sue promesse e delle sue benedizioni fin dalle origini del mondo: "quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati".44

 

Da cosa ci salva?

Ci salva per riportarci da dove siamo venuti: nel cuore stesso di Dio. Ogni mio gesto in direzione contraria mi spegne. Ogni mio passo in un’altra direzione, mi porta alla "morte" della mia esistenza. Il Signore mi salva dal mio orgoglio, dalle mie scelte sbagliate, dal peccato, semplicemente perché peccando, mi spengo, non respiro, non porto frutti. Sono salvato dalle tenebre, sono salvato per la vera Vita che in cambio mi viene donata: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa"45. La salvezza è l’Amore Misericordioso, viene con lui e per mezzo suo. L’uomo di tutti i tempi ha valutato con troppa facilità Dio come giudice, come giustiziere ed era necessaria una "nuova" rivelazione, per convincerlo che la "giustizia" di Dio è soprattutto misericordia: "la giustizia di Dio è la misericordia"46.

Gesù è venuto a rivelare un Dio che cerca l’uomo smarrito, che si rivolge a lui con benevolenza, bontà e perdono; è venuto a rivelare il Dio che non rimprovera, ma che rianima e incoraggia l’uomo perché Dio è anzitutto misericordia. Annunciare il vangelo è accorgersi che gli uomini hanno sete della misericordia di Dio, è diventare ministri della misericordia di Dio, è comunicare e augurare, ad ogni uomo chiuso nel proprio egoismo e schiacciato da una vuota esistenza: la salvezza del Cristo Amore Misericordioso. Scriveva così la Madre: "Care figlie, ricordiamo che Gesù, non contento di trarre fuori l’uomo dal suo abisso di schiavitù e di miseria, per mezzo del sacramento della confessione lo innalza, infondendogli insieme alla grazia santificante le abitudini soprannaturali delle virtù, con le quali lo rende capace di salire alle supreme altezze della santità. Quale prodigio, figlie mie!" 47 Noi che abbiamo ricevuto il dono dell’Amore Misericordioso, siamo chiamati ad assomigliare al Signore, ad identificarci con Lui, ad avere i suoi desideri, a non vivere più per noi stessi, ma vivere per la salvezza dei peccatori e per l’edificazione del corpo di Cristo. Siamo stati chiamati ad avere il Suo cuore, quel cuore così ben raffigurato nel crocifisso dell’Amore Misericordioso, un cuore che batte per tutti, che ama tutti disinteressatamente, che vede in ogni creatura un potenziale figlio di Dio e una persona per la quale Cristo è morto. Non c’è sequela del Signore senza la rinuncia a se stesso e senza prendere la propria croce.

Ecco l’eredità preziosa che il carisma dell’Amore Misericordioso porta con sé: significa portare il lieto annuncio della salvezza a tutti gli uomini, per trasformarli, per renderli davvero persone nuove. Dio non finisce mai di pensare a noi, la sua misericordia vigila continuamente sulla nostra vita, Egli non si arrende non si stanca, neanche quando siamo lontani da Lui, è sempre pronto a tendere la mano e rialzarci. Dio non aspetta che noi andiamo a chiedergli perdono, non aspetta cerimoniali formali e complicati per concederci il suo perdono.

Dio ci dona il suo perdono prima ancora che glielo chiediamo noi: "Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi"48.

È la logica del chicco di grano che si trasformerà in spiga solo se accetta di morire nel profondo del solco, chi vuole vivere in pienezza, chi vuole avere la vita, deve morire a se stesso. Dobbiamo seguire il Cristo senza paura perché ci ha insegnato il coraggio di essere noi stessi, il coraggio che ci viene dal sentirci salvati, amati, accolti così come siamo per divenire immagine dell’amore. Dio si è incarnato per darci la fiducia di poter vedere di nuovo, di poter vivere nella luce, di poter camminare senza inciampare. E’ la gioia di chi viene liberato da un esistenza senza luce, di una vita spenta, senza speranza, di un cielo sempre nuvoloso, senza sole. La liberazione cristiana promessa dalla croce di Cristo è proprio questa: il riposo in Lui, senza che niente e nessuno possano più turbarci. Domandiamoci: Cosa è per me ciò che conta di più nella mia vita? Vuoi la formula giusta di riuscita e di felicità per sempre nella tua vita? Metti Cristo nella tua vita, al centro della tua vita, avere il coraggio di crederlo, di viverlo e la gioia di annunciarlo agli altri questa è la straordinaria verità del vangelo!

 

Conclusione

Come terminare queste riflessioni? Cosa ci ha insegnato la Madre Speranza? Quale è il tesoro racchiuso in queste parole: Salute e pace?

In molte riflessioni scritte sulla Madre Speranza, spesso ho letto che una delle sue caratteristiche più peculiari, era la sua fecondità. Un’affermazione vera, se si parte dal fatto che la Madre Speranza è stata capace di trasmettere ad altri i contenuti dell’Amore Misericordioso. E’ riuscita ad introdurre i propri figli e le proprie figlie, e ora ciascuno di noi, nella perfetta sequela del Cristo, comunicando la sua esperienza, quasi come un "codice genetico".

Ha saputo trasmettere la sua "esperienza dello Spirito", è riuscita a comunicarla con la parola e con la vita, ed è per questo che aveva capito molto bene il rapporto simbiotico tra salute e pace, la salvezza è il primo frutto del perdono e la pace è la conseguenza più immediata della salvezza. Non c’è pace senza salvezza e non c’è salvezza senza pace. Però credo che la Madre, in realtà, con questo suo augurio, voleva condurre le persone ancora oltre, a scoprire un richiamo molto più grande per la loro vita.

La vita ci chiede, spesso, di fare un bilancio della nostra esistenza, di ripensare al percorso fatto, ai passi e alle scelte che ci hanno portato a vivere le situazioni in cui ora ci troviamo. Non si tratta di nostalgia, ma del bisogno di ricomprendere, più in profondità, il significato ed senso autentico della nostra vita, verificare le scelte sbagliate che hanno bisogno di essere corrette ed analizzare eventuali condizionamenti che hanno contribuito a deviarci dalla via del Signore. La nostra vita cristiana è una vita di relazione e di alleanza con Dio e questi aspetti sono costitutivi del nostro essere. Tale rapporto, però, non si ferma all’essere, ma deve sempre suscitare una nostra risposta, perché noi non siamo passivi nei confronti di Dio, siamo costituiti "soggetti attivi" di un dialogo relazionale. Noi siamo stati creati e costituiti "attori" responsabili dell’alleanza con Dio, un’alleanza di amore, di fedeltà, un’amicizia che si può anche infrangere e distruggere. Le facoltà spirituali che abbiamo ricevuto in dono (la volontà e l’intelligenza), scandiscono, infatti, proprio la nostra libertà con la quale decidiamo o meno di restare con Dio.

Cosa dunque voleva augurare più profondamente la Madre, quando diceva "Salute e Pace"?

Quando la Madre Speranza augurava la Salute e la Pace voleva dirci che dovevamo pensare ed accogliere una salvezza "carismatica" che ci chiama a ravvederci, a cambiare rotta, a convertire il cuore. Un richiamo che è l’immagine di una persona che, accorgendosi di camminare su una strada sbagliata, decide di tornare sui suoi passi e di incamminarsi in una direzione diversa.

Una specie di coscienza "esistenziale", si decide, così, di cambiare il corso della propria vita, riorientando i propri atteggiamenti e comportamenti secondo criteri diversi da quelli seguiti fino a quel momento. Un ravvedimento che porta ad un cambiamento radicale nel cuore che cambia il proprio modo di vedere e considerare Dio. Il nostro buon Dio, in realtà, vuole che tutti si ravvedano e che tutti vengano alla salvezza. Il ravvedimento è una grazia di Dio, non è una cosa che noi facciamo, non siamo noi in prima persona che facciamo davanti a Dio questo passo, ma è proprio una grazia di Dio. Quindi, credo che volesse augurare questo: "Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio"49. Era sicuramente questo l’appello della Madre Speranza, augurando la Salute e la Pace, voleva auspicare di restaurare la nostra dignità di figli di Dio reinseriti in una dinamica vocazionale di amore con il Padre, ossia ri-conciliati. Una pace, che deriva dall’amore creatore di Dio che ci risuscita e ci fa rinascere, e che ci immette nuovamente nella gioia di vivere, e una salute, per rimettersi in piedi per ripartire, scoprirsi di nuovo amati da Dio, per riprendere in mano la vita in modo nuovo, in maniera misericordiosa.

La salute e la pace sono, allora, i frutti più immediati di un processo di grazia più grande, sono "doni" che si ricevono dal ristabilimento di una comunione con Dio minacciata o dissolta dal nostro peccato. Non si tratta di ricevere un perdono arbitrario o di un gesto che copre soltanto gli errori, ma della reintegrazione di una relazione. La riconciliazione diventa, allora, il "luogo", il tempo propizio nel quale si realizza una salvezza che riporta la pace e l’armonia in tutto il nostro essere. Il perdono che ci concede Dio, infatti, non è niente altro se non il ristabilirsi della comunione con Dio, interrotta dal peccato, e la salvezza consiste proprio nel vivere pienamente questa comunione. L’intento della Madre, era quello di farci comprendere che, rinnovare il nostro rapporto con Dio, è una cosa fondamentale per la nostra vita, anche perché riconciliarsi con Dio, implica come logica conseguenza e, per così dire, come naturale reazione, anche un rinnovamento dei nostri rapporti con le persone. Frutto e risultato dell’Alleanza con Dio è la salvezza, è la pace, un rapporto di riconciliazione e di scambio, in cui Dio dona tutto ciò che possiede: la vita, la gioia, la pace, la salvezza!

La Pace, come la gioia è frutto della misericordia e la Chiesa è stata inviata dal Cristo Risorto a trasmettere agli uomini la remissione dei peccati, a seminare la pace nei cuori, ad annunciare la salvezza. Lo ripetiamo ogni volta che nella Chiesa risuona la formula d’assoluzione dei peccati: "Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace."

La riconciliazione con Dio significa essere riammessi alla sua amicizia attraverso l’azione gratuita dello Spirito che concede il perdono, lo sostiene nel dinamismo proprio della conversione e, mediante l’assoluzione lo eleva e lo reintegra nell’ordine della salvezza. Solo il Cristo può, non solo donare il perdono, ma riconciliare l’uomo con Dio, ossia reintegrarlo nell’alleanza, nell’intimità divina: "Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia"50. Tutta la nostra vita spirituale consiste, appunto, in un lungo processo di guarigione e di rieducazione, il cui scopo è il ritrovamento della fiducia perduta in Dio. Salute e pace, perché siamo delle "teste dure", la Parola di Dio non ci basta, vogliamo vedere, toccare, prima di credere! Noi potremmo fare esperienza del sostegno di Dio, soltanto nella misura in cui gli lasciamo lo spazio necessario in cui potersi manifestare. Noi siamo come quelle persone che, fino a quando non saltano con il paracadute e non si gettano nel vuoto, non potranno mai sentire che le corde del paracadute ci sostengono. Bisogna necessariamente prima fare il salto, solo in seguito ci si sentirà portati e protetti.

È il passo nella fede, noi tutti spesso non lasciamo mai, al Signore, la possibilità d’intervenire, siamo dei perfetti calcolatori, prevediamo tutto, cerchiamo di risolvere ogni cosa, contiamo esclusivamente sui nostri mezzi umani. In questo senso, la Madre Speranza, ci ha insegnato un comportamento diverso, ella ha proceduto con audacia in questo spirito di fede, ha fondato due Congregazioni e costruito un Santuario senza avere un soldo, ha accolto poveri pur non avendo di che nutrirli.

Il Signore potrà certo lasciarci mancare di alcune cose, giudicate talvolta indispensabili agli occhi del mondo, ma non ci lascerà mai senza l’essenziale: la sua presenza, la sua grazia, e tutto ciò che necessita alla piena realizzazione della nostra vita secondo la sua volontà su di noi. Salute e Pace, perché Dio non ci lascia mancare di nulla. Salute e pace, perché è necessario scardinare, dentro di noi, la convinzione che ci manchi sempre qualcosa di determinante, manco di forza, non sono soddisfatto della mia vita, della mia persona, del mio stato, e vivo con la costante sensazione che fin quando le cose andranno in un tale modo, mi sarà impossibile vivere veramente ed intensamente. Salute e Pace, perché dobbiamo purificare il nostro cuore nella fede e nella speranza ed essere animati, nella certezza, che Dio è sempre presente, se qualcosa ci manca, è soprattutto il credere che "tutto è grazia".

 

Come concludere?

Lascio "risuonare" queste meravigliose parole scritte dalla Madre: "Donarsi a Dio è rimanere nelle braccia del buon Gesù lasciandosi portare da Lui come un bambino nelle braccia della sua mamma. È incaricarlo di provvedere a noi in tutte le nostre necessità, accontentandoci di amarlo e servirlo. Supplicarlo che le nostre anime, immerse nella fornace del suo Amore, si purifichino di ogni scoria, diventino luminose, ardenti e docili alle sue divine ispirazioni".51 Beati noi se potessimo comprendere che Dio ci ha donato non solo la misericordia, ma anche la possibilità di viverla nella nostra vita quotidiana. Beati noi se potessimo davvero camminare, mano nella mano, con Dio e sperimentare il suo amore e toccare il suo cuore misericordioso. Beati davvero noi, infine, se potessimo vivere la nostra vita come dei bambini nelle braccia di Dio e sentire tutto il suo calore di Padre e la sua tenerezza di Madre.

A te che hai letto queste poche righe, ti raggiunga l’augurio della Madre Speranza, che il Signore ti doni la Salute e la Pace!


1 Positio

2 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

3 Mt. 10, 11-13

4 Sant’Agostino

5 Gv. 15,5

6 Gv. 14,1

7 Gv. 16,33

8 Diario (4.10.1941) (El Pan 18, 661

9 Diario (16.11.1942) (El Pan 18, 853)

10 Diario (5.3.1944) El Pan 18, 915-916

11 Libro dei Proverbi 3,5

12 Mt. 6,25-34

13 Corinzi 10,13

14 Relazione di Madre Laura Pizzuto, 8.2.1983, Proc.-Documenta, p. 8379. 4684

15 Gv. 14,1

16 Salmo 21,7

17 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

18 Diario (30.1.1954) (El Pan 18, 1440)

19 Diario (11.2.1954) (El Pan 18, 1468)

20 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

21 Proc.-Dep., teste 9, p. 465, 111.

22 Summ. teste 49, p. 523, 108-112.

23 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

24 Diario (16.8.1942) (El Pan 18, 783) Roma 30 maggio 1942

25 Diario (4.4.1952) (El Pan 18, 1270)

26 Diario (El Pan 18, 591) 16 Febbraio 1940

27 Consigli pratici (1933) El Pan 2, 1965

28 Consigli pratici (1941) (El Pan 5, 240)

29 Udienza del 19/10/2005

30 Gv. 15,4

31 Diario (1927-1962) El Pan 18

32 Diario (5.11.1927) (El Pan 18, 2)

33 Consigli pratici (El Pan 5, 78-79)

34 Consigli pratici (1933) (El Pan, 42)

35 1Pt. 5,6-7

36 Filippesi 4, 6-7

37 Summ., teste 3, p. 40, 121. Cf. anche Summ., teste 22, p. 303. 77-97.

38 2° Corinzi 12,9

39 Geremia 29,11

40 Gv. 3, 16-17

41 Credo Cattolico

42 Diario (16.11.1942) (El Pan 18, 852)

43 Levitico 26,12

44 Rm. 8,30

45 Lc. 19,9

46 Papa Francesco Angelus del 15 Settembre 2013

47 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8, 468)

48 Rm. 5,8

49 2° Corinzi 5,20

50 Efesini 2,13 ss

51 Lettura per la rinnovazione dei voti (1961) (El Pan 17)