ESPERIENZE
 
Mons. Landucci

 

 

Paolo Risso

Forte Apostolo della Verità:
Mons. Pier Carlo Landucci

Suo padre, avvocato Tito, era pretore. Sua madre una distinta signora. Entrambi di origine toscana. Il loro figlio, Pier Carlo, nacque a S. Vittoria in Matenano (Ascoli Piceno), dove il padre esercitava la sua “magistratura”, il 1° dicembre 1900, e fu portato al battesimo, con il nome di Pier Carlo, il giorno di Natale successivo.
Quel giorno, mentre ricordava la nascita del Signore, la Chiesa accoglieva nel suo grembo uno dei figli che più l’avrebbero amata, servita e difesa. A cinque anni, Pier Carlo Landucci, rimane orfano del padre e, con la mamma, Teresa Naldini e un fratellino più piccolo, si stabiliscono a Firenze. La fede lo sostiene e ne fa un giovane di singolare dedizione a Gesù, purezza di vita e coraggio.

 

L’ingegnere diventa prete

È un piccolo genio: vivace, rigoroso, intelligentissimo e studioso. A soli 17 anni, già consegue la licenza liceale al “Galilei” di Firenze e con una media altissima e inizia a frequentare Ingegneria civile all’Università di Pisa, poi, dal 1919, stabilitosi a Roma, alla “Sapienza” dove si laurea il 31 luglio 1923. Per provvedere alle sue necessità, ha già cominciato ad insegnare matematica al Ginnasio-liceo S.Appolinare. Ha un ottimo direttore spirituale nel gesuita P. Garagnani, grazie al quale perfeziona la sua formazione cristiana, con un intenso amore a Gesù Eucaristico, alla Madonna e al Papa, iscrivendosi alla “Congregazione Mariana” della “Scaletta” presso S.Ignazio. Si avvia ormai a incentrare la vita in Gesù solo.
Nel 1923, presta servizio militare come ufficiale nell’Arma del Genio, ma l’anno successivo è già docente di matematica alla Scuola Agraria di Cagliari. Presto rimane privo anche della mamma amatissima. Sempre più conquistato da Gesù, matura la vocazione al sacerdozio, cercando nella preghiera prolungata, di averne la certezza. Il 26 luglio 1926, il brillante ingegnere e professore lascia tutto e entra nel Seminario Romano, dove compie studi teologici seri e austeri e alimenta un’intensa intimità con Dio, sostenuto dall’affidamento continuo di sé e delle sue opere alla Madonna. Il 25 maggio 1929, è ordinato sacerdote. Seguono la licenza (22 novembre 1929), poi la laurea in teologia (8 luglio 1930).
Nominato nel 1930, rettore della chiesa del “Corpus Domini”, dove c’è l’adorazione eucaristica quotidiana, e nel medesimo tempo, “minutante” alla Congregazione dei Seminari, don Pier Carlo si distingue per il suo straordinario amore all’Eucarestia e per le luminose capacità di confessore e di direttore spirituale: molte persone si affidano alla sua guida. Assai apprezzato dalle Autorità della Chiesa, nel 1935, è nominato Rettore del Pontificio Seminario Romano minore (Ginnasio-liceo), trovandosi a dirigere circa 250 persone tra allievi, professori e assistenti. L’anno dopo, è chiamato al Seminario Romano maggiore come direttore spirituale. Il Cardinal Vicario Marchetti Selvaggiani, presentandolo agli allievi del “Maggiore”, dichiara apertamente: “Vi porto il più dotto e il più santo dei sacerdoti che ho a Roma”. Ha soltanto 36 anni.
La disponibilità totale, la preparazione e l’impegno, la dottrina rigorosa e densa, l’umiltà e l’amabilità, la luce che diffonde nelle anime, lo rendono singolarmente autorevole, ascoltato, amato e ricercato come maestro e padre. Tra i suoi allievi, diversi salirono ai vertici della chiesa (come il futuro Card. Pietro Palazzini), mentre il “capolavoro” della sua direzione spirituale in quegli anni è il chierico Bruno Marchesini (1915-1938), di Bologna, che Mons. Landucci conduce alla santità. Dopo la morte ne sciverà la biografia (“Verso l’altare”, Roma, 1941): oggi Bruno è avviato alla gloria degli altari.
Nonostante tanta irradiazione, nel 1942, è costretto a ritirarsi in umiltà, povertà e silenzio in un piccolo appartamento di due stanzette presso le suore di Namur, nella clinica “Madonna della Fiducia”. Potrebbe essere “la notte oscura” dell’anima, invece è l’inizio di una straordinaria missione che lo porrà in modo eccezionale come lampada sul candelabro.
Attingiamo dal volumetto del Card. Palazzini, dal titolo; ”Mons. P.C. Landucci, maestro, guida e padre. (L.D.C., Torino, 1990) e dagli scritti dello stesso protagonista, che abbiamo potuto avere, come tesoro prezioso.
Rimanendo canonico Lateranense, ma libero da altri impegni, Mons. Landucci si dedica alla predicazione de esercizi spirituali al Clero, ai Seminari e agli Studentati religiosi, ai laici dell’Azione Cattolica, viaggiando anche per l’Italia, fino in Svizzera e a Malta. Si dedica pure al preziosissimo ministero delle Confessioni e della direzione spirituale, in primo luogo dei sacerdoti. Tiene molti corsi di esercizi anche ai Vescovi, raccomandato loro dalla Congregazione dei Seminari. Ogni anno, alla Verna, predica uno speciale corso di esercizi agli Ordinandi, con grande entusiasmo dei giovani medesimi. E’ così buono, che lui, pur non avendo un reddito sicuro, giunge a pagare di tasca sua le spese a giovani o preti poveri, purchè possano partecipare agli esercizi, come allo stesso modo, sacrificando del suo, sostiene confratelli in difficoltà. Chi ha avuto la grazia di avvicinarlo, riconoscerà per sempre che è stato “l’angelo del sacerdozio”.

 

Sentinella della fede

Contemporaneamente porta avanti un’intensa attività di scrittore come apostolo e difensore della Verità del Credo Cattolico, in un tempo che con il passare degli anni, appare spesso sconvolto da sbandamenti dottrinali e disciplinari. Dei suoi numerosi libri, citiamo solo alcuni assai significativi: Maria SS. nel Vangelo (Roma, 1944), Esiste Dio (Assisi, 1948) Il mistero dell’anima umana (Assisi, 1952), Cento problemi di fede (Assisi, 1953) La sacra vocazione (Roma, 1955), Problematica della miscredenza e della fede (Roma, 1968), Il prete contestato (Roma, 1969), Seminaristi e preti (Brescia, 1970), La Verità sull’origine e sull’evoluzione dell’uomo (Roma, 1984).
Durante il Concilio Vaticano II, Mons. Pier Carlo Landucci viene scelto come “perito”: segue tutto con la massima attenzione e vigilanza. Proprio in quegli anni, comprende che il suo compito è quello di sentinella della fede, quindi dell’autentica teologia per segnalare in tempo gli errori, per ribadire, con la Chiesa, la Verità, l’unica Verità. Nelle parole e negli scritti, egli s’impegna a mettere il guardia contro le mine alle basi stesse della Fede, contro le deduzioni erronee di certa esegesi biblica, contro lo snaturamento dell’essenza e della pietà sacerdotale, contro le contraffazioni della formazione seminaristica.
La luce sommamente chiarificatrice, la sicurezza di Verità gli viene soltanto dalla sua vita concentrata in Dio , vissuta in totale unità con Cristo, nell’adorazione a Lui, dall’amore appassionato all’Eucarestia, che come sacrificio e Comunione, è il tesoro più caro, l’unico vero tesoro della sua vita sacerdotale.
“Quella sua Messa così raccolta e devota, quelle parole profonde, chiare, vitali, espresse con l’energia e la convinzione della verità fatta norma di vita, non le potremo dimenticare e il loro ricordo sarà per noi stimolo di santità – gli scrivono alcuni giovani ordinandi (maggio 1952). In coloro che lo ascoltano, rimane fortemente impresso il suo discorso sulla Passione e Morte di Cristo, proprio perché in certo pensiero contemporaneo in certi movimenti, egli vede e denuncia il rifiuto o la dimenticanza del Mistero centrale del Cattolicesimo, “la negazione di ogni colleganza ontologica, soprannaturale, meritoria tra la salvezza e l’immolazione di Gesù. Crolla la nozione fondamentale di redenzione, di riscatto, cardine della fede”. Così, “l’essenza della Messa come sacrificio è nettamente negata, perché le idee sacrificali sarebbero entrate nell’Eucarestia per condiscendenza alla mentalità pagana. È escluso così il Sacrificio incruento di Gesù sacramentalmente presente, e quindi è esclusa l’attualità sacrificale della Messa”.

 

Fama di santità

Sulla stessa linea, Mons. Landucci ha visto sgretolarsi il carattere sacro del sacerdote, come “alther Cristus”, quindi la sua stessa formazione in Seminario. Su questo tema, scende in campo con varie pubblicazioni: “La regola – scrive – deve restare il fondamento della vita dei giovani candidati al sacerdozio”, “invece oggi, l’uso e l’abuso della parola «carisma», è fatto senza alcuna distinzione, il che significa speculare sull’“equivoco””.
È impossibile seguire tutti gli argomenti affrontati da Mons. Landucci in campo dottrinale e pastorale, perché non c’è tema su cui nei libri e negli articoli su riviste come Palestra del Clero, Studi cattolici, Tabor, Renovatio, ecc. …, non abbia portato la luce della Verità andando spesso contro-corrente, convinto che “la sapienza cristiana non consiste nel nuovo che cambia, ma nel Vero che resta , quel vero che la chiesa da sempre ripete alle anime”. Quante sofferenze interiori, quante lacrime siano costato a Mons. Pier Carlo Landucci, il suo orientamento teologico e ascetico è facile immaginarlo, ma tutto avvolge nella preghiera e nella “riparazione trionfatrice”, di cui è maestro incomparabile.
“In ogni momento – scrive il Card. Palazzini nel volumetto citato (pp. 16-17) – dimostrò di conoscere l’angoscia e le povere esaltazioni di chi credeva che la Chiesa avesse inizio solo con il Concilio Vaticano II; le incertezze profonde fino allo smarrimento di chi, non solido nella teologia e non fermo nella preghiera, si sentiva stordito nel travaglio di tesi contrapposte. Medicò più di una di queste anime, assistè pazientemente anime turbate; riprese anche energicamente con l’energia cristiana dell’amore? E non fu mai tra gli equilibristi della teologia, i “prudentiores” a loro dire, che si barcamenano tra ideologie opposte. La Verità è una sola. Mons. Landucci prese posizione e con quella sua logica stringente andava fino in fondo. Era difficile contrabbatterlo, perciò si preferiva farlo tacere”.
Così, con questo stile, senza mai cercare la sua gloria, ma solo a difendere la Verità della fede e la santità delle anime, sino all’ultimo. La mattina del 26 maggio 1986, preparato da una vita di santità, improvvisamente và incontro a Dio, lasciando scritto nel suo breve intenso testamento:
Accetto e offro il dono della morte, in spirito di riparazione per me e di propiziazione per il Papa, la Chiesa e le anime”. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, informato e vivamente commosso di questa offerta per lui, con lettera dell’11 novembre 1986, lo definisce “degno prelato” e “generoso ministro del Signore”.
Umili e dotti fedeli, sacerdoti, Vescovi e Cardinali sono concordi nell’attestare la fama di santità. Nel 1994, la sua salma dal Veramo è stata traslata alla chiesa di S.Giovanni Battista de Rossi. Si muovono i primi passi “affinchè il Signore voglia glorificare qui in terra questo suo Servo, a splendore e conforto dei sacerdoti, per il decoro della Chiesa e consolazione dei fedeli”.
Giovane ardente, ingegnere brillante, soprattutto maestro della fede e padre delle anime: don Pier Carlo Landucci attende la gloria degli altari.

Pier Carlo Landucci di famiglia toscana (Arezzo), studiò a Firenze, Pisa e Roma dove si trasferì da giovane. Laureato (a 22 anni e mezzo) in Ingegneria civile nel 1923, fece un breve periodo di servizio militare quale sotto ufficiale nell’arma del genio.
Pieno di fede e di pietà, sotto la direzione spirituale del p. A. Garagnani, diede alla sua giovinezza un’impronta cristiana energica e costante.
Nominato professore di matematica alla Scuola Agraria di Cagliari, vi trascorse due anni durante i quali maturò la vocazione al Sacerdozio. Allorquando ne ebbe la certezza (come lui si esprime per lettera) entrò nel Pont. Seminario Romano, il 26 luglio 1926, e ne ricevette la formazione per 4 anni.
Sacerdote nel 1929, l’anno seguente ricevette i primi incarichi pastorali mentre insegnava Filosofia delle scienze presso la Pont. Università Lateranenese.
Direttore spirituale del Seminario Romano maggiore per 7 anni, vi profuse i doni dello Spirito Santo specialmente sapienza e consiglio, formando generazioni di preti generosi e attivi.
Per 44 anni (1942-86) visse in due stanzette,dedito alla contemplazione ed al servizio dei confratelli nella confessione e direzione spirituale, inframezzate da predicazioni di esercizi al clero ed a laici impegnati.
Avvolto da umiltà e serenità, fu strumento della divina missericordia per tante anime. Fu anche scrittore di opere ascetiche di notevole valore.
Morì improvvisamente a Roma il 28 maggio 1986, ad 86 anni di età. È sepolto nella tomba dei canonici del Laterano
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Ai devoti il compito di imitare le virtù e di affrettare con le preghiere l’inizio della Causa di Canonizzazione

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ultimo aggionamento 25 marzo, 2001