STUDI

   
      P. Mario Montecchia fam  

 

BREVE RIFLESSIONE SULL’ENCICLICA "DEUS CARITAS"

 

 

Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro la pecorella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare.

All’inizio del suo Pontificato, Benedetto XVI con l’enciclica "Deus Caritas est" intende "precisare alcuni dati essenziali sull’amore che Dio, in modo misterioso e gratuito, offre all’uomo, insieme all’intrinseco legame di quell’Amore con la realtà dell’amore umano... così da suscitare nel mondo un rinnovato dinamismo d’impegno nella risposta umana all’amore divino" (n. 1).

Il Papa si chiede: "Come deve essere vissuto l’amore perché si realizzi pienamente la sua promessa umana e divina?"
Risponde: "Una prima indicazione importante la possiamo trovare nel cantico dei Cantici, uno dei libri dell’Antico Testamento ben noto ai mistici" (n.6). Il Papa osserva che il cantico dei Cantici usa due parole diverse per indicare l’amore. Il plurale "dodim" esprime l’amore ancora insicuro, in una situazione di ricerca indeterminata. Invece il termine "ahabà" che nella traduzione greca dell’Antico Testamento è resa con "agape", diventa espressione caratteristica per la concezione biblica dell’amore.
"In opposizione all’amore indeterminato e ancora in ricerca, questo vocabolo esprime l’esperienza dell’amore che diventa ora veramente scoperta dell’altro, superando il carattere egoistico prima chiaramente dominante. Adesso l’amore diventa cura dell’altro e per l’altro. Non cerca più se stesso, l’immersione nell’ebbrezza della felicità, cerca invece il bene dell’amato: diventa rinuncia, è pronto al sacrificio, anzi lo cerca..." (n. 6)

Passando alla Rivelazione portata da Gesù, il Papa approfondisce la sua riflessione: "La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti – un realismo inaudito. Già nell’Antico Testamento la novità biblica non consiste semplicemente in nozioni astratte, ma nell’agire imprevedibile e in un certo senso inaudito di Dio. Questo agire di Dio acquista ora la sua forma drammatica nel fatto che, in Gesù Cristo, Dio stesso insegue la "pecorella smarrita", l’umanità sofferente e perduta. Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro la pecorella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare. Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo –amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr 19,37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa lettera enciclica: "Dio è amore" (1Gv 4,8). E’ lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo, il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare" (n. 12).

Con uno sguardo a Gesù crocifisso possiamo contemplare che Dio è amore, un amore che svela allo stesso tempo l’inaudita grandezza dell’uomo. L’amore cristiano del prossimo è semplicemente la risposta all’amore che Dio ha per noi: ciò che facciamo al prossimo bisognoso, lo facciamo a Gesù stesso (cfr Mt 25,31-46).
Gesù è un modello sconvolgente: oltre a dare la vita per tutti, nella notte dei tradimenti lava i piedi ai suoi discepoli e trova il modo di restare fra noi con l’istituzione dell’Eucarestia.
Con la parabola del Buon Samaritano precisa il concetto di "prossimo", stabilendo l’universalità all’amore verso l’uomo bisognoso, anche quello incontrato "per caso", ricordandoci che perfino nella società più progredita e giusta si trova sempre chi è nel bisogno fisico e spirituale.

Nel giudizio finale l’amore del prossimo diventa il criterio per il paradiso o l’inferno:
da una parte il ricco Epulone che, chiuso nell’egoismo, aveva rifiutato di dare perfino gli avanzi al povero Lazzaro e finisce nei tormenti (cfr Lc 16, 19-30).
dall’altra i santi che hanno esercitato in modo esemplare la carità e sono nella Beatitudine.
... Chi ama è generoso... non cerca il proprio interesse... la verità è la sua gioia...; chi ama istruisce, consiglia, consola, perdona, prega; chi ama ospita, sfama, veste, visita, ecc.

"Il pensiero va, in particolare, a Martino di Tours (+ 397), prima soldato poi monaco e Vescovo: quasi come una icona egli mostra il valore insostituibile della testimonianza individuale della carità. Alle porte di Amiens, Martino fa a metà del suo mantello con un povero: Gesù stesso, nella notte, gli appare in sogno rivestito di quel mantello a confermare la validità perenne della parola evangelica: "Ero nudo e mi avete vestito...".
... Nel confroto "faccia a faccia" con quel Dio che è Amore, il cristiano avverte l’esigenza impellente di trasformare in servizio del prossimo, oltre che di Dio, tutta la propria vita. Si spiegano così... le ingenti iniziative di promozione umana e di formazione cristiana, destinate innanzitutto ai più poveri, di cui si sono fatti carico i vari Istituti religiosi maschili e femminili, lungo tutta la storia della Chiesa. Figure di Santi come Francesco d’Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de’ Paoli, Luisa di Marillac, Giuseppe B. Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione, Teresa di Calcutta – per fare solo alcuni nomi – rimangono modelli insigni di carità sociale per tutti gli uomini" (n. 40).

La Madonna serva del Signore, ci è di esempio quando affronta un difficile viaggio per assistere la cugina Elisabetta negli ultimi mesi della gravidanza, quando alle nozze di Cana interviene a favore degli sposi sprovveduti e sotto la croce offre la sua terribile sofferenza per tutta l’umanità unendosi all’offerta di Gesù (n. 41).

Rinnoviamo il proposito di amare maggiormente il prossimo bisognoso, aiutandolo a responsabilizzarsi nella libertà e dignità, promovendo le capacità di ognuno.

Un proverbio popolare afferma che è meglio insegnare a pescare che donare del pesce.

L’amore del prossimo, con le diverse forme di volontariato, di solidarietà, di promozione e di condivisione, in cui non solo si dà qualcosa ma se stessi, è la più bella risposta umana all’amore divino. "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato" (cfr Gv 13,34). C’è collegamento inscindibile tra amore di Dio e amore del prossimo.

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ultimo aggiornamento 18 agosto, 2006