ESPERIENZE
 

Paolo Risso

 

Il Card. Siri:
"Salviamo la gioventù"

 

 

"Noi dobbiamo inculcare ai nostri giovani il chiaro principio che chi vuole essere di Cristo deve tagliare i ponti con il mondo e questo in modo assoluto interiormente, esteriormente lasciando solo il necessario alla vita, al servizio della comunità e del prossimo, all’apostolato"


"La gran parte dei giovani tra i 16 e i 30 anni sono fuori della pratica religiosa. Le chiese rigurgitanti senza di essi, danno una strana e penosa sensazione di vuoto


L’apostolato per i giovani deve raggiungerli tutti. Quest’affermazione è grave perché trae forza dalla stessa missione che ci ha dato Nostro Signore Gesù Cristo. Il Redentore protende la mano verso tutti che sono "suoi", e incolpa noi se ci arrestiamo prima dell’ultimo tentativo

Ricordandoci del Card. Giuseppe Siri (1906-1989) nel 1° centenario della sua nascita, abbiamo ritrovato e riletto la sua lettera pastorale "Salviamo la gioventù", che l’illustre Arcivescovo di Genova pubblicò il 21 novembre 1949. Rileggendo questo testo che fece allora un grande scalpore, ne abbiamo sentito tutta l’attualità, oggi, a diversi decenni di distanza.
Da uomo di scuola, quale sono stato, mi ha colpito innanzitutto ciò che egli scrive, a pag. 34, riguardo alla scuola:
"Dio finora ci ha lasciata aperta la porta della scuola. Per qualche tempo essa rimarrà certamente aperta. Poi, non illudiamoci troppo. Le società segrete (leggi massoneria) lavorano e non vogliono alcuna affermazione cristiana nella società, anzi la paventano e la odiano. La scuola potrebbe diventare un campo di battaglia, come lo è stata nei peggiori temi dei governi a tinta massonica. Noi, pur augurandoci che quella porta non si chiuda mai più, dobbiamo approfittare del tempo in cui ci è lasciata aperta. Se come è possibile, la riforma della scuola porterà a 8 anni, il periodo della scuola obbligatoria, la nostra vicinanza alle giovani generazioni potrà essere notevolmente prolungata".

 

Principi pedagogici

È però l’appello iniziale del Card. Siri nella sua lettera che ci incoraggia ancora oggi, tanto più oggi, in questa missione: "Dobbiamo salvare la gioventù"! Ecco l’appello che noi lanciamo a voi e attraverso voi, a quanti sentono tutto il pericolo incombente all’ordine cristiano, alla civiltà stessa, dalla corruzione morale e dallo sviamento intellettuale della gioventù. Dio conceda la grazia dell’inquietudine, del rimorso e dello spavento a tutti coloro che non hanno compiuto e non compiono in merito il loro dovere".
Parole terribili, ma quanto mai vere, verissime, anzi alcun’illusione allora come oggi. Tanto che anche oggi siamo assai utili alla gioventù e alla società, facendo nostri i principi pedagogici-pastorali del Card. Siri.
Innanzitutto una conoscenza lucida, realistica, disincantata della realtà giovanile: "La gran parte dei giovani tra i 16 e i 30 anni sono fuori della pratica religiosa. Le chiese rigurgitanti senza di essi, danno una strana e penosa sensazione di vuoto. Ove essi mancano, manca l’avvenire. Ma che cosa mancherà a essi nella vita, rimanendo senza religione?
Tollerare questo, senza far nulla è un delitto" (pag. 4).
"Il momento decisivo è quello in cui avviene la rotazione del loro sviluppo. Dal come entrano in questa lotta, dal quanto sono guidati, illuminati, sorretti, dipende tutto il domani… ma in questo momento in cui si fissa il futuro uomo, i ragazzi, in genere, sono spaventosamente soli".
Alcune constatazioni: "Quasi nessuno va più al catechismo". "Questo il momento in cui per la salvezza della loro anima, i ragazzi hanno immenso bisogno della piena fiducia e confidenza nel papà e nella mamma, non meno grave esigenza della assennata presenza di un confessore".
"Quanti sono i ragazzi, oggi, che hanno tanta confidenza nei genitori ‘spessissimo non la potrebbero avere) da metterli a parte di quanto passa nella loro anima? Quanti sono i ragazzi che hanno un confessore?" (pag. 11).
Il Card. Siri, indica e insiste su alcuni mezzi (il catechismo, i ritiri, l’Azione Cattolica - di allora - le iniziative sportive, gli oratori, l’insegnamento della religione a scuola, fatto bene), ma afferma il primato del fine, che dev’essere sempre al primo posto, come orientamento:
"Sia ben chiaro che tutto ha una finalità precisa, subordinante ogni altra meta, insostituibile, inderogabile: portare i ragazzi e i giovani alla pratica cosciente, illuminata, spontanea, assidua e metodica dei santi Sacramenti, ossia a quella vita sacramentaria nella quale solamente si riparano i danni della debolezza umana, conseguente al peccato d’origine, e nella quale soltanto si raggiunge in diversi gradi e modi l’unione con Dio, sostanza di vita cristiana. Per carità non perdete di vista questo! Sacrificate tutto, ma non questo!" (pag. 12).
Il discorso si fa ancora più grave e impegnativo, quando il Card. Siri, passa a considerare l’età dei giovani, che vede sommersi dalle cattive compagnie, corrompibili e corrotti da un vero piano di perversione ordito da forze occulte, assai spesso soli e abbandonati a se stessi: "Voi non allineatevi con coloro che li abbandonano. Anche se siete vecchi, perché avete un’immensa saggezza da donare loro… perché credete alla grazia del Signore, la quale opera in qualunque condizione".
Senza alcuna paura, il Card. Siri ricorda: "Non perdiamo di vista il dogma del peccato orginale. È, per la parte che riguarda gli effetti del peccato originale, il più tangibile dei dogmi".
Non si può educare illudendosi, come J.J. Rousseau e tanti suoi seguaci, nel nostro tempo, che il ragazzo è buono, per cui dovrebbe essere lasciato crescere nella sua spontaneità, senza regole e senza guida. Il ragazzo nasce inclinato al male, ferito dal peccato, rivolto a moltiplicare peccato e corruzione nella sua esistenza e attorno a sé, se non è inserito, per la Grazia sanante e santificante, in Gesù Redentore.
Così, nel 1949, il Card. Siri, scrive senza paura di smentita: "La grande maggioranza dei giovani di 20 anni ha toccato il fondo della corruzione formale e completa, al di fuori della santità del Matrimonio e considera tutto questo una necessità. Un numero non disprezzabile di giovani s’immergono nelle forme depravate proprie delle peggiori pratiche orientali del basso impero romano".
Immaginiamoci che cosa scriverebbe il Card. Siri, oggi! Nella sua analisi egli scende in profondità, in un abisso da far paura:
"Dio aveva messo gli elementi protettivi della debolezza del giovane.
Questi erano l’ordine familiare e l’ordine sociale. L’ordine familiare significava autorità dei genitori, educazione data dai genitori, loro influsso permanente e completo almeno fino al momento di una nuova definitiva vita propria per i giovani, ambiente familiare unito e sostanzialmente autosufficiente. L’ordine sociale era dato dal rispetto della legge, a ogni autorità nel suo grado, a ogni uomo nella sua funzione e nel suo bisogno, al merito reale, all’esperienza, all’età e alla canizie. Guardatevi intorno, carissimi, e vedete che cosa rimane in piedi tanto dell’ordine familiare quanto dell’ordine sociale".
Il Card. Siri sottintende che ne rimane quasi nulla. Ma non si arrende, anzi punta il dito in una durissima accusa:
"La debolezza morale dei giovani è oggetto di speculazione sociale e politica. Questa speculazione - termini e gli intestatari della quale non occorre nominare, perché noti a tutti - ragiona press’a poco così: roviniamoli moralmente, insegnando loro la rivolta contro ogni legge della coscienza: in tal modo li avremo smidollati e in mano, allora potremo lanciarli contro quanto si oppone ai nostri disegni di dominio".

 

"O Cristo o il mondo"

Tutto vero. L’eminentissimo Presule sa che, sin dalla fine del ‘700, qualcuno dell’Alta Vendita (vedi massoneria) ha progettato di ‘cancellare non solo la Chiesa, ma lo stesso nome di Cristo e ogni ordine sociale che si ispira a Lui", e ha chiamato "a corrompere la gioventù affinché non ci siano più cristiani", anzi "a corrompere il Clero, perché il popolo sia corrotto senza problemi".
Ieri la massoneria, oggi il comunismo, sempre e dovunque il laicismo massonico e mondialista, mira alla sovversione di tutto e di tutti. Allora occorre non arrendersi, essere in prima linea a agire: condurre nella scuola e dovunque le anime giovanili a Cristo, far vedere che Lui, Lui solo è l’unico Salvatore, l’unica Soluzione al problema della vita, del dolore e della morte, della storia e della vera organizzazione della società.
Sobbalziamo ancora oggi di gioia e di coraggio, quando leggiamo nella medesima lettera di Siri: "Noi dobbiamo inculcare ai nostri giovani il chiaro principio che chi vuole essere di Cristo deve tagliare i ponti con il mondo e questo in modo assoluto interiormente, esteriormente lasciando solo il necessario alla vita, al servizio della comunità e del prossimo, all’apostolato".
Questo è il principio pedagogico-pastorale assoluto: mai il compromesso con il mondo, ma la dichiarazione di "guerra al mondo", in nome di Cristo che non ha voluto pregare per il mondo (Gv 17.9), per essere fedeli a Lui e salvare il mondo.
Diversamente - scrive Siri - "Siamo al punto di dover scegliere senza ambagi: tra questa netta posizione con il pieno disegno di Dio e la morte indecorosa del nostro vecchio mondo e della sua civiltà".
Sono parole profetiche, di un’attualità bruciante oggi, che devono tornare a essere la "magna charta" dell’impegno, oggi, di ogni credente, di ogni apostolo, di ogni sacerdote, di ogni educatore.
Concludendo la sua lettera, il Card. Siri richiama: "L’apostolato per i giovani deve raggiungerli tutti. Quest’affermazione è grave perché trae forza dalla stessa missione che ci ha dato Nostro Signore Gesù Cristo. Il Redentore protende la mano verso tutti che sono "suoi", e incolpa noi se ci arrestiamo prima dell’ultimo tentativo. Non sarà possibile raggiungerli tutti subito, ma la volontà di raggiungerli tutti deve costituire la linea di marcia. Questa linea obbliga a studiare gli elementi necessari e seguirla".
Così fanno i buoni pastori della Chiesa: vogliono raggiungere tutti per portare tutti a Cristo, alla salvezza. Non si limitano a formarsi un gruppo di pochi amici, con i quali trascorrere - oh, come si sta bene! - un incontro settimanale, con la scusa che questo sarebbe il buon lievito per gli altri. Non pensano come avviene oggi: "Se gli altri non ascoltano, che cosa c’entro io?".
Così anche oggi, pur nella complessità enorme del momento contemporaneo, nonostante il diminuire delle forze, nessun ragazzo, nessun giovane deve sentirsi escluso dal cuore del buon pastore, sacerdote o educatore che sia; ognuno deve sentirsi da lui amato, ricercato, voluto, per diventare destinatario e portatore agli altri, del Messaggio più bello, così bello che si chiama il Vangelo, cioè "la buona notizia", il lieto Messaggio di Dio Salvatore.
Pastori come Siri, con il loro zelo e il loro stile hanno raggiunto anche me, con il Vangelo di Gesù, con la Verità che salva, e ne sono stato coinvolto e avvolto, come nella luce. E in un lungo "passa-parola", ho coinvolto molti altri.

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 06 settembre, 2006