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P. Aurelio Pérez, superiore generale fam

 

Madre Speranza ha esercitato in grado eroico le virtù teologali e cardinali

 

Il giorno 23/4/2002 la Chiesa riconosce che la Madre ha esercitato in grado eroico le virtù teologali e cardinali e il Papa Giovanni Paolo II, che aveva conosciuto la Madre, la dichiara venerabile.

Riproponiamo una riflessione sulle tre virtù teologali della fede, della speranza e della carità, così come ci vengono proposte dalla testimonianza viva di M. Speranza.

Per lei sono state così importanti e determinanti che ce le ha proposte come un’eredità preziosa nel suo testamento spirituale: «Desidero lasciare ai miei figli e figlie la preziosa eredità che io, gratuitamente e senza alcun merito, ho ricevuto dal Buon Gesù.
Questi beni sono una fede viva nell’Eterno Padre, nel suo Divin Figlio, nello Spirito Santo, nel Santo Vangelo, nella Sacra Eucarestia, nel trionfo della Resurrezione e della Gloria del Buon Gesù e in tutto ciò che insegna la nostra Santa Madre Chiesa Cattolica, Apostolica Romana. Una speranza ferma, una carità ardente ed un intenso amore al Buon Gesù»".

"Una speranza ferma"

(seguito)

Speranza sofferta, fiduciosa, eroica

La virtù della speranza non fu nella Serva di Dio un semplice sentimento, una credenza infantile o temeraria. Fu in lei una virtù eroica, che dovette esercitare per tutta la sua vita, lottando anche contro lo scoraggiamento allorché dimenticava che Dio avrebbe vegliato su ogni cosa. Nei momenti di lunga attesa, quando il Signore sembrava nascondersi, o lasciare che le cose andassero apparentemente alla deriva, cercava di ravvivare la sua fede e di far violenza al «Buen Jesús», ricordandogli che le opere erano Sue ed era quindi Lui che doveva pensarci. A questo proposito un teste riferisce un colloquio che ella ebbe con Gesù, nel quale «si lamentava perché mancava il necessario per pagare, e diceva: "Signore io non so come stanno le cose lassù, ma in Spagna c’è un proverbio che dice che chi ordina paga"»16.

Come si è visto precedentemente e come è stato ricordato dai numerosi testi, nella vita della Serva di Dio furono molti i momenti in cui si vide sola, abbandonata. Quando, agli inizi della fondazione, il Cardinale di Toledo negò l’aiuto promesso17, Madre Speranza accolse questo doloroso evento come un’occasione per imparare a confidare solo in Dio:

«il Buon Gesù [lo] ha permesso [...] sicuramente, per farci capire ancora una volta, che non dobbiamo porre la nostra speranza nelle creature, ma in Lui. Fa, Gesù mio, che io non ponga la mia speranza in alcuno, e in questo modo, nulla io tema o cerchi oltre a Te, neppure me stessa, poiché soltanto desidero che Tu per me sia tutto»18.

Anche negli anni ‘40, periodo in cui si vide separata dalle sue figlie, privata della gioia di poterle guidare, consigliare, correggere, educare, il Signore le fece sperimentare che doveva essere Lui il suo unico e vero bene: «In queste prove e sofferenze che ti compiaci inviarmi, frequentemente ripeterò: "Gesù mio, in Te ho riposto ogni mia ricchezza e speranza"»19.

Padre Elio Bastiani ricorda di aver visto piangere la Venerabile MS che, oltre a lottare con la sua natura di creatura umana, si trovava a fare i conti anche con il demonio - «el tiñoso», come lei lo chiamava - che la minacciava e tentava di insinuare in lei la sfiducia nel Signore:

«L’ho vista piangere molte volte perché il Signore provava la sua speranza ritardando il suo intervento provvidenziale o scombinando i piani che lei andava facendo, sia nelle opere che andava realizzando e sia nelle vocazioni che a volte entravano in crisi o addirittura lasciavano la Congregazione. Normalmente in questi periodi si inseriva il diavolo minacciandola e assicurandole che ormai il Signore l’aveva abbandonata e le cose sarebbero precipitate, che tutto sarebbe finito nel nulla. Lei doveva fare sforzi enormi per riaffermare la sua fiducia nel Signore, continuare la sua opera ed allontanare le menzogne diaboliche che non la lasciavano indifferente e la facevano soffrire pensando che il Signore avrebbe potuto anche permettere, se non il fallimento del suo progetto, degli insuccessi parziali»20.

Si comprende quindi che anche per lei non fu facile questo abbandono e questa confidenza totale nel Signore, soprattutto nei momenti di buio e di aridità:

«Ora non ti sento più, né ti trovo e mi sento sola, rifiutata e afflitta. Ma, in questo modo, spererò in Te per tutto il tempo che vorrai, gioirò e mi rallegrerò nella tua misericordia »21.

Proprio perché fiduciosa nella sua infinita misericordia, finiva col cer care rifugio nel suo «Buen Jesús»:

«Ti prego, Gesù mio, abbi pietà di me e non lasciarmi sola in questi momenti di aridità e oscurità. [...] È forse questo il calice che mi hai preannunciato? Ti piace vedermi soffrire da sola? Se è così, ti ripeto una e mille volte, Dio mio, che metto nelle tue mani la mia fiducia e il mio abbandono e molte volte ti ripeterò: Gesù mio, ho riposto in Te tutta la mia speranza; salvami, Dio mio, con la tua giustizia. Sii per me protezione e dimora dove rifugiarmi per mettermi in salvo»22.

In questi momenti dolorosi si proponeva di chiedere con insistenza al Signore che le insegnasse a confidare soltanto in lui e mai negli uomini: «Fa Gesù mio [...] che io mi aspetti ogni consolazione da Te»23. Ma, a volte, tanta era la sofferenza che ne sentiva tutto il peso. Allora Gesù si convertiva per lei nel Maestro che ammonisce ed esorta:

«Il Buon Gesù [...] durante l‘estasi mi ha detto: "non mi vedi unito a te nella battaglia?". Si, Gesù mio. "E allora, come mai ti abbatti in questo modo, pur sapendo che non mi separo da te e che sempre vengo in tuo aiuto per vincere?"»24.

Madre Speranza, vinta dall’umiltà e dalla pazienza di Gesù, giunse ad un grado sempre più elevato di unione mistica con Lui. Quindi, penetrando le profondità dei misteri divini e della sua misericordia e crescendo nella consapevolezza della propria miseria, imparò a confidare solo in Cristo. È lo stesso Gesù che le insegna a spogliarsi di tutto ciò non sia Lui:

«Padre mio, cosa si prova quando si prega insieme a Gesù, uniti a Lui! [...] con Lui l’anima aspira alla virtù solida, basata non su devozioni ma su profondi principi; qui l’anima unita a Lui impara a confidare in Dio e a diffidare di sé [...] e impara a spogliarsi di tutto ciò che non sia Lui»25.

Madre Speranza, passata ormai per la notte oscura, andava così acquistando la eroicità delle virtù ed in particolare quella della speranza.

«Madre Speranza», un nome profetico

Madre Speranza. Questo nome che la Serva di Dio non avrebbe mai scelto per sé26, doveva tradursi in un programma di vita. Quanta speranza ha effuso attorno a sé, tra la gente semplice che ricorreva a lei sofferente e disperata, mostrandosi madre con tutti:

«I suoi sorrisi erano pieni di speranza, avevo trovato finalmente l’appoggio che cercavo da tanto tempo. Dissi pertanto alla Madre se potevo ritornare e mi sentii rispondere: "Figlio, torna quando vuoi"»27.

«La speranza della Madre era contagiosa perché anche quelli che la frequentavano diventavano più fiduciosi nella divina Provvidenza ed intraprendevano delle iniziative che forse, altrimenti, non avrebbero intrapreso senza il consiglio della Madre»28.

Un figlio, Padre Mario Tosi, in una familiare conversazione con la Serva di Dio, scopre il segreto di tanta maternità capace di infondere nuova fiducia e coraggio:

«Ricordo, una sera, che la Madre era seduta all’entrata del tunnel che porta alla cucina della casa dei padri, dopo una giornata di intenso lavo ro, mi avvicinai [...] e quasi scherzando, le dissi: "Ma lei Madre che conforta tanta gente (era il tempo in cui venivano molti pellegrini a parlare con lei) e infonde a tutti coraggio, non ha avuto mai momenti di sconforto, di scoraggiamento, di abbattimento?". Mi guardò con quegli occhi che ti trafiggevano e mi disse: "Se non fosse per la ‘grazia’ che Dio mi dà, direi a Lui: ‘Io non ne posso più, me ne vado’"»29.

I suoi figli e le sue figlie la conobbero così, donna forte e piena di speranza, che, nella fatica di ogni giorno, cercava di raggiungere la meta:

«Vivere con la Madre infondeva un forte coraggio, una forte fiducia, una forte speranza. Sia nei momenti di ricreazione, che in una riunione comunitaria, se si stava con la Madre si sentiva dentro una forza diversa. Dopo un colloquio personale con lei si usciva già disposti ad un rinnovato impegno, sia pure nelle difficoltà e nelle sofferenze»30.

Chi l’avvicinava coglieva, inoltre, di essere di fronte ad una creatura che Dio era andato plasmando per renderla trasparenza della sua misericordia e per renderla «messaggera di speranza». La sua stessa persona trasmetteva qualcosa, tanto che qualsiasi anima sensibile alla grazia non poteva rimanere indifferente. Tra questi anche il Card. Edoardo Pironio, che ebbe modo di frequentarla, la ricorda come

«una donna, che solo ad avvicinarla, trasmetteva coraggio e speranza. [...] Mi ha lasciato questo senso di preghiera contemplativa e di coraggio, fondato sull’Amore Misericordioso. Penso che su questo sia basato il mi stero del suo stesso nome: Madre Speranza, e della sua opera dell’Amore Misericordioso»31.

 

Dal CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

La speranza

 1817 La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo. "Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso"(Eb 10,23). Lo Spirito è stato "effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna" (Tt 3,6-7).

1818 La virtù della speranza risponde all’aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al Regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell’attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall’egoismo e conduce alla gioia della carità.

1819 La speranza cristiana riprende e porta a pienezza la speranza del popolo eletto, la quale trova la propria origine ed il proprio modello nella speranza di Abramo, colmato in Isacco delle promesse di Dio e purificato dalla prova del sacrificio [Cf Gen 17,4-8; Gen 22,1-18]. "Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli" (Rm 4,18).

1820 La speranza cristiana si sviluppa, fin dagli inizi della predicazione di Gesù, nell’annuncio delle beatitudini. Le beatitudini elevano la nostra speranza verso il Cielo come verso la nuova Terra promessa; ne tracciano il cammino attraverso le prove che attendono i discepoli di Gesù. Ma per i meriti di Gesù Cristo e della sua Passione, Dio ci custodisce nella "speranza" che "non delude" (Rm 5,5). La speranza è l’"àncora della nostra vita, sicura e salda, la quale penetra..." là "dove Gesù è entrato per noi come precursore" (Eb 6,19-20 ). È altresì un’arma che ci protegge nel combattimento della salvezza: "Dobbiamo essere... rivestiti con la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza" (1Ts 5,8). Essa ci procura la gioia anche nella prova: "lieti nella speranza, forti nella tribolazione" (Rm 12,12). Si esprime e si alimenta nella preghiera, in modo particolarissimo in quella del Pater, sintesi di tutto ciò che la speranza ci fa desiderare.

1821 Noi possiamo, dunque, sperare la gloria del cielo promessa da Dio a coloro che lo amano [Cf Rm 8,28-30 ] e fanno la sua volontà [Cf Mt 7,21 ]. In ogni circostanza ognuno deve sperare, con la grazia di Dio, di perseverare "sino alla fine" [Cf Mt 10,22; 1821 cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1541] e ottenere la gioia del cielo, quale eterna ricompensa di Dio per le buone opere compiute con la grazia di Cristo. Nella speranza la Chiesa prega che "tutti gli uomini siano salvati" (1Tm 2,4). Essa anela ad essere unita a Cristo, suo Sposo, nella gloria del cielo:

Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l’ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve. Pensa che quanto più lotterai, tanto più proverai l’amore che hai per il tuo Dio e tanto più un giorno godrai con il tuo Diletto, in una felicità ed in un’estasi che mai potranno aver fine [Santa Teresa di Gesù, Esclamazioni dell’anima a Dio, 15, 3].


16 Summ., teste 13, p. 190, 59.

17 Cf. Documenti, cap. IV, doc. 30, pp. 70-71.

18 Diario, 31.1.1942, Summ., p. 739, n. 46.

19 Diario, 22.9.1941, Summ., p. 658, n. 29.

20 Summ., teste 3, p. 31, 82-83.

21 Diario, 5.10.1941, Summ., p. 735, n. 31.

22 Diario, 4.10.1941, Summ., pp. 734-735, n. 30.

23 Diario, 16.11.1942, Summ., p. 747, n. 72.

24 Diario, 29.2.1952, Summ., p. 762, n. 97.

25 Diario, 7.4.1952, Summ., p. 774, n. 129.

26 Cf. Infra, cap III, p. 36, nota 19.

27 Summ., teste 29, p. 386, 3.

28 Summ., teste 27, p. 364, 77-97.

29 Summ., teste 21, p. 294, 82-85.

30 Summ., teste 21, p. 294, 82-85.

31 Summ., teste 44, p. 467, 3.

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ultimo aggiornamento 11 giugno, 2013