dagli scritti di madre speranza

a cura di P. Mario Gialletti fam

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il 30 settembre 1893 a Santomera morta in Collevalenza l’8 febbraio 1983. Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso e del Santuario di Collevalenza

È in corso il Processo canonico per la sua canonizzazione;
il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata venerabile;
il 5 luglio 2013 è stato riconosciuto il miracolo avvenuto per sua intercessione;
il 31 maggio 2014 è stata proclamata beata.
la festa liturgica si celebra il giorno 8 febbraio.

La vita spirituale

I gradi della pietà

I gradi della pietà si sovrappongono gli uni agli altri. Infatti sono come gradini per i quali l’anima intraprende la sua ascensione verso Dio. Ordinariamente perciò è impossibile salire ad un grado superiore senza passare per quelli inferiori. È molto difficile, figlie mie, che un’anima possa evitare e aborrire il peccato veniale prima di essersi assicurata contro il peccato mortale; né può evitare abitualmente le imperfezioni senza evitare prima i peccati veniali; né essere santa prima di essere perfetta. Il grado superiore, infatti, incomincia a formarsi quando il grado precedente conclude il suo perfezionamento.

Ciò non vuol dire che a volte non si pratichino nei gradi inferiori atti di un grado superiore. Un gran peccatore può uscire dal suo infelice stato mediante un atto degno del più alto grado di santità; però ordinariamente non si può aspirare a giungere ad uno di quegli stati se non seguendo i gradi che ad essi conducono. Ogni grado ha i propri obblighi e le proprie luci speciali e così l’anima che è giunta al quarto grado della pietà, cioè alla santità, non deve trattenersi nei piccoli particolari della vita per chiedersi ogni momento in quale di quei piccoli dettagli si trova la maggior gloria di Dio.

 

Distacco da tutto

L’anima santa, figlie mie, deve stabilirsi in una grande dimenticanza di sé, in un grande distacco da tutto il creato, e in un immenso desiderio della gloria del suo Dio. Questi sentimenti devono essere il suo pane quotidiano e si devono esprimere in una fedeltà semplice e costante.

Da questo stato l’anima passa all’immolazione e qui, figlie mie, non deve già più misurare qual è la maggiore o minore gloria di Dio, perché ha fatto questo lavoro nello stato anteriore. Ora possiede con facilità e prontezza la conoscenza, l’amore e il desiderio della maggior gloria di Dio. In tutto vede facilmente dove si trova questa maggior gloria, la ama con trasporto e subito la sceglie. Tale abitudine è già ben formata in lei e così non esita di fronte ad alcun sacrificio dove possa trovarsi un po’ più di onore per il suo Dio.

Che resta ancora da fare a questa anima? Deve salire qualche grado più su? Le resta, figlie mie, quella soddisfazione umana che ha dimenticato e verso la quale si era già resa indifferente e che aveva sacrificato tutte le volte che aveva visto che tale sacrificio era gradito a Dio. Resta ancora abbastanza da fare e sono le ultime tracce delle aderenze che ritardano e pongono impedimento al suo volo. L’anima in questo stato vuole consumare l’olocausto; allontanare, consumare, bruciare tutto per un supremo desiderio ed una vera ansia di immolazione: distacco e rinuncia a tutto il creato per unirsi solo al suo Dio.

 

L’ansia di immolazione

Ciò che caratterizza questo stato, figlie mie, è l’ansia di immolazione, la fame di soffrire, la sete di sacrificio e la passione per le croci. L’anima non vuole lasciare che sussista in lei nulla di ciò che è creato, nessun attaccamento a se stessa, ma solo a Dio. Ella s’immola e immola tutto, tutto ciò che ha e che è. Si annienta per lasciar vivere in lei soltanto il suo Dio. Ella è crocifissa con Gesù: è morta e la sua vita è nascosta in Gesù Cristo.

L’anima che è giunta a questo stato dice a se stessa: "Se la gloria del mio Dio è l’unico bene essenziale per me e il mio Dio è il tutto della mia vita e nella sua gloria è tutta la mia felicità, quanto più sarà Egli solo l’oggetto delle mie preoccupazioni, il solo termine del mio amore, l’unico fine dei miei sforzi, tanto meglio raggiungerò il mio fine. E così quanto più io scompaio in Lui, tanto più resta assorbita nella sua gloria questa soddisfazione che io provo vicino a Lui. Più si annulla davanti a Lui ciò che è mio e più è in me Dio solo. Pertanto distruggerò tutto ciò che è delle creature e non mi darò riposo fino a quando non sentirò che tutto è definitivamente distrutto e soltanto Dio regna in me come unico Signore".

 

Quanto più opera nei santi la sofferenza

Quanto più opera nei santi la sofferenza, tanto più esplode in essi la gioia perché vedono cadere, uno dietro l’altro sotto i colpi del dolore, gli ultimi resti di ciò che del creato è in loro e vedono che Dio invade tutto il loro essere. Vedono la morte assorbita da una vittoria e realizzarsi in loro quel sogno supremo dell’amore nel quale Dio è tutto in tutte le cose.

Il dolore, figlie mie, è per loro la gioia più grande. Beati quelli che piangono, beati i poveri, beati i puri di cuore, beati i perseguitati, i calunniati. Il Signore lo ha detto ed essi lo esperimentano; tutte queste beatitudini sono in loro.

Oh suprema felicità dei santi! L’anima che è giunta a questo apice di santità è l’unica veramente ragionevole, l’unica che giunga in modo assoluto al fine per il quale è stata creata e solo lei conosce l’ampiezza infinita del grande comandamento: conoscere, amare e cercare il suo Dio. (El pan 8, 250-259)

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ultimo aggiornamento 13 aprile, 2016