ascoltando la Parola del Papa e rileggendo gli scritti della Madre ...

Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae (Giovedì, 17 marzo 2016)
(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana,Anno CLVI, n.064, 18/03/2016)

Credere contro ogni speranza

Spes contra spem, «credere contro ogni speranza»: ecco, stando a san Paolo, la carta d’identità del cristiano. Il quale, sulla scia di Abramo, sa bene che «il filo della speranza», persino nei momenti più difficili, «corre lungo la storia della salvezza: di più, è fonte di gioia». Questo invito a non perdere mai la speranza, certi che non si resterà delusi, è stato riproposto dal Papa nella messa celebrata giovedì mattina, 17 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta.

 

Consideriamo, figlie mie, ciò che racchiude la virtù della speranza.

È questa una virtù per la quale attendiamo con sicura fiducia la beatitudine futura e utilizziamo i mezzi per conseguirla.

Oggetto primario della speranza è la felicità eterna, cioè Dio stesso, in quanto è Lui che noi possiederemo nella gloria celeste; l’oggetto materiale secondario sono tutte le cose create, naturali o soprannaturali, mediante le quali ci prepariamo a possedere Dio.

La nostra speranza è fondata sulla misericordia di Dio, sulla sua fedeltà nel dare compimento alle promesse e sulla sua onnipotenza, che ne costituiscono l’oggetto formale. Il soggetto prossimo della speranza è la volontà, infatti, dato che l’oggetto di essa è il bene non sensibile ma soprasensibile, il desiderio che produce gli atti o i movimenti verso quel bene non può essere che un desiderio razionale, di volontà. (Madre Speranza 8, 1041-1042, nel 1943)

L’atto della speranza è l’attesa certa della beatitudine celeste in virtù dei meriti provenienti dalla grazia di Dio.

Ricordate, figlie mie, che nell’atto della speranza confluiscono vari atti dell’intelletto e della volontà: un atto di fede dell’intelligenza speculativa, perché Dio si dà a conoscere come bene sommo e desiderabile; un atto di amore e di desiderio della volontà, che si compiace e tende verso quel bene desiderabile in conseguenza della ricezione dello stesso atto di fede dell’intelligenza pratica, la quale giudica che Dio è conosciuto come Sommo Bene; e un atto della volontà, che è l’elemento principale della speranza, con il quale essa tende a Dio come Bene conosciuto, amato, desiderato e raggiungibile per effetto della grazia divina; bene futuro, arduo da conseguire, ma possibile. (Madre Speranza 8, 1044-1045, nel 1943)

Nel passo evangelico di Giovanni (8, 51-59), «Gesù parla di Abramo e dice ai dottori della legge: "Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno"».

Abramo, ha ricordato il Papa, è «quell’uomo che partì dalla sua terra senza sapere dove andava, partì per obbedienza, per fedeltà». Inoltre Abramo è «quell’uomo che credette alla parola di Dio e per quella fede è stato giustificato»; ma è pure «quell’uomo che ha anche avuto le sue tentazioni su questa strada della speranza quando, tanto lui come sua moglie, hanno fatto quel sorriso quando Dio gli ha detto che avrebbero avuto un figlio. Ma credette».

Riferendosi alla prima lettura, tratta dal libro della Genesi (17, 3-9), il Pontefice ha evidenziato l’ascolto di «questa alleanza: "Darò a te la terra, tu sarai padre di una generazione"». Dunque «Abramo credette e questo filo della speranza corre lungo la storia della salvezza. Di più: è fonte di gioia». …

Inoltre san Paolo, «parlando del nostro padre Abramo, ci dice: "Credette contro ogni speranza"». E così, ha insistito Francesco, «quando non c’è speranza umana, c’è quella virtù che ti porta avanti, umile, semplice, ma ti dà una gioia, a volte una grande gioia, a volte soltanto la pace». Però mai viene meno «la sicurezza», perché «quella speranza non delude». …

Ecco la ragione per la quale il popolo di Dio, persino «nei momenti della schiavitù, nei momenti in cui era forestiero, in terra straniera», ha avuto sempre «quel senso di sicurezza che i profeti facevano crescere: "Il Signore vi salverà"». …

È «il Dio — ha aggiunto Francesco — che ci accompagna, è anche il Dio che soffre, che soffre come il suo popolo ha sofferto, soffre nella croce, ma è fedele alla sua parola».

Proprio a questo proposito il Papa ha suggerito un essenziale esame di coscienza sulla fede, la carità e la speranza, proponendo alcune domande dirette: «Tu hai fede? Sì, padre, io ho fede: credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, nei sacramenti. Bene, tu hai carità? Sì, sì, ma non tanta, cerco di non litigare, di aiutare i bisognosi, di fare qualcosa di buono nella vita». Queste sono risposte che possiamo dare «facilmente tante volte», ha fatto notare Francesco. Ma, ha aggiunto, quando si domanda se tu hai speranza, se tu hai la gioia della speranza», la risposta è: «Padre, non capisco, mi spieghi».

La speranza, ha rimarcato il Pontefice, è «quella virtù umile, quella virtù che scorre sotto l’acqua della vita, ma che ci sostiene per non annegare nelle tante difficoltà, per non perdere quel desiderio di trovare Dio, di trovare quel volto meraviglioso che tutti vedremo un giorno». … Egli, ha proseguito il Papa, «è lo stesso Dio che nella pienezza dei tempi fa che quella promessa divenga realtà per tutti noi». E ciò «che unisce quel primo momento a quest’ultimo momento è il filo della speranza». Così ciò «che unisce la mia vita cristiana alla nostra vita cristiana, da un momento all’altro, per andare sempre avanti — peccatori, ma avanti — è la speranza». E, ancora, «quello che ci dà pace nei brutti momenti, nei momenti più bui della vita», è sempre «la speranza».

La speranza, infatti, «non delude: è sempre lì, silenziosa, umile, ma forte» ha concluso Francesco. E ha ripetuto ancora «la preghiera di oggi, all’inizio della messa: "Signore, la nostra speranza è nelle tue mani; custodisci la nostra speranza"».

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ultimo aggiornamento 13 aprile, 2016