pastorale familiare

Marina Berardi

«Farò la Pasqua da te!»

 

 

È di qualche ora fa la notizia che Papa Francesco - come fece a pochi giorni dalla sua elezione - ha scelto di celebrare la Messa in Coena Domini in una delle "periferie esistenziali" presenti alle porte di Roma. La memoria ritorna a quel primo gesto che commosse credenti e non, quando, il 28 marzo 2013, volle recarsi presso il Carcere minorile di Casal del Marmo per la lavanda dei piedi.

Oggi i media non tralasciano di sottolineare la gioia, la riconoscenza e l’emozione degli operatori e degli ospiti della Cooperativa sociale Auxilium, che accoglie quasi un migliaio di migranti di nazionalità e religioni diverse, richiedenti asilo, e che il Santo Padre ha scelto di incontrare.

Non meraviglia di certo il loro stupore, visto che ad invitarsi è una persona speciale, resa tale anche da un amore credibile e autorevole: è il Pastore e Padre desideroso di condividere la vita dei suoi figli e di annunciare l’avvento della Misericordia e della Pasqua con gesti semplici ed eloquenti. In questa linea andava l’auspicio rivolto ai fedeli presenti a Piazza San Pietro all’indomani della beatificazione di M. Speranza: "La sua testimonianza aiuti la Chiesa ad annunciare dappertutto, con gesti concreti e quotidiani, l’infinita misericordia del Padre celeste per ogni persona" (1.6.2014).

È vero, l’amore o è personale, concreto, incondizionato, fedele o non è amore. Il testamento ci è consegnato da Gesù stesso durante l’Ultima Cena che, proprio mentre sta per essere tradito ed abbandonato dalle persone a Lui più care, dona tutto di Sé. Una consegna, quella di Gesù, riassunta nel vangelo aperto ai piedi del Crocifisso dell’Amore Misericordioso: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi". "L’amore – direbbe la Madre – se non soffre e non si sacrifica non è amore".

Non un ma o un perché davanti a un disegno umanamente assurdo e incomprensibile; solo l’angoscia per quanto l’attende e la richiesta di allontanare da Lui quel calice, sempre che sia la volontà del Padre. "Avendo amato", può scegliere liberamente di amare "fino alla fine": si alza, pronto a deporre non solo le vesti, ma ogni suo progetto per abbracciare quello del Padre che gli chiede di cingersi i fianchi di un asciugatoio e di servire i suoi fratelli (cf. Gv 13,1-5), fino al supremo compimento.

E se oggi fosse questo Gesù ad invitarsi a casa nostra? Proprio Lui, il Maestro, che qui appare un perdente, potrebbe dire a ciascuno di noi: "Farò la Pasqua da te" (Mt 26,18). Sono molti i modi in cui il Signore ci chiede accoglienza, in cui ci invita a preparagli la stanza del nostro cuore perché lui possa consumarvi la Pasqua, in cui ci implora di non lasciarlo solo e di fargli compagnia.

Anche ai nostri giorni, infatti, sono tanti - troppi! - gli altari su cui vengono immolate vittime innocenti, a qualsiasi credo appartengano: gli efferati attentati, le guerre, le persecuzioni dei cristiani, le condizioni disumane di tanti profughi alle frontiere, i naufragi dei viaggi della speranza, le case in cui si vive divisi, la sperequazione delle ricchezze, l’inquinamento del pianeta. La lista di questi talami "globalizzati" potrebbe continuare, come quella dei talami in cui consumiamo la nostra quotidianità.

Questa richiesta di Gesù mi ha riportato indietro nel tempo, ad una esperienza personale. Era la Quaresima del 2009 quando compresi esistenzialmente che Gesù avrebbe desiderato venire a mangiare la Pasqua a casa mia, che mi chiedeva di preparare il cuore. Uscivo dalla cura del mio primo tumore e non immaginavo quanto avrei dovuto attraversare. Quel cammino impegnativo, d’improv­viso, mi apparve un dono: non ero più costretta a tenere i comandi della mia vita! Non ero sola, nulla mi apparteneva e tutto il Signore trasformava in grazia: la gioia e il dolore, la salute e la malattia. È la scelta che Madre Speranza ci invita a rinnovare ogni giorno nel pregare la Novena: "Signore, io mi abbandono a te, fa di me ciò che a te è gradito".

È sempre lei a ripeterci la consolante parola che Gesù rivolge a chi è nel dolore: «Coraggio, ti sono vicino per soffrire con te». Questa vicinanza la scorgiamo anche nei tanti cirenei che il Padre ci fa incontrare lungo il cammino della vita, pronti a donarci "uno sguardo di compassione" e a farsi carico del "nostro dolore fisico o morale", disposti a condividere i nostri "stessi sentimenti e simpatizzare" con noi. Allora le parole appariranno un balsamo per le nostre ferite (cf. M. Speranza).

"Farò la Pasqua da te". Oggi questa Parola mi riporta al recente incontro con un Papà e una Mamma ai quali avrei voluto togliere il calice che la vita stava presentando loro. Insieme abbiamo sperato in un falso allarme, in un brutto incubo dal quale risvegliarsi. Alla nascita, inaspettatamente, quel figlio e fratellino tanto atteso presentava difficoltà tali da dover essere trasferito in un centro specializzato per la diagnosi e le eventuali cure.

Fuori di quella porta della neonatologia è il momento dello sconcerto, dell’impotenza, del dolore, del vuoto, dell’angoscia, delle lacrime, del silenzio… ma anche di un rinnovato e incondizionato sì alla vita, colmo della fermezza e fortezza dell’amore, consapevoli che quel­l’esistenza è e rimarrà per sempre un Dono di Dio. Nessuno di noi vorrebbe veder soffrire le persone che ama, tanto meno un bimbo, un figlio, eppure, come Maria, possiamo solo scegliere di rimanergli accanto, di esserci per lui, per loro.

Così, d’improvviso, la Parola di san Paolo che si dischiuse come un fiore durante il fidanzamento e che accompagnò la celebrazione delle nozze di questa coppia, ora era lì, pronta ad aprire un flebile spiraglio di luce nell’oscu­rità: è il momento di essere insieme, "forti nella tribolazione e perseveranti nella preghiera" - per altro mai interrotta -, di ospitare con premura e di alleviare il dolore dell’altro, di leggere e incarnare una inaspettata pagina di vita.

Insieme, continuiamo a sperare e a rivolgerci al Padre nella preghiera, volendo preparare il cuore ad accogliere il Suo progetto d’Amore. Desideriamo cercare e trovare la perla generata da una sofferenza che, per quanto faccia parte della vita, è difficile da comprendere e da assumere.

Questo bimbo, comunque, imparerà presto che ha dei genitori e una sorellina speciali, perché speciale è la sua vita bisognosa di tutto: di attenzioni, di cura, di affetto. Non è difficile immaginare che magari trovandosi in un altro grembo qualcuno non avrebbe accettato di fare Pasqua con lui, troppo fragile e indifeso.

Quale commozione nel vedere la premura di una Mamma e di un Papà che stanno provando a fare dell’incubatrice, dei viaggi, delle attese il talamo per consumare l’intimità di un amore che, paradossalmente, proprio il dolore rende più fecondo. Quale tenerezza nel vederli accudire il loro bambino, gioire per il più piccolo vagito e progresso, preparare e spiegare alla primogenita che il fratellino è "il Dono di Dio", accogliere e alleviare il suo inconsolabile dolore nel vederlo soffrire.

La piccola non ha avuto timore a mostrare tutta la sua umanità, nella quale anche noi ci ritroviamo. Per questo concludo con una preghiera che può aiutarci: "Signore Gesù, liberaci dalla pura di essere fragili e di guardare in faccia le sofferenze nostre e dei fratelli, liberaci dal doverci mostrare forti quando abbiamo solo bisogno di uno sguardo e di una carezza. Fa’ che non temiamo di perderci nel nostro vuoto ma che lo sappiamo ascoltare, per seguirti fino alla fine non come eroi ma come discepoli del tuo amore"1, pronti ad accoglierti nella nostra casa.


1 Fr. Roberto Pasolini, Messa e preghiera quotidiana, EDB marzo 2016, pag. 249.

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 13 aprile, 2016