La lettera

 

Una speranza altra

Carissimo,

è la nostra fede, sperare, annunziare speranza, fondare la speranza, dare le ragioni della speranza.

Le ragioni, sì. Sperare non è una operazione illusoria per la nostra infelicità, non è una attività consolatoria a soccorso degli altri. È la conseguenza di una verità.

La madre tocca il suo bambino, sente il suo bambino, sa che nascerà. Si matureranno i giorni, ma nascera.

Ecco, sperare è questa certezza. Una certezza che è, nello stesso tempo, responsabilità. La madre, infatti, non assiste, non aspetta. Da’ il suo contributo, da’ il sangue per il suo bambino. È solo, cioè, in ragione di questa "ragione" che si posono dire, che si possono giurare parole di speranza.

Conosco ammalati, suore, giovani che lottano per dare misericordia, eucaristia sulla terra. Conosco anziani che hanno nella bisaccia del ri­torno la gioia della casa del Padre, sacerdoti con il cuore di Dio, cristiani su un terreno di presenza e non di potenza, di servizio e non di predominio.

Conosco viandanti alla ricerca di Cristo, incognito, lungo la strada di Gerico e di Emmaus.

Sì, sarà giorno. Nonostante il buio pesto chè calpestiamo, gli agguati della notte, la violenza che ci assale, il terrore di questo mondo brutale, ossessivo, mercantile.

Certo, ci vuole pazzia per giurare, per lottare, per pensare un giorno che non è mai esistito.

Ci vuole pazzia per scegliere i deboli. È sofferenza, è paura. Ma è una pazzia obbligata.

Cristo ha appeso al loro braccio la speranza del domani.

Sono loro che gettano nel cuore della storia manciate di grano e di pace. Sono loro che costruiscono la beatitudine del futuro.

Nino Barraco

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ultimo aggiornamento 14 dicembre, 2018