Carissimo,
           ormai è Giubileo. Ed
      io voglio godermi losanna delle palme. Anche se tremo pensando che Qualcuno dovrà
      morire per me.
           Cantare questo Dio che è sulla strada, danzare con i salmi,
      ritrovarmi nella colonna di fuoco, nel vento della profezia, con il popolo che ha
      conosciuto la misericordia. Acclamare osanna al Figlio di Dio
      sacrificato dal padre per riscattare lo schiavo. E, lungo la strada,
      raccontare anchio la mia storia di paura, di egoismo, di stanchezza, liberata dal
      suo amore.
           Ormai, sono arrivati i giorni penultimi della salvezza
      definitiva. Tra il già di una storia e il non ancora che squarcia
      lorizzonte. Come potrei restare muto, senza festa?
           Fare festa è credere, è atto di fede. Dice il Signore:
      Passerò dalla valle del pianto e la trasformerò in una sorgente. E dice
      anche: Muterò il lamento in danza e la veste di sacco in abito di gioia.
      Ritrovarsi nella festa è dovere, è servizio, è diaconia, è opera di misericordia.
      E compito sacro. E aiutare laltro a rendersi conto che egli ha tutte le
      ragioni per essere felice.
           La nostra vita è nelle mani del Padre. Ed è un Padre al quale
      importa molto, moltissimo, la nostra felicità. Sofferenze, difficoltà, dubbi, problemi,
      contrarietà, ormai sono occasioni pasquali. Lamore si raccoglierà nel calice del
      Getsemani, la vita sfiderà la morte. E al braccio della resurrezione sarà appeso il
      futuro di ogni uomo.
           Quando Mosè ebbe a chiedere al Signore di fargli vedere la sua
      gloria, Jahvè gli rispose: Farò passare dittami a te tutta la mia bontà.
           Passa il Figlio delluomo per le strade di Gerusalemme.
      E tutto il suo amore, il suo essere. E con lui passa tutta la folla dei poveri, dei
      deboli, degli oppressi della terra, annunciando la salvezza.
           È la gloria degli storpi, dei ciechi, dei paralitici che
      attraversa la città. E il Giubileo. Losanna dei poveri, che hanno le palme in
      mano.
      Nino Barraco