Carissimo,
			
			
			tanti Papi, da Pio XII a Giovanni XXIII, a Paolo VI, al Papa dei 
			trenta giorni, a Giovanni Paolo II. Sono i Papi della mia vita. Il 
			vento dello Spirito, la novità, il segno di una presenza particolare 
			nella storia. Ognuno nella diversità irrinunciabile del loro 
			mistero.
Adesso, abbiamo Benedetto XVI. Anche qui, una identità, uno specifico, tutto 
proprio. La pacatezza dell’essere, la serenità evangelica, l’intelligenza amica 
della fede, il suo sorriso.
Sì, il sorriso di questo Papa. Il sorriso semplice, discreto, il sorriso che 
pacifica, che rasserena, quasi da fanciullo. Che incoraggia l’incontro, la 
ricerca di Cristo, di Colui che può dare senso, significato alla vita dell’uomo, 
eternità al tempo.
Questo sorriso, di cui, agli inizi del pontificato, si aveva il "sospetto", e 
che, oggi, diventa sempre più evidenza, visione. Annota Peter Seewald che, 
conversando con il Papa, ci ha dato quel libro Luce del mondo: 
"Sono stato molto contento di poterlo intervistare, ho riscontrato la sua 
amabilità personale, la sua cortesia, la sua umiltà. La sua enorme forza 
intellettuale si unisce ad una altrettanta forza spirituale, è un uomo veramente 
semplice e pio".
Semplice, pio, è il suo sorriso. Che vuol dire aiutare l’uomo a leggere le 
grandi domande di oggi, le condizioni di vita, i peccati della Chiesa, la 
rivolta dei popoli, l’ecologia, la giustizia, la finanza... con quella serenità 
che ripone ogni fiducia nella presenza storica e misteriosa di Cristo sulla 
terra.
Stranissimo per molti, ma il suo sorriso aiuta a comprendere, e se è possibile 
amare, il singolare "destino umano" di questo Papa, l’autorità del suo essere 
umile. Sì, è la Beatitudine dei miti che si addice alla Chiesa.