La festa della Presentazione di Gesù al Tempio è una festa di luce e l’origine di questa affermazione la ritroviamo nelle parole del giusto Simeone, che rivolgendosi al Bambino Gesù lo riconosce come l’Atteso delle genti e lo acclama "luce per illuminare le genti e gloria di Israele" (Lc 2, 22-40).

La luce che si è accesa nella grotta di Betlemme per rischiarare e riscattare l’oppressione degli uomini, continua a brillare, nell’offerta che Maria e Giuseppe fanno dell’Uomo-Dio nel Tempio di Gerusalemme, offerta che si completerà con il dono totale che Gesù farà di sé sulla croce. Luce che risplenderà in tutto il suo fulgore il mattino di Pasqua.

 

La storia

La Candelora affonda le sue radici nell’antichità cristiana, nasce nel IV secolo in Oriente come la "Festa dell’Incontro", commemorando appunto l’incontro tra Gesù presentato al Tempio e il vegliardo Simeone.

La festa si diffonde rapidamente in tutto l’Occidente cristiano e con il passare del tempo la Candelora viene istituita ufficialmente da Papa Gelasio I nel VI secolo e introduce anche la processione con le candele benedette.

La scelta del 2 febbraio non è casuale: cade quaranta giorni dopo il Natale, in conformità con la legge ebraica che prescriveva la purificazione della madre e la presentazione del primogenito al Tempio. Papa Gelasio I, poi stabilisce che questa festa acquistasse il valore di un momento di preghiera e di riflessione sulla luce di Cristo, che illumina il cammino dell’umanità.

Nel corso dei secoli, la Candelora si è arricchita di tradizioni e simboli. Nel Medioevo, la processione con le candele assume la forma di un rito solenne, accompagnato da canti e preghiere. La benedizione delle candele, che visivamente rappresentano Cristo "luce del mondo", diviene un gesto carico di significato spirituale, utile ad unire i fedeli nell’unica professione di fede.

I fedeli partecipavano con devozione alla processione, portando candele accese come segno della loro fede in Cristo, luce che vince le tenebre del peccato e della morte.

Oggi, sebbene in molte parti del mondo la Candelora sia meno sentita rispetto al passato, rimane un’occasione preziosa per riflettere sul significato della luce di Cristo nella vita quotidiana. In un mondo sempre più segnato dal materialismo, la benedizione delle candele durante la Candelora assume un significato profondo. Le candele benedette rappresentano la presenza di Cristo nella vita dei credenti e nel mondo. Esse sono un invito a portare la luce del Vangelo nelle tenebre dell’indifferenza, dell’ingiustizia e della disperazione. Per i cristiani, accendere una candela benedetta è un gesto di preghiera, un segno di speranza e un impegno a vivere come testimoni della luce di Cristo.

La luce delle candele benedette è un simbolo potente. Rappresenta Cristo, che illumina il cammino dell’umanità e confonde le tenebre del male. Per i cristiani, questa luce è un richiamo a vivere nella verità e nell’amore, seguendo l’esempio di Gesù. Le candele benedette sono anche un segno della presenza di Dio nella vita quotidiana: accenderle in casa o durante momenti di preghiera è un modo per ricordare che Cristo è sempre con noi, anche nei momenti più difficili.

La Candelora dunque è una festa che parla al cuore dei credenti e della società contemporanea. In un mondo che spesso sembra aver smarrito il senso della spiritualità, questa ricorrenza ci ricorda che la luce di Cristo è sempre accesa, pronta a guidarci e a riscaldarci.

Benedire le candele e portarle nelle nostre case è un gesto semplice ma profondo, che ci invita a essere portatori di speranza e di amore in un mondo che ha bisogno di ritrovare la sua strada verso Dio. La luce della Candelora non è solo un simbolo del passato, ma una promessa per il futuro: quella luce è Cristo che continua a brillare e a diffondere il suo calore nel mondo.

 

L’incontro e la luce

Due temi centrali – l’incontro e la luce – sono tratti dal brano della Presentazione di Gesù al Tempio. Quaranta giorni dopo il Natale avviene il primo incontro del Signore Gesù con il suo popolo, l’iniziativa è sempre di Dio. È Lui che incessantemente ci precede e viene incontro a ognuno di noi. Cristo-Luce ci cerca senza troppo clamore, con la delicatezza di una brezza leggera, perché rispetta la nostra libertà e ci vuole amici, figli, e non schiavi. Ecco la prima buona notizia che la festa della Presentazione ci invita a celebrare: nel migrare dei nostri giorni, nel fluire turbolento della storia, il Signore viene incontro a noi, per fare la strada con noi, per unirci sempre più a sé e renderci più capaci di amare come Lui ama.

La presenza del Signore, però, proprio perché discreta, chiede però la capacità di riconoscerla. Il Tempio di Gerusalemme era pieno di persone che partecipavano alle preghiere e alle liturgie, eppure solo due persone molto anziane, Simeone ed Anna, riconoscono in quel Bambino, così simile a tutti gli altri bambini, il Figlio di Dio.

Simeone è l’emblema di colui che attende per tutta la vita il Messia, dunque sarebbe stato lecito per lui rassegnarsi, smettere di attendere, volgere lo sguardo altrove. Anna era rimasta vedova giovanissima, dopo soli sette anni di matrimonio, era destinata ad affrontare una condizione socialmente certo molto difficile. Luca con sapienza ci offre, la descrizione fedele di questi due vegliardi: "lo Spirito Santo era sopra Simeone" e "nello Spirito egli andò al tempio" e "Anna non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere".

Una vita vissuta instancabilmente sotto la guida dello Spirito di Dio, fa esplodere il lungo silenzio di Simeone in un inno di lode a Dio, riconosciuto e celebrato come luce, per la manifestazione in favore delle nazioni. Il Vegliardo vede l’inizio della realizzazione di fronte ai suoi occhi della profezia di Isaia: "Il Signore strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto…" (Is 25,7-8). Profezia che si compirà con la Pasqua di Cristo che squarcia finalmente quel velo e la sua luce "splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta" (Gv 1,5), perché solo "alla sua luce vediamo la luce" (Sal 36,10).

Questi sono i motivi perché Simeone ed Anna pur nella loro anzianità mantengono una freschezza giovanile, non si sono stancati di attendere e per tutta la loro vita hanno intessuto una relazione profonda con il Signore; sono vissuti nello Spirito e dallo Spirito si sono lasciati condurre e ammaestrare.

La familiarità del loro rapporto con il Signore li ha irrobustiti nella certezza che il Signore non abbandona i suoi figli, porta a compimento la sua opera e dona vita e salvezza a tutti. Questa certezza di fede fa sì che anche se il tempo passa non viene meno la speranza.

Oggi per noi la bella notizia sta nel fatto che ci è data la possibilità di entrare in una relazione viva con il Signore, a patto però che ci impegniamo con costanza nel ricercare e coltivare questo dialogo. Solo se dimoriamo in Gesù, se lo frequentiamo assiduamente nei sacramenti e nelle frequenti visite eucaristiche, il nostro sguardo potrà veramente essere capace di andare in profondità, per giungere ad esclamare con fede "Mio Dio e mio tutto".

La Luce di Gesù è più potente delle tenebre, anche quando le tenebre sembrano avere l’ultima parola. La luce sfolgorante della Pasqua, che ha illuminato la notte più buia della storia, ci assicura che la morte è stata vinta e, grazie al sacrificio redentivo di Gesù, non possiamo soccombere al suo potere distruttivo. Per questo motivo, ha senso che nella nostra vita, ci impegniamo seriamente nel cammino di fede perché tutto ciò che deriva da quella Luce ha origine dal cuore di Dio e al suo cuore ritorna, per dimorarvi per tutta l’eternità.

 

Festa della Vita Consacrata

Il 2 febbraio la Chiesa celebra anche la Giornata della Vita Consacrata, ovvero quella forma di vita che ha il suo valore nel dono di tutto se stessi a Dio; quella forma di vita che rimanda la Chiesa all’Assoluto di Dio e le ricorda che la nostra vita non è tutta qua, che anche le esperienze più belle, più vere, più appassionanti che possiamo vivere sono in realtà esperienze "penultime", in cammino verso un compimento, in cammino verso Colui che è il compimento!

Perché celebriamo in questo giorno la Giornata della Vita Consacrata? Forse per ricordarci sempre che l’iniziativa è di Dio. È il dono totale di sé che Gesù fa al Padre, a cominciare da questo gesto rituale, reso possibile dall’obbedienza umile e semplice di Maria e Giuseppe, per continuare con tutta la sua vita, completamente consegnata al Padre, fino al dono supremo della croce, è appunto il dono totale che il Figlio fa di sé al Padre a fondare e a rendere possibile l’offerta della propria vita che il consacrato fa a Dio. Solo se strettamente unita, per sempre, a quell’unica Offerta, ogni vita consacrata potrà brillare, in mezzo alle tenebre, di quella Luce.

 

 

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ultimo aggiornamento 15 marzo, 2025