studi Vangelo e santità laicale

a cura della Redazione

Laura Vincenzi nasce il 6 giugno 1963 all’ospedale Sant’Anna di Ferrara, dove viene battezzata tre giorni dopo. I suoi genitori, Odo Vincenzi e Luisa Deserti, hanno già avuto una figlia, Silvia: dopo Laura sono nati i fratelli Paolo e Giorgio.

La famiglia risiede a Tresigallo, a venti chilometri da Ferrara, dove Laura frequenta la scuola elementare e le medie. Dimostra subito un carattere naturalmente espansivo, curioso, allegro e nello stesso tempo riflessivo. A scuola si trova molto bene: è diligente, anche se un po’ vivace, disponibile nei confronti dei compagni e ubbidiente nei riguardi della maestra.

Partecipa alle celebrazioni religiose nella parrocchia di Sant’Apollinare a Tresigallo: lì riceve la Prima Comunione il 30 aprile 1972 e, il 26 ottobre 1975, la Cresima. Entra anche a far parte dell’Azione Cattolica Ragazzi e, in seguito, diventa educatrice di un gruppo ACR parrocchiale, oltre che catechista.

Nel 1977 inizia il liceo: sceglie l’indirizzo linguistico all’Ariosto di Ferrara. Quando può, prima di scuola, partecipa alla messa nella vicina chiesa dell’Immacolata. Decide di proseguire gli studi e, nel 1982, s’iscrive alla facoltà di Lingue dell’Università di Bologna.

Ormai ha diciannove anni ed è del tutto simile, almeno esteriormente, alle ragazze della sua età e della sua epoca. La sua vita vissuta con semplicità e coerenza, radicata nel Vangelo come saldo punto di riferimento, colpisce le amiche del liceo e di università.

Vive intensamente la sua fede e dalle monache benedettine del monastero ferrarese di Sant’Antonio in Polesine impara a pregare, come lei stessa afferma. Tuttavia, dentro di sé, sente di avere ancora tanto da apprendere nel cammino di fede. Per questo motivo partecipa a ritiri spirituali all’eremo di Spello, nella fraternità dei Piccoli Fratelli di Gesù guidata da fratel Carlo Carretto nel 1982, 1983, 1984, a Camaldoli nel 1985 e dalle benedettine di Verucchio nel 1986. Si appassiona sempre più alla preghiera con la Parola.

A Spello conosce un ragazzo di Roma, Guido Boffi, di due anni e mezzo più grande, che è lì con un gruppo di amici della sua città. L’amicizia con lui cresce e, nel dicembre successivo, Laura partecipa al "pellegrinaggio di fiducia sulla terra" organizzato dalla comunità di Taizé per i giovani: la sede scelta è Roma. Nel luglio 1983 sono di nuovo a Spello, ma tra loro c’è un sentimento più forte. Così, il 27 agosto seguente, Guido va a Tresigallo: è il giorno del loro fidanzamento.

È una storia a distanza, la loro, fatta di telefonate, incontri, ma soprattutto di lettere, tantissime, al ritmo di due a settimana circa. Scrivono anche un diario di coppia, con le riflessioni condivise dall’uno per l’altra e viceversa. Dio è riconosciuto come la fonte del loro volersi bene, attraverso il quale l’amore di Dio si manifesta nelle loro vite. Nella loro esperienza di reciproco amore vedono Dio come il «direttore d’orchestra», che, scrive Laura, «è capace di accordare due strumenti spesso così scordati (= limitati) come noi e di dirigerli creando bellissime melodie».

La loro amicizia cresce insieme al sentimento filiale nei confronti di Dio, che Laura esprime con un commento al Padre Nostro nell’ottobre del 1983 come modo condiviso di pregarlo: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci di essere vigili per cogliere i segni del tuo Amore, disponibili a compiere la tua volontà, … pezzi d’argilla che vogliono farsi plasmare da Te»; «Come noi rimettiamo ai nostri debitori. Fa’ che siamo un segno (che non "grida", ma che "scova") per i nostri fratelli, in particolare per chi sentiamo lontano, per chi soffre, per chi ci costa fatica amare».

Al ritorno dal campo-scuola svolto a Pergine nell’estate 1983, Laura sente dolore al piede sinistro; nel mese di settembre 1984 nota poi un piccolo rigonfiamento accanto al malleolo esterno dello stesso piede. Inizialmente i medici pensano che sia una semplice cisti, ma nel giro di qualche settimana si aggiungono altri noduli.

Laura viene quindi operata al Centro Traumatologico Ospedaliero di Bologna il 29 settembre 1984, l’esame istologico parla di un sarcoma. Inizia le terapie all’ospedale di Tresigallo e al Sant’Orsola-Malpighi di Bologna che le causano, tra l’altro, la perdita dei capelli.

 

Laura cerca, per quanto può, di resistere: «La mia dignità più profonda, allora», scrive, «come figlia di Dio, come fidanzata e come figlia la esprimo nella mia volontà di reagire, di combattere per vivere! Dio mi chiama a vivere, Guido mi vuole viva, i miei genitori hanno pure bisogno di una Laura vitale e vibrante». Intanto continua a studiare e a fare la catechista.

Nell’autunno 1985 inizia le visite di controllo all’ospedale Rizzoli. Le prime due danno esito negativo, ma il 6 dicembre, toccandosi nella parte già malata, sente di nuovo un gonfiore sospetto. Annota nel suo diario: «Bisogna che il Signore mi aiuti a tenere sotto controllo la situazione perché io non voglio essere schiava della paura, ma al limite, tutt’al più, convivere con il male, che significa Amare [maiuscola sua] nonostante il male e tutte le sue sfumature (il disagio, l’incertezza di come andrà a finire».

Gli accertamenti mostrano una recidiva del tumore e non ci sono alternative all’amputazione della gamba sinistra. Il 24 febbraio 1986 Laura subisce l’intervento e, dal 27 maggio, cammina con una protesi. È diventata consapevole che il male fisico non può danneggiare ciò che sente dentro e che sintetizza con un’espressione singolare, scritta nel suo diario: «Abbracciare la Croce = Vivere l’Avventura». Per Laura significa accettare attivamente la prova dolorosa e in questo modo vivere l’inedito che le si presenta giorno per giorno senza sottrarsi, trovando in ogni situazione un’occasione di bene. Laura rifiuta qualsiasi forma di fuga e decide di vivere con consapevolezza e responsabilità la malattia che nel frattempo avanza. Eppure le viene naturale scrivere: «In questo periodo sento molto la chiamata ad essere attenta agli altri, alle situazioni degli altri».

Una delle prime persone a cui è attenta è Guido, con il quale condivide la costante fiducia nel Signore. Oltre a questo, intensifica la propria preghiera, che è al primo posto nella sua giornata. Una preghiera con la Parola, dalla quale i suoi scritti sono profondamente segnati. E, potendo, la partecipazione quotidiana alla Messa. Negli ultimi tempi riscopre Maria e si rivolge a lei con maggiore confidenza, come a una madre «che può e sa mediare tra noi e Suo Figlio». Chiede poi di ricevere l’Unzione degli Infermi, che le viene impartita il 22 novembre 1986 nella cappellina di Mottatonda di Gherardi (FE), un luogo di preghiera a lei caro.

Resta in contatto con la vita dell’Azione Cattolica e della diocesi di Ferrara, come dimostra una sua preghiera, composta il 27 gennaio 1987, dove raccomanda a Dio i giovanissimi del suo gruppo che dovevano incontrare il vescovo monsignor Luigi Maverna durante la visita pastorale: «Guarda, o Signore, a queste loro ansie, alla loro voglia di vivere e di impegnarsi, al loro entusiasmo. Conservali sempre così, ma rendili anche attenti ascoltatori e lettori della Tua Parola; rendili persone pazienti, cioè capaci di adeguarsi ai Tuoi tempi, e sempre più sensibili nei confronti dei loro amici».

Nei tre anni di dure prove Laura sente la responsabilità di vivere in pienezza e insieme di maturare un distacco dai suoi desideri e progetti: «Per me si tratta allora di cambiare ottica: di continuare ad Amare la Vita, ad Amare le cose belle perché vengono da Dio e sono un riflesso di Dio, ma di un Amore che sia gratuito, che sia distaccato, di un Amore che sia unicamente risposta al dono della vita, ad ogni giorno che il Signore mi dona e mi chiama a Vivere».

Alle amiche che le fanno visita negli ultimi giorni di sofferenza e alla madre dice di avere di fronte due strade entrambe stupende: guarire e quindi laurearsi e sposarsi con il suo amato Guido oppure morire e dunque andare in Paradiso.

Il fisico di Laura si indebolisce sempre più e non riesce nemmeno a respirare bene e, quindi, interrompe le proprie abituali attività. Dà il suo ultimo esame universitario nel febbraio 1987, ma poi sopraggiunge una pleurite, che le rende impossibile anche solo andare in bicicletta o salire le scale. Chi le fa visita vede in lei crescere la fede man mano che il fisico si debilita e l’acquisto progressivo di una lucidità superiore nell’affrontare la vita. Riceve nuovamente l’Unzione degli Infermi a casa qualche giorno prima di morire il 4 aprile 1987, circondata dai suoi cari.

Ottenuti i pareri della Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna e della Congregazione dei Santi, il 1° marzo 2021 è stato nominato il Tribunale diocesano sotto l’episcopato dell’Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego per la Causa di beatificazione.

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ultimo aggiornamento 15 marzo, 2025