I segni del Giubileo: la carità

I segni del Giubileo: la carità

La Parola del Papa: Omelia per il Giubileo dei Volontari

Preghiera del Giubileo

 

La carità

La carità costituisce una caratteristica principale della vita cristiana. Nessuno può pensare che il pellegrinaggio e la celebrazione dell’indulgenza giubilare possano essere relegati a una forma di rito magico, senza sapere che è la vita di carità che dà loro il senso ultimo e l’efficacia reale.

D’altronde, la carità è il segno preminente della fede cristiana e sua forma specifica di credibilità. Nel contesto del Giubileo non sarà da dimenticare l’invito dell’apostolo Pietro: "Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati" (1Pt 4,8).

Secondo l’evangelista Giovanni, l’amore verso il prossimo, che non viene dall’uomo, ma da Dio, permetterà di riconoscere nel futuro i veri discepoli di Cristo. Risulta, quindi, evidente che nessun credente può affermare di credere se poi non ama e, viceversa, non può dire di amare se non crede.

Anche l’apostolo Paolo ribadisce che la fede e l’amore costituiscono identità del cristiano; l’amore è ciò che genera perfezione (cfr. Col 3,14), la fede ciò che permette all’amore di essere tale.

La carità, dunque, ha un suo spazio peculiare nella vita di fede; alla luce dell’Anno Santo, inoltre, la testimonianza cristiana deve essere ribadita come forma maggiormente espressiva di conversione.

Sarebbe certamente vuota l’esperienza giubilare se non trovasse il suo compimento nella carità, che da sempre è stata uno dei segni del Giubileo. È d’altronde veramente difficile, nell’esercizio della vita cristiana, distinguere il credere dallo sperare e questi dall’amare: fede, speranza e carità formano una sola risposta al tocco di Dio sul cuore dell’uomo.

Il motto del Giubileo 2025 è "Pellegrini di speranza". La versione latina suggerisce, però, una sfumatura assente in italiano: l’espressione "Peregrinantes in spem" mostra, infatti, tutta la tensione dinamica che la speranza imprime al cammino cristiano. Sì, la speranza permette ai discepoli del Signore di mettersi in movimento verso il futuro, con uno sguardo libero e sereno, paziente e tenace. Papa Francesco non ha mancato di richiamare il contesto in cui si colloca l’evento di grazia: dalla "tragedia della guerra" alla "perdita del desiderio di trasmettere la vita" fino alle numerose solitudini e fatiche in cui cadono tanti, senza dimenticare lo scandalo antico della divisione tra i cristiani. Dinanzi a questi scenari, gli occhi dei cristiani sono però colmi di speranza, perché, illuminati dal Risorto, sanno intravedere il nuovo fino al punto di sentirsi "chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio" (Spes non confundit, 10). I pellegrini, sperimentando concretamente la speranza che Dio dona a chi si mette in cammino con lui, diventeranno essi stessi "segni tangibili di speranza" per chi è triste e ha perso il gusto della vita, per i detenuti e gli ammalati, per i giovani e gli anziani, per i migranti e i poveri: è questa la particolare forma della carità a cui il Papa chiama in occasione del prossimo Giubileo.

Al termine del pellegrinaggio, quasi a sigillo dell’esperienza, nel cuore e sulle labbra del pellegrino possano risuonare queste parole, che aprono al futuro con operosa vigilanza: "La tua grazia ci trasformi in coltivatori operosi dei semi evangelici che lievitino l’umanità e il cosmo, nell’attesa fiduciosa dei cieli nuovi e della terra nuova, quando vinte le potenze del Male, si manifesterà per sempre la tua gloria" (dalla Preghiera ufficiale del Giubileo 2025).

 

Preghiera e carità, i due polmoni del Giubileo

Il Giubileo è dunque uno straordinario mosaico di persone e di eventi. Le varie iniziative delle Chiese locali, i pellegrini e i pellegrinaggi, le celebrazioni hanno un comune colore di fondo.

Quasi un doppio comune denominatore: la preghiera e la carità. Questi due elementi, sono i due polmoni che assicurano il respiro spirituale dell’Anno Santo e per mezzo loro, come è già avvenuto nei Giubilei del passato, esprime pienamente la sua realtà di invito religioso ed interiore all’incontro con Cristo, rivolto alle coscienze degli uomini e delle donne di questo nuovo millennio.

La preghiera: innanzitutto è una lode e un ringraziamento a Dio per quanto Egli ha compiuto a beneficio delle nostre e delle precedenti generazioni. La carità invece esprime la bontà del Giubileo perché è il segno concreto e visibile di tale volontà di lode e di ringraziamento a Dio, che si manifesta in un rinnovato impegno di testimonianza cristiana e di aiuto nei confronti del nostro prossimo, specialmente se povero ed emarginato. Essenziale ed ordinaria in ogni momento della vita della Chiesa, la carità riceve dal Giubileo un impulso ulteriore per radicarsi ancora di più, "qui ed ora", nell’anima e nelle opere dei credenti. Preghiera e carità rendono quindi il Giubileo, giorno dopo giorno, sempre più presente ed operante nella Chiesa e nel mondo.

 

Gli eventi del Mese

8 - 9 marzo 2025:

Il Giubileo del Mondo del Volontariato

Sono arrivati da tutta Italia e da tutto il mondo, con le loro divise e i propri stemmi, le migliaia di volontari hanno attraversato la Porta Santa a San Pietro.

Papa Francesco, ancora essendo ricoverato al Gemelli, è voluto esserci lo stesso: come simbolo della sua presenza è stato infatti affisso per l’occasione lo stendardo del Papa sulla loggia di San Pietro.

Domenica 9 marzo è stato il culmine di queste giornate con la Celebrazione Eucaristica presieduta in piazza San Pietro dal cardinale Michael Czerny, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Questo evento ha visto la partecipazione di oltre trentacinquemila pellegrini. La Piazza era colorata dalle divise dei volontari delle Misericordie, della Croce rossa, della Protezione civile e di Caritas e di tante altre aggregazioni tra cui L’Associazione dei Volontari del nostro Santuario (AVSAM).

«Sono contento di salutare tutti i volontari che oggi sono presenti a Roma per il loro pellegrinaggio giubilare - ha detto il cardinale leggendo l’omelia della Santa Messa preparata per l’evento da Papa Francesco - Vi ringrazio molto, carissimi, perché sull’esempio di Gesù voi servite il prossimo senza servirvi del prossimo. Per strada e tra le case, accanto ai malati, ai sofferenti, ai carcerati, coi giovani e con gli anziani, la vostra dedizione infonde speranza a tutta la società. Nei deserti della povertà e della solitudine, tanti piccoli gesti di servizio gratuito fanno fiorire germogli di umanità nuova: quel giardino che Dio ha sognato e continua a sognare per tutti noi».

Gli appuntamenti organizzati per il Giubileo dei Volontari, sono iniziati sabato 8 marzo, con il pellegrinaggio alla Porta Santa di San Pietro. Per tutta la giornata, una fila quasi ininterrotta di pellegrini ha attraversato via della Conciliazione in preghiera verso la Basilica. Nel pomeriggio, invece, pellegrini e turisti hanno avuto l’occasione di conoscere le varie realtà, associazioni e movimenti di volontariato presenti al Giubileo visitando gli otto stand presenti in altrettante piazze del centro della città di Roma, per l’iniziativa dei "Dialoghi con la città". Ad organizzare attività di sensibilizzazione sui temi del volontariato, e di animazione per bambini e adulti, sono state associazioni come Focsiv, Misericordie, Protezione Civile, Movimento per la Vita, CSV Lazio, Shelterbox Italia Onlus, Aps Il Sorriso, Iad Bambini Ancora.

Il cardinale Czerny ha ricordato ai presenti che il Giubileo dei Volontari non è solo una celebrazione, ma un richiamo alla missione cristiana del servizio. I volontari sono il volto concreto della Chiesa che ascolta, aiuta e ama senza riserve.

Con queste parole, la Chiesa ha voluto rendere omaggio a chi ogni giorno si spende per costruire un mondo più giusto e solidale, nel segno del Vangelo.

 

A Roma la "casa" dei volontari del Giubileo

A pochi passi dal Pantheon, in un vicolo del centro storico di Roma, una palazzina di quattro piani ha un nome particolare: "Domus Spei", la Casa della Speranza. All’apertura delle porte la prima cosa che risalta agli occhi è un cartello verde, dello stesso colore dei giubbotti dei volontari del Giubileo, con scritto "Benvenuto!" in diverse lingue.

La palazzina, con cento posti letto, ospita a rotazione i volontari provenienti da tutta Italia e dal mondo che hanno deciso di dedicare un po’ del loro tempo a questo anno giubilare e ai pellegrini che sono arrivati e continuano ad arrivare nella Città Eterna.

Una giornata tipo alla Domus Spei inizia presto con la colazione nella mensa, il servizio mattutino in Via della Conciliazione dalle 7.30 alle 13.30, e poi quello pomeridiano. Alcuni si occupano dell’accoglienza anche in altre zone di Roma, come l’aeroporto di Fiumicino o la Stazione Termini. La sera, poi, rientrando alla Domus Spei, cenano e si riuniscono nelle stanze o nella mensa per fare ricreazione.

 

La Parola del Papa

Omelia del Santo Padre Francesco

letta dal Cardinale Michael Czerny

Domenica 9 marzo 2025

"Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto" (Lc 4,1). Ogni anno, il nostro cammino di Quaresima inizia seguendo il Signore in questo spazio, che Egli attraversa e trasforma per noi. Quando Gesù entra nel deserto, infatti, accade un cambiamento decisivo: il luogo del silenzio diventa ambiente dell’ascolto. Un ascolto messo alla prova, perché occorre scegliere a chi dare retta tra due voci del tutto contrarie. Proponendoci questo esercizio, il Vangelo attesta che il cammino di Gesù inizia con un atto di obbedienza: è lo Spirito Santo, la stessa forza di Dio, che lo conduce dove nulla di buono cresce dalla terra né piove dal cielo. Nel deserto, l’uomo sperimenta la propria indigenza materiale e spirituale, il bisogno di pane e di parola.

Anche Gesù, vero uomo, ha fame (cfr v. 2) e per quaranta giorni è tentato da una parola che non viene affatto dallo Spirito Santo, bensì da quello malvagio, dal diavolo. Appena entrati nei quaranta giorni di Quaresima, riflettiamo sul fatto che pure noi siamo tentati, ma non siamo soli: con noi c’è Gesù, che ci apre la via attraverso il deserto. Il Figlio di Dio fatto uomo non si limita a darci un modello nel combattimento contro il male. Ben di più: ci dona la forza per resistere ai suoi assalti e perseverare nel cammino.

Consideriamo allora tre caratteristiche della tentazione di Gesù e anche della nostra: l’inizio, il modo, l’esito. Confrontando queste due esperienze, troveremo sostegno per il nostro itinerario di conversione.

Anzitutto, nel suo inizio la tentazione di Gesù è voluta: il Signore va nel deserto non per spavalderia, per dimostrare quanto è forte, ma per la sua filiale disponibilità verso lo Spirito del Padre, alla cui guida corrisponde con prontezza. La nostra tentazione, invece, è subita: il male precede la nostra libertà, la corrompe intimamente come un’ombra interiore e un’insidia costante. Mentre chiediamo a Dio di non abbandonarci nella tentazione (cfr Mt 6,13), ricordiamoci che Egli ha già esaudito questa preghiera mediante Gesù, il Verbo incarnato per restare con noi, sempre. Il Signore ci è vicino e si prende cura di noi soprattutto nel luogo della prova e del sospetto, cioè quando alza la voce il tentatore. Costui è padre della menzogna (cfr Gv 8,44), corrotto e corruttore, perché conosce la parola di Dio, ma non la capisce. Anzi, la distorce: come dai tempi di Adamo, nel giardino dell’Eden (cfr Gen 3,1-5), così fa ora contro il nuovo Adamo, Gesù, nel deserto.

Cogliamo qui il singolare modo col quale Cristo viene tentato, cioè nella relazione con Dio, il Padre suo. Il diavolo è colui che separa, il divisore, mentre Gesù è colui che unisce Dio e uomo, il mediatore. Nella sua perversione, il demonio vuole distruggere questo legame, facendo di Gesù un privilegiato: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane» (v. 3). E ancora: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù» (v. 9) dal pinnacolo del Tempio. Davanti a queste tentazioni Gesù, il Figlio di Dio, decide in che modo essere figlio. Nello Spirito che lo guida, la sua scelta rivela come vuole vivere la propria relazione filiale col Padre. Ecco cosa decide il Signore: questo legame unico ed esclusivo con Dio, del quale è l’Unigenito Figlio, diventa una relazione che coinvolge tutti, senza escludere nessuno. La relazione col Padre è il dono che Gesù condivide nel mondo per la nostra salvezza, non un tesoro geloso (cfr Fil 2,6) da vantare per ottenere successo e attrarre seguaci.

Anche noi veniamo tentati nella relazione con Dio, ma all’opposto. Il diavolo, infatti, sibila alle nostre orecchie che Dio non è davvero nostro Padre; che in realtà ci ha abbandonati. Satana mira a convincerci che per gli affamati non c’è pane, tanto meno dalle pietre, né gli angeli ci soccorrono nelle disgrazie. Semmai, il mondo sta in mano a potenze malvagie, che schiacciano i popoli con l’arroganza dei loro calcoli e la violenza della guerra. Proprio mentre il demonio vorrebbe far credere che il Signore è lontano da noi, portandoci alla disperazione, Dio viene ancora più vicino a noi, dando la sua vita per la redenzione del mondo.

Ed ecco il terzo aspetto: l’esito delle tentazioni. Gesù, il Cristo di Dio, vince il male. Egli respinge il diavolo, che tuttavia tornerà a tentarlo «al momento fissato» (v. 13). Così dice il Vangelo, e ce ne ricorderemo quando, sul Golgota, ancora una volta sentiremo chiedere a Gesù: «Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce» (Mt 27,40; cfr Lc 23,35). Nel deserto il tentatore viene sconfitto, ma la vittoria di Cristo non è ancora definitiva: lo sarà nella sua Pasqua di morte e risurrezione.

Mentre ci prepariamo a celebrare il Mistero centrale delle fede, riconosciamo che l’esito della nostra prova è diverso. Davanti alla tentazione, noi talvolta cadiamo: siamo tutti peccatori. La sconfitta, però, non è definitiva, perché Dio ci solleva da ogni caduta con il suo perdono, infinitamente grande nell’amore. La nostra prova non finisce dunque con un fallimento, perché in Cristo veniamo redenti dal male. Attraversando con Lui il deserto, percorriamo una via dove non ne era tracciata alcuna: Gesù stesso apre per noi questa strada nuova, di liberazione e di riscatto. Seguendo con fede il Signore, da vagabondi diventiamo pellegrini.

Care sorelle e cari fratelli, vi invito a iniziare così il nostro cammino di Quaresima. E poiché, lungo la strada, ci occorre quella buona volontà, che lo Spirito Santo sempre sostiene, sono contento di salutare tutti i volontari che oggi sono presenti a Roma per il loro pellegrinaggio giubilare. Vi ringrazio molto, carissimi, perché sull’esempio di Gesù voi servite il prossimo senza servirvi del prossimo. Per strada e tra le case, accanto ai malati, ai sofferenti, ai carcerati, coi giovani e con gli anziani, la vostra dedizione infonde speranza a tutta la società. Nei deserti della povertà e della solitudine, tanti piccoli gesti di servizio gratuito fanno fiorire germogli di umanità nuova: quel giardino che Dio ha sognato e continua a sognare per tutti noi.

 

Il Cardinale vicario di Roma Baldo Reina apre la Porta Santa di San Giovanni

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ultimo aggiornamento 16 aprile, 2025