LA PEDAGOGIA DI M. SPERANZA: UNA LUCE ACCESA NELLA STORIA DEGLI ANNI ‘30
PANORAMICA POLITICA, SOCIALE E RELIGIOSA
Per capire bene l’importanza dell’opera educativa di Madre Speranza Alhama Valera nella Spagna degli anni ‘30, bisogna avere una visione, almeno generale, della situazione storica, socio-economica ed educativa che viveva la Spagna della prima metà del XXº secolo.
Non vorrei dilungarmi sull’aspetto
storico, ma credo necessario fare alcuni accenni a questa situazione perché possiate capire l’enorme servizio sociale e nello stesso tempo misericordioso, che Madre Speranza svolse a favore dei più piccoli e bisognosi, i poveri , soprattutto dei bambini, dei giovani e delle loro famiglie.Nel periodo che va dal 1920 al 1950 possiamo dire che esistevano due Spagne molto diverse:
Una Spagna idealizzata, romantico-nazionalista, sostenuta dai mandatari, propria della nobiltà, e da una plutocrazia industriale, formata da i pochi ricchi.
Un’altra Spagna, più numerosa, povera e disorganizzata, quella del popolo; caratterizzata da un grave problema agrario-latifondista, e da uno sviluppo industriale scarso e retrogrado.
Il 14 aprile del 1931 il re Alfonso XIIIº capì che il suo regno era finito e partì per l'esilio. Quello stesso giorno alle 18,45 fu proclamata la IIª Repubblica Spagnola. Così dall'aprile 1931 al luglio 1936 (5 anni) si ebbero ben ventinove governi con 10 diversi Presidenti, col predominio tanto della destra come della sinistra, sino ad arrivare, durante la guerra civile, alla dettatura del proletariato. (
Eduardo Mendoza, Riña de Gatos)Molti intellettuali alzarono la loro voce contro il caotico regime politico, ma dovettero abbandonare la Spagna ed intraprendere la via dell’esilio; fra loro: lo scrittore Miguel de Unamuno, il filosofo Ortega y Gasset, il medico Gregorio Marañón, il pedagogo Fernando de los Ríos, il poeta Antonio Machado, e tanti altri.
Il programma tentato dagli uomini della IIª Repubblica era molto ambizioso comprendeva: la europeizzazione del Paese, la liberalizzazione dell'insegnamento, una maggiore attenzione alle rivendicazioni operaie. Ma, naturalmente, questo tentativo di riforma trovò come oppositori i latifondisti, quasi tutti nobili, i finanzieri e gli industriali. Combattere queste forze e nello stesso tempo procedere alla riforma dell'esercito e dell'Amministrazione dello Stato era un compito molto superiore alle possibilità dei partiti repubblicani; molto di più se si considera che, per la loro violenta aggressione ai principi religiosi del popolo, si alienarono le simpatie delle classi medie e della maggior parte del popolo. La società spagnola si divise in due settori definitivamente avversi: quello dell'"ordine" e quello della "rivoluzione".
Altri problemi che doveva affrontare la Spagna dell’inizio del secolo XX° erano: la mortalità infantile - molto superiore alla media europea - e l’immigrazione verso le grandi città.
Tra il 1.900 e il 1950, alcune città come Madrid, Bilbao, Oviedo e San Sebastiano triplicarono la loro popolazione. Queste moltitudini, che riempivano le città, erano stata spinte dalla miseria e dalla fame ad abbandonare i campi e portavano in fondo al cuore il risentimento e l'odio verso le classi privilegiate (Cf., I Santi Innocenti di Miguel Delibes).
La IIª Repubblica e la religione
L'atteggiamento della IIª Repubblica nei confronti della religione fu veramente contraddittorio, perché, sebbene da una parte manifestava la più completa neutralità al riguardo (l'articolo 3° diceva esattamente: "Lo Stato spagnolo non ha una religione ufficiale"); dall'altra cercò di portare avanti una politica anticlericale e antireligiosa, in evidente contrasto con i sentimenti religiosi della popolazione, nella sua quasi totalità cattolica. Infatti, abolì molte Congregazioni religiose, perché, a giudizio dei governanti "potevano costituire un pericolo per lo Stato".
Le Congregazioni rimaste in vita furono considerate delle "associazioni", soggette ad un particolare statuto, che fu pubblicato nel 1933. Secondo questo statuto tutte le Congregazioni dovevano presentare annualmente allo Stato il conto esatto delle entrate e delle uscite. L’articolo 26 sopprimeva il contributo dello Stato ai sacerdoti e proibiva al clero, regolare o secolare, l'esercizio dell'industria, del commercio e dell'insegnamento. L'articolo concludeva dicendo che tutti i beni delle Congregazioni religiose potevano essere nazionalizzati..
Pio XI nella sua enciclica "Dilectissima nobis", rendeva note tutte le vessazioni subite dalla Chiesa in Spagna, e le paragonava con quelle subite in Messico e in Russia.
Dalla persecuzione delle idee a quella delle persone il passo fu breve. Il 15 aprile 1936 Calvo Sotelo, nell'assemblea di "Las Cortes", dichiarava che dal 16 febbraio al 2 aprile si erano incendiate, insieme ad altri stabilimenti pubblici e privati, 36 chiese. Una raffica di sangue e di furore si era scatenata sulla Spagna, producendo, in appena un mese e mezzo 345 feriti e 74 morti. Questo numero di martiri crebbe durante la guerra civile del ’36. Le vittime religiose arrivarono a 6.832, tutte loro nel territorio repubblicano, fra le quali 13 vescovi, 4.184 sacerdoti, 2.365 religiosi e 283 religiose.
Il professore J. García Carrasco interpreta così questo attacco alla Chiesa:
"La rabbia degli anarchici spagnoli contro la Chiesa è la rabbia di un popolo intensamente religioso che si sente abbandonato e deluso. I preti e i frati lo avevano abbandonato in un momento critico della sua storia per buttarsi in braccio ai ricchi... Perciò quando si lanciarono alla lotta per la loro utopia cristiana, non fu con la Chiesa, ma contro di essa. Persino la stessa violenza può essere qualificata come religiosa"
Vedremo come la Madre ha una concezione molto simile.
I fini educativi in quell'epoca riflettevano uno spirito classista, opposto all'aspirazione, oggi generalizzata, di democratizzazione dell'insegnamento.
Esisteva una scuola che godeva di grande prestigio, portata avanti dagli ordini religiosi, tanto che gli stessi uomini di Stato che si professavano laicisti, affidavano l'educazione dei loro figli ai religiosi. Lo stesso Salvador Madariaga affermava che "l'opera maestra della Chiesa in Spagna è stato lo sviluppo di un grande sistema di insegnamento". Ma il problema della scuola cattolica, oltre all’opposizione da parte del Governo, era il suo costo.
Non aveva, infatti, nessun contributo dall’Amministrazione, e purtroppo era inaccessibile alle classi popolari.Bisognava far fronte alle necessità educative di una società spagnola di 18 milioni di abitanti, dei quali quindici e mezzo erano braccianti agricoli, e duecento sessanta mila veramente poveri.
Nel 1920 la Spagna contava il
52,2 % di analfabeti, la diminuzione rispetto all'anno 1875 era stata dello 0,38%. Secondo le statistiche ufficiali nel 1925 mancavano nella Spagna 10.148 scuole; numero probabilmente molto maggiore considerando che l’informazione proveniva dallo Stato. Soltanto a Madrid 20.000 bambini in età scolare erano privi di scuola, e molte di esse non meritavano tale nome.Uomini di grande influenza nel mondo culturale, come Unamuno, rilevarono il bisogno urgente d’istruzione e la necessità di sopprimere questo classismo culturale esistente nella nazione spagnola. Diceva:
"La nostra società presenta, rispetto al sapere, le stesse disuguaglianze che nelle terre, giacché, insieme ad una minoranza di grandi ricchi c'è una moltitudine immensa di bisognosi; [...]. Ci sono molti che ancora non sanno nemmeno leggere, altri è come se non sapessero, e poi un piccolo gruppo di isolati in se stessi, che divorano idee che non possono restituire, consumando eccessivamente e senza produrre... quelle intelligenze profonde e tenaci che corrono senza profitto per il prossimo... potrebbero costituire la base ferma della ricchezza spirituale e della fraternità patrie.
Per questo, c'è bisogno soltanto di un soffio d'amore capace d’ incanalare le energie oggi disperse, e la convinzione che non si tratta soltanto di un’opera di misericordia, ma di un dovere di giustizia, insegnare a chi non sa".Per Unamuno gli intellettuali dovevano essere maestri del popolo giacché il monopolio e il lusso della scienza è una maledizione; "inaridisce i cuori e spegne in essi la luce della speranza, della carità e della fede".
Giner de los Ríos auspicava per i maestri una formazione "capace di svegliare nelle loro anime ...l’ amore a tutte le grandi cose, alla religione, alla natura, all'arte; una coscienza trasparente per le cose nobili, dignità nei modi, semplicità, sobrietà, tatto, e infine, quello spirito di educatore che è capace di rimuovere, come la fede, le montagne, e che porta nel suo seno, forse come nessun altro, l'avvenire dell'individuo e della patria".
Manuel B. Cossìo in una conferenza tenuta all'Ateneo di Madrid si lamentava cosí:
"Bisogna essere profondi nella vita, e se andiamo in profondità vedremo che non significa avere delle scuole primarie, le 27.000 mal contate che abbiamo, nelle condizioni che tutti conosciamo, quando per la popolazione spagnola ci vorrebbero 100.000 ... Si dice che abbiamo dei programmi, e dei programmi completi, in realtà nei nostri programmi appaiono le applicazioni tecniche, il canto, la ginnastica, tutto ciò che si possa desiderare, ma voi sapete che tutto questo nelle nostre scuole, almeno nella loro maggioranza, non esiste... [Si dice che abbiamo scuole materne e non arrivano a 500 in tutta la Spagna; che abbiamo scuole per adulti, e funzionano tre, quattro, tutt'al più cinque... ]Dei locali meglio non parlare. Non si è forse detto nell'assemblea degli ispettori che ci sono delle scuole in cui il feretro viene deposto proprio sulla cattedra del maestro prima del funerale?".
Alfredo Calderón: "Io credo con Giner, con Unamuno e con tutti coloro che qui sanno pensare e sentire rettamente, che il problema della Spagna è un problema pedagogico, e che la rigenerazione della patria deve venire dalla scuola".
Andrés Manjón "I nostri mali provengono in gran parte dall'ignoranza, siamo cattivi perché non ci è stato insegnato ad essere buoni... l’apatia, la freddezza, l'indolenza e la trascuratezza sono stati gli insegnamenti che abbiamo ricevuto".
Madre Speranza non è un’intellettuale, ma una donna pratica che capisce bene il momento storico in cui vive e la necessità di mettere in pratica tutte queste idee perché diventino una realtà.
Ciò che di Lei ci lascia veramente perplessi è la chiarezza di vedute sulla reale situazione sociale e politica della Spagna in quel 1931; la causa, anche secondo Madre Speranza, era da attribuire all'ignoranza e alla miseria delle classi umili, che le rendeva utili strumenti nelle mani dei politicanti e degli anarchici.
Ella va ancora più in là degli intellettuali e prevede un futuro oscuro:
"Per questo, si avvicina una terribile rivoluzione, giacché i poveri, per la loro ignoranza religiosa e intellettuale, sono un vero disastro e i nemici della fede sanno bene che possono spingerli a grandi massacri con piccoli sforzi".
La visione cristiana della vita porta Madre Speranza a vedere con chiarezza che il desiderio di Dio, è contribuire a creare una società nuova, più umana, giusta, cristiana, e i religiosi dovevano contribuire a questo.
"Sembra, figlie mie, che i profondi colpi della giustizia divina avrebbero dovuto commuoverci profondamente, ma, purtroppo, non è stato così, anzi, siamo convinti che soffriamo un martirio o castigo immeritato, se non imposto. E con questo, lungi dal disarmare il braccio della giustizia divina, noi religiosi lo obblighiamo a mandare nuovi flagelli".
Proponeva, perciò, ai Religiosi, soprattutto alle Ancelle da lei fondate, di rimanere accanto ai poveri, dando una testimonianza eroica con la loro presenza; mentre con la fuga, diceva, niente di buono si poteva ottenere e si sarebbero perse molte occasioni di fare del bene.
"E' doloroso vedere come, in questi tempi di lotta, molti Religiosi pensano solo a come potrebbero scampare il pericolo... Chiediamo invece al Signore che ci dia il coraggio e la forza di non vergognarci... di apparire come amici suoi e che con tenacia sappiamo difendere la Gloria divina e siamo disposte a soffrire tutto, senza omettere di insegnare al bambino l'amore che deve a Dio, e che si abitui a vedere in Lui un Padre pieno di bontà... E' arrivato il momento di darci pienamente all'esercizio della carità, e in questi momenti sarà un omaggio di fede e di fiducia alla Divina Provvidenza".
L’interpretazione
sociale e l’opera della Madre Speranza
Fin dall’anno 1927 aveva sentito la voce del Signore che la spingeva a diffondere la dottrina dell’Amore Misericordioso, quindi volle offrire la sua vita e tutta la sua attività per rendere manifesta la misericordia di Dio in mezzo a quella enorme confusione politica, sociale e pedagogica della sua epoca.
La sua risposta non si fece aspettare e la notte di Natale del 1930 fonda a Madrid la Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, e il 14 aprile del 1931, lo stesso giorno in cui veniva proclamata la 2ª Repubblica, caratterizzata dalla sua antireligiosità, apre il primo collegio e commenta: "Quando gli uomini vogliono cacciare Dio dal mondo per odio, Lui vuole rimanere nel mondo per amore".
Madre Speranza fa un analisi dei problemi del suo tempo con uno stile puramente evangelico. Lo stesso stile che Cristo ci insegna nelle parabole della misericordia. Pensiamo alla parabola del Buon samaritano;
Madre Speranza
1. Lo vide
vede il bisogno del suo popolo.
2. Sentì compassione di lui.
Sente compassione, amore e misericordia per questo popolo immerso nell’ignoranza.
3. Si avvicinò
Si avvicina ai poveri e ai bisognosi
4. Curò le sue ferite.
Coprì le loro necessità più urgenti: amore, pulizia, cibo e istruzione.
5. Lo caricò su di sé e lo portò in una locanda.
Crea dei centri, con uno stile proprio:
- Spirito di famiglia, dove le suore debbono essere delle vere madri per gli allievi.
- in un clima di amore, di gioia e di, affabilità
- ed offre un’ educazione integrale che arrivi a tutti gli aspetti della persona.
Senza risorse economiche, ma con una fiducia assoluta nella Provvidenza e la certezza che era questa la volontà di Dio, la Madre Speranza dispiega un’attività sbalorditiva:
All' apertura del primo collegio il 14 aprile del 1931 seguì a giugno dello stesso anno quello di Alfaro. Nella provincia di Logroño, acquistò un gran palazzo che disponeva di 150 stanze, un gran piazzale e un orto; qui si aprirono un collegio convitto ed una scuola, per dare la possibilità ai bambini esterni di frequentarla insieme con gli interni.
A queste prime fondazioni ne seguirono altre:
Hecho, nei Pirenei, il 19 marzo 1932,;
Bilbao nel 1932, con l'appoggio della signorina María Pilar de Arratia, il cui nome e la cui vita rimarranno per sempre legati alla Congregazione dell'Amore Misericordioso. Questo collegio nel 1937 si trasferì all’attuale edificio.
Il 29 ottobre 1933 si aprì il collegio di Larrondo (Biscaglia).
Nel 1933 s’ inaugura el collegio de Santurce (Biscaglia).
Nel 1934 si apre il collegio de San Sebastiano,
Nello stesso anno si apre pure il collegio de Sestao.
Nel 1935 fonda un altro collegio a Colloto, Asturias, in una regione di minatori, dove la propaganda comunista e anticristiana era molto forte.
Ancora nel 1935 apre, una casa in Ochandiano, Alava, da lei chiamata la "casa di tutti" perché dava rifugio oltre che agli anziani in essa ricoverati, anche a tutti i poveri che arrivavano; (fu distrutta durante la guerra spagnola).
Nel 1936 si trasferisce a Roma, dove fonda il primo collegio in Italia, Villa Certosa
Nel 1938 , anche se ha la sua residenza a Roma, la Madre Speranza apre i collegi di Villava, Pamplona e di Menagaray, Alava.
Soltanto 4 di questi collegi hanno in questi momenti un’altra finalità, gli altri continuano ancora con la loro funzione originaria, e in ognuno di essi s’imparte un’educazione
regolata e di qualità ad una media di 380 bambini e bambine, tra i 0 e i 16 anni.A queste fondazioni spagnole seguirono quelle in Italia, Todi, Pavia, Genova, Fratta Todina, Collevalenza, Francenigo, Borsea, Fermo, S. Vittoria in Materano, Vazzola, e in Germania, Ludwigshafen...
L'ideale educativo di Madre Speranza, era creare una scuola di qualità per i poveri, ma in quel panorama sociale si vide costretta ad attendere in primo i bisogni più urgenti dell'infanzia bisognosa: pulizia, alimentazione, alloggio, abiti di condotta; tuttavia, l'educazione-istruzione dell’ infanzia e della gioventù costituì -e costituisce ancora oggi -, la principale opera a cui dedicò la sua Congregazione:
non è possibile ai poveri, e molto meno nella Spagna dove l'educazione del povero è tanto trascurata"."Nel mese di maggio del 1929 capì che doveva realizzarsi la fondazione di una Congregazione, chiamata Ancelle dell’ Amore Misericordioso, che avrebbe avuto lo scopo di aprire dei collegi ed educare in essi bambini orfani, poveri e figli di famiglie numerose e delle classi umili della società... eliminando da questi collegi tutto ciò che possa conferire aspetto di asilo... Capì, anche, che in questi collegi i bambini dovevano ricevere una solida educazione; inoltre, coloro che per la loro intelligenza fossero capaci, potessero accedere agli studi superiori... giacché questo, in genere,
E stabilì nelle Costituzioni della sua Congregazione che: "Tra le opere di carità in primo luogo è l’educazione e l'istruzione dell'infanzia bisognosa.
Opera ardua da realizzare in quel particolare momento storico, ma che avrebbe caratterizzato il suo Istituto attraverso gli anni.
Ancora nel 1968, in una delle ultime esortazioni a tutte le Suore della Congregazione, Madre Speranza affermava:
"Siamo nate per i poveri e il Signore non permetterà che ci manchi il necessario se noi siamo fedeli alla nostra vocazione".
L’EDUCAZIONE PER MADRE SPERANZA
Se ci domandiamo se
M. Speranza è stata una pedagogista, dovremmo risponderci di no. Ella,
infatti, non ha formulato, intenzionalmente, una teoria pedagogica
sistematica; ma, data la sua mentalità pratica, capiva bene che quello che
mancava non erano le teorie, ma le azioni. E nella sua attività ha seguito
dei principi ben precisi che ha lasciato sparsi nelle pagine dei suoi
scritti. Fu perciò sempre una educatrice vivace, geniale ed efficiente.
Il sistema pedagogico di M. Speranza è perfettamente in linea con la concezione cristiana dell'educazione, caratterizzata dalla tendenza all'unità e alla sintesi. La pedagogia d’ispirazione cristiana, lungi dal menomare la natura umana, la eleva, la vivifica, la benedice. Essa propone il concetto dell'uomo totale, uno, con la sua personalità autonoma, con la sua anima immortale e con la sua aspirazione verso Dio.
Tutti gli insegnamenti, da quello fisico a quello morale acquistano nuova dignità in funzione dell'uomo nella sua interezza.
L'educazione morale e l'educazione religiosa sono inseparabili, giacché l'educazione del carattere e della volontà, che costituiscono l'educazione morale, non possono essere durature, complete ed umane se non sono dirette al centro più profondo dell'uomo, cioè alla sua trasformazione morale-religiosa.
Questo non toglie valore agli altri insegnamenti, anzi riconosce che i risultati dell'educazione nei diversi piani: fisico, intellettuale, professionale, sociale, civico, sessuale, estetico, dipenderanno in gran parte dal carattere, dalla moralità e dalla religiosità dell'individuo.
E' fondata, quindi, la preminenza che assume, non soltanto in Madre Speranza, ma in tutta la pedagogia cattolica, l'educazione morale. Essa viene considerata non un aspetto dell'educazione da mettere accanto ad altri, ma diventa il fine stesso dell'educazione.
Dire "educazione morale", perciò, è una espressione tautologica in quanto l'educare è sempre un educare alla vita morale e d'altra parte un vivere morale è di per se stesso un fatto educativo... L'esercizio della moralità ha un ambito segnato a monte dall'esperienza religiosa e a valle dal comportamento. Quando si assume, infatti, la prospettiva cristiana della vita, non solo si determina una precisa scelta etico-religiosa, ma anche pedagogica; poiché il Vangelo esige una dedizione integrale, così l'educazione deve corrispondere ad una formazione altrettanto integrale.
Concezione e origine dell’uomo
Il primo principio che cerca di fondare Madre Speranza nei suoi scritti é quello dell'origine e del fine dell'uomo.
L'origine dell'uomo è Dio che, nella sua infinita bontà, ha creato innumerevoli esseri, superiori ed inferiori all'uomo, e ad ognuno ha dato una missione particolare.
L'essere umano, essendo stato creato diverso dagli animali e dagli angeli, è evidente che porti nella sua stessa struttura la volontà di Dio, che diventa per lui la sua vocazione. La vocazione primordiale dell'uomo, quindi, è quella di "essere uomo".
Egli, perciò, non potrà realizzare pienamente la sua vocazione divina se non realizza in primo luogo la vocazione umana, cioè lo sviluppo di tutte quelle funzioni o potenze che Dio ha messo nella sua natura.
La persona sulla terra ha due fini: un fine primordiale, che é l'unione con Dio, ed un fine particolare, che è il raggiungimento del fine primordiale in modo tutto personale, attraverso lo sviluppo di tutte le sue capacità. A questo deve essere indirizzata l'opera educativa. Cioè dobbiamo crescere.
Il ruolo delle creature
Dio vuole che cresciamo in questo mondo e che dilatiamo le capacità del nostro essere per l'eternità; sono le creature che ci aiutano in questa crescita, noi infatti ci serviamo di loro.
L'uso delle cose contribuisce al nostro sviluppo fisico, razionale, intellettuale e morale; tuttavia l'uomo può servirsi delle cose create non per la propria costruzione, ma unicamente per la propria soddisfazione. Così il piacere da mezzo diventa fine. Ecco il male. Anziché progredire nella perfezione l'uomo si ferma. E' questa la prima tentazione della nostra natura e la più forte inclinazione. Il male non è nel desiderio della soddisfazione, quanto nel modo con cui la cerchiamo e nello squilibrio che operiamo in noi per appagarla.
E così come non dobbiamo trascurare il soprannaturale per il materiale, nemmeno dobbiamo tralasciare la parte materiale per quella spirituale. Non siamo né puro spirito né pura materia, ma l'unione dell'uno e dell'altra.
Questa idea acquista nelle Lettere della Madre un tono profondamente umano e familiare, così dice alle Superiore: "Ci sono delle Superiore che rivolgono tutta l'attenzione alle cure temporali trascurando il profitto spirituale delle anime. Ci sono altre che, ritenendosi molto spirituali, mettono tutto il loro interesse nella cura spirituale, lasciando da parte la cura materiale, abbandonando perfino le malate, e così s'inquietano per le coscienze di tutte dimenticando la carità".
Quindi, il rapporto educativo consisterà, secondo Madre Speranza, nell'aiutare gli altri a raggiungere la perfezione nel grado più alto che i condizionamenti fisici e psichici permettono, tenendo sempre di vista il fine.
La persona é perfetta quando ha raggiunto tutte le possibilità di sviluppo. Ma esiste pure una perfezione relativa in quanto la persona, nella vita, va acquistando diversi gradi de perfezione; questi fini parziali sono come dei gradini per arrivare alla perfezione assoluta. La persona si avvicina alla perfezione in modo graduale e progressivo. Perciò nell’educazione, secondo la M. Speranza, ha molta importanza la pazienza.
L’educazione é il raggiungimento della virtù.
L'educazione come raggiungimento della perfezione si fonda sulla conoscenza di Dio e di noi stessi:
"La conoscenza di Dio ci porta direttamente all'amore. La conoscenza di noi stessi ci farà stimare nella giusta misura ciò che Dio ci ha dato e ci muoverà al ringraziamento e ad un ulteriore sviluppo".
Anche se la natura umana possiede questa capacità di perfezionarsi, tuttavia l'uomo rimane totalmente libero di aderire o meno alla proposta divina.
Di fronte ai numerosi ostacoli che impediscono o rallentano il progresso della propria formazione, bisogna rinnovare sempre l'impegno ma senza sforzi disperati che farebbero desistere, prima o poi, dall'impresa:
"Gli sforzi violenti non sono mai durevoli, e i presuntuosi si scoraggiano davanti ai primi fallimenti; per andare avanti é sufficiente un desiderio tranquillo, sereno e riflessivo, fondato nella conoscenza e nella onnipotenza della grazia di Dio".
Per la Madre, la vita é una grande scuola di perfezione, e ci pone in guardia su due pericoli che potremmo trovare nel nostro cammino: il primo é la pigrizia, cioè, desiderare di essere perfetti ma rimandare ad un altro giorno il mettere in pratica i mezzi per raggiungerla. Il secondo é il disprezzo delle piccole cose; cioè rimanere in attesa delle grandi occasioni e lasciar perdere quelle piccole che la vita ci offre giorno per giorno.
Ecco dunque che nella concezione cristiana niente di umano viene perso; non è un trascurare il temporale per l'eterno, ma è un formarsi per mezzo dei beni temporali ad una pienezza di vita, la più alta possibile, per l'eternità. Così l'intelligenza acquista un gran valore perché, essendo il primo principio degli atti umani, essa ci dice ciò che dobbiamo fare e ciò che dobbiamo evitare in rapporto al fine ultimo.
La Madre ci presenta le virtù come delle potenzialità ordinate al bene, come quelle che potenziano e umanizzano il nostro agire; sono l’aiuto di Dio per illuminare il nostro intelletto e rafforzare la nostra volontà. Così pure le passioni, che ben dominate e ben gestite, sono delle forze che ci spingono ad agire.
Il rapporto educativo
Madre Speranza
concepisce l’educazione come un servizio reso al prossimo per amore e con
amore. "Se vi circondate della luce del Signore, sarete voi stesse luce,
e in questa luce divina lavorerete con frutto nella vostra perfezione e in
quella dei bambini a voi affidati. e così come la luce ha due effetti
principali che sono: diffondere intorno il chiarore e il calore, così la
grazia di Dio produce altri due effetti simili: illuminare l'intelletto e
vivificare la volontà".
Diceva Andrés Manjón: Siamo cattivi perché nessuno ci ha insegnato ad essere buoni. Cioè il bene s’impara.
Madre Speranza viene ad esprimere la stessa idea quando dice. Noi siamo responsabili di quello che il povero faccia per ignoranza, per non conoscere Dio; così lo sviluppo delle capacità intellettuali deve precedere lo sviluppo delle virtù, perché è compito dell'intelletto presentare il bene alla volontà, affinché questa lo riconosca e lo accetti come tale. Ma per poter educare bisogna, in primo luogo, amare, poi testimoniare con la propria condotta ciò che si vuole insegnare; aiutare gli educandi a conoscere se stessi, le proprie debolezze e le difficoltà della vita, perché possano vincerle.
Tuttavia non bisogna esigere troppo dai fanciulli; bisogna saper rispettare il loro passo, saper farsi piccole tra i piccoli, e per questo è necessaria una grande dosi d’ umiltà:
"(L'educatrice) deve presentarsi piccola e umile di fronte agli educandi, senza mai pretendere di mantenere l'autorità con la forza. San Paolo diceva che si faceva piccolo tra i piccoli, e io vi dico, figlie mie, siate come madri: umili, prudenti e caritatevole e vi guadagnerete il rispetto, la fiducia, l'obbedienza e l'amore dei figli".
Virtù che deve possedere l’educatore
La Madre presenta
così la figura della educatrice:
Per poter guidare e dirigere gli altri, dobbiamo avere le virtù di una madre: carità, umiltà, rettitudine, riservatezza, prudenza; dobbiamo possedere anche altre doti di carattere, come: l’apertura, la fermezza, la costanza, un vero desiderio della perfezione delle persone a noi affidate, e perciò dobbiamo saper vegliare, comandare, istruire, correggere, dirigere, incoraggiare e consolare. Non meravigliarci mai delle miserie altrui ed accogliere con amorevolezza i più bisognosi e pieni di difetti. Essere capaci di riconoscere il proprio errore, e rettificare; perché mai si perde autorità per tornare indietro quando uno si accorge di avere sbagliato; tuttavia, non bisogna cambiare facilmente le decisioni prese, perché questo potrebbe significare mancanza di riflessione e potrebbe generare negli altri insicurezza e diffidenza.
Regole d’oro per essere ubbiditi dai bambini
1º. Che i comandi siano i minimi indispensabili.
2º. Che siano impartiti in modo breve e chiaro.
3º. Che siano giusti e facili da eseguire.
4º. Parlare poco ed ascoltare molto.
5º. Quando parliamo farlo in modo da non dover cambiare, nemmeno una parola, se ci fosse una moltitudine ad ascoltarci.
6º. Non creare mai inquietudine o sfiducia negli educandi.
7º. Il nostro agire sia sempre chiaro e privo d’ambiguità.
8° Il bene sia sempre bene e il male sempre riconosciuto come tale.
Per essere ubbidite bisogna farsi amare, e chi non si prende cura di guadagnare i cuori e si accontenta di vigilare, comandare, riprendere e castigare, mai sarà una madre ma una dura signora.
Lo spirito materno,
l’affabilità e l'indulgenza, che sono l’espressione della carità, pervadono
tutta l’opera educativa di M. Speranza; è essenziale sentire come propri i
figli che la Provvidenza ci affida per poter procurare loro il meglio.
Tuttavia, Il migliore e il principale dei metodi educativi per la Madre Speranza è l’esempio. "Niente vedano in voi che loro non possano fare". "I consigli che non vanno accompagnati dall’esempio nulla valgono".
Spirito di collaborazione ed aiuto reciproco.
Per Madre Speranza é molto importante il lavoro in perfetta collaborazione. "Il saggio che pretende bastare a se stesso si impiccolisce fino al suo scarso valore individuale e non vede se non a metà".
Quindi, non soltanto, dobbiamo accogliere bene i consigli che ci vengono dati, ma perfino bisogna cercarli con umiltà e desiderio di metterli in pratica, senza dimenticare mai che la presunzione offusca l’intelligenza. "E il Signore lo permette, dice la Madre, perché ricorriamo al parere di quelli che vedono ciò che noi non vediamo ed ascoltiamo i loro consigli". la Madre, perciò, consiglia a tutti noi di aprirci al dialogo fraterno e ad una sana collaborazione per non disperdere le forze.
L’autorità e le correzioni
L’autorità deve
essere sempre fondata sulla carità e sulla mansuetudine. Inoltre non bisogna
mai confonderla con la rigidità e l’intolleranza. Il malumore, l’ira,
l’egoismo, l’orgoglio, l’amor proprio mai hanno degli effetti positivi.
In primo luogo bisogna far nascere nel bambino un grande rispetto per l'autorità di Dio, perché l'autorità è un attributo che corrisponde a colui che è autore e l’Autore per eccellenza è Dio.
Nello stesso tempo bisogna che il bambino impari ad amare e a rispettare i suoi genitori e i superiori, e questo lo otterremo se noi per prime amiamo loro.
Nell’educazione la correzione é inevitabile.
La correzione deve procedere dal desiderio di rendere i bambini buoni e virtuosi; perciò è necessario reprimere l'ira, tanto interna quanto esterna e usare grande benignità. Prima di giudicare l'operato di un educando bisogna considerare bene non soltanto l'opera in sé, ma anche l'intenzione con cui è stata compiuta: "Se l'opera è buona, è un errore prenderla per cattiva, se è dubbiosa non bisogna attribuirla al vizio, e se veramente è cattiva, vedi come puoi salvare l'intenzione e attribuirla alla fragilità, all’ignoranza e alla debolezza".
Per fare una correzione, la Madre considera una serie di elementi che deve tener presenti colui che la fa: La correzione anzi tutto é un atto di misericordia il cui fine é rendere migliore all’altro. Tenendo presente che le virtù che devono presiedere la relazione educativa sono la carità, il rispetto, l’affabilità e la condiscendenza , nel correggere bisognerà:
correggere soltanto quando si ha l’animo sereno e lo spirito tranquillo e reprimere l’ira, tanto interna come esterna. Perciò é consigliabile aspettare che il fuoco dell’impetuosità sia passato e che la pace e la serenità si siano ristabilite nel nostro animo;
prendere le cose con pazienza, pregare e ammonire con carità;
tener in conto non soltanto l’azione ma anche l’intenzione, e se questa é buona, attribuire l’azione alla fragilità, all’ignoranza o alla debolezza.
usare la più squisita prudenza, perché l’imprudenza fa perdere ad ogni azione il suo merito;
evitare l’irritazione, le minacciare e gli insulti, le parole poco educate... E’ tanto facile gridare e castigare, che per farlo non abbiamo bisogno di maestri, perché lo portiamo nella nostra natura;
molte volte non é buono correggere nello stesso momento in cui si vede lo sbaglio, perché si impedisce all’altro di accorgersi da solo del proprio errore. (con i bambini piccoli la correzione é meglio farla subito, perché possono dimenticare il motiv della correzione).
La correzione è un dovere sacro che non bisogna trascurare per nessun motivo: La vera madre accetta tutto, veglia su tutto e cerca di rendere forte lo spirito dei figli. E' cosciente che l'autorità non la trasforma in una nuova creatura e perciò anche lei è capace di sbagliare... per questo non si meraviglia dei difetti altrui, e con uno sguardo materno e costante segue i suoi figli rendendosi conto ... perfino dei più piccoli atteggiamenti della loro condotta. Il castigo e la correzione infondono saggezza, mentre il bambino abbandonato al proprio capriccio è simile ad un cavallo indomito che sprofonda nel precipizio. Ma una volta corretto il bambino di un difetto, non bisogna ricordarglielo più, perché la correzione non è né un insulto, né un oltraggio, ma un atto di carità.
Perciò, - conclude - penso che per educare i bambini c’è più utile il cuore che la scienza, avere più pazienza che metodo ed essere per loro più madri che maestre.