Centocinquantatre

 

Si legge, nel IV Evangelo (cf. Gv 21, 4-11) che la rete gettata in mare sotto la parola del Risorto fu tratta colma di grossi pesci, centocinquantatre nell’enumerazione esatta datane dal Redattore evangelico.

A parte la questione se tale numero corrisponda o meno ad un’operazione di conteggio realmente effettuata (poco probabile, forse, se si tiene conto degli avvenimenti narrati e del clima emotivo che doveva essersi stabilito in quei momenti nell’animo dei Discepoli), si osserva che 153 è la somma di 144 e di 9.

Centoquarantaquattro è il "quadrato" (o "seconda potenza") di 12, cioè 12 x 12; similmente nove è il "quadrato" (o seconda potenza) di tre, cioè 3 x 3.

Oggi, nel linguaggio ordinario, per esprimere una situazione od un concetto "estremo", si usa dire, con espressione presa a prestito dall’aritmetica, "ennesima potenza", cioè qualcosa portata proprio ai confini dell’esprimibile. All’epoca della redazione evangelica la matematica non si era evoluta, nell’espressione delle "potenze" oltre al due o al tre (quadrato, cubo); ma a buon conto il concetto era identico; applicato al linguaggio comune esprimeva questo portarsi ai confini dell’esprimibile.

Ora il "dodici" corrispondeva, nel linguaggio della cultura del Medioriente, all’idea della perfezione. Gli Assiri-Babilonesi, cultori di Matematica e di Astronomia, avevano individuato dodici costellazioni nel cielo, talché dodici furono i mesi dell’anno (del resto scandito da dodici lunazioni); e dodici erano le ore del giorno; e dodici quelle della notte. L’intero Cosmo era ordinato sulla base di dodici, numero quindi connesso all’idea dell’Ordine, della Perfezione. Dodici al "quadrato" era quindi come dire la Perfezione della Perfezione.

Ritroviamo questo numero e questo concetto ancora nell’area narrativa giovannea nell’Apocalisse, ove i "segnati" sono enumerati come centoquarantaquattromila; siccome "mille" corrispondeva nella mentalità antica, a "innumerevole", centoquarantaquattromila corrisponde a dire un’innumerevole quantità di "segnati" nella Perfezione della Perfezione. (Oggi: un innumerevole quantità di "eletti").

Quando al nove, "quadrato" di tre, lo si deve interpretare considerando che il tre rappresentava, nel linguaggio degli antichi, "il sacro" (Es: la Trinità); talché tre al quadrato assume il significato del "sacro per eccellenza".

In tale lettura "centocinquantatre", unione di 12 x 12 e di 3 x 3 si traduce come "la perfezione della perfezione unita, immersa, nel sacro per eccellenza".

Si tratta di un numero che trasmetteva cioè un messaggio di redenzione e di santità congiunte. Quale miglior "segno" per esprimere la Resurrezione e la Vita eterna?

Nell’esegesi cristiana la rete colma di pesci d’ordinario si interpreta come popolo ricondotto a Dio (cf. di Pietro il detto: Ti farò pescatore d’uomini).

L’intera narrazione è quindi un messaggio di Resurrezione e di Santità per coloro che saranno (sono) popolo di Dio, attratti a Cristo, perduti nell’amore di Lui.

Ing. Calogero Benedetti

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ultimo aggionamento 05 maggio, 2005