Verso una cultura della misericordia

A cura del CeSAM una serie di
riflessioni sulle sette Opere di misericordia spirituale (1)

 

 

Consigliare i dubbiosi

PROF.SSA DONATELLA PAGLIACCI

Dubitare, ci avverte il santo Dottore della Chiesa Agostino d’Ippona, in un dialogo giovanile sul libero arbitrio, può essere intesa come un’attività fondamentale, grazie alla quale, gli esseri umani si avvicinano, in maniera sempre più significativa, alla verità quella per cui ne va della nostra stessa esistenza. In tal senso, il dubbio coincide con la stessa ricerca e possiede un carattere essenzialmente positivo.

Questa prima accezione positiva del dubitare sembra, tuttavia, smentita dalla prassi quotidiana dove il dubbio è spesso indice di paura, di mancanza di fiducia, un’esperienza quasi paralizzante che impedisce alla persona di fidarsi di sé e di affidarsi all’altro. Dubbioso diventa, pertanto, espressivo di un atteggiamento di incredulità nei confronti della realtà e delle persone che abbiamo dinanzi, ma anche di sfiducia verso noi stessi, che ci induce a percepirci e pensarci incapaci di riconoscere il vero bene per la nostra vita. Il dubbio rivela e manifesta una specie di ripiegamento dell’essere umano, che smette di credere in se stesso, nelle proprie risorse personali.

L’incertezza da cui scaturisce il dubbio può essere un momento nella vita di una persona, che capita in circostanze particolari quando ad esempio ci si trova ad essere afflitti da una malattia, rispetto alla quale l’essere umano si sente sconfitto e incapace della benché minima reazione, oppure quando si è più semplicemente incerti sulla strada da percorrere, sulla scelta da fare in una determinata situazione.

Ma dubitare, vivere nell’incertezza, può anche divenire e rivelare un modo di essere di qualcuno che sembra incerto su tutto, sulla direzione fondamentale della propria vita, sulle scelte, sul futuro, sulla bontà e validità delle proprie esperienze passate. In questo secondo caso la persona rivela una sfiducia più radicale e un senso di scoraggiamento che investe le aspettative di vita, mettendo in discussione tutto, come ad esempio la validità e bontà dei propri desideri e bisogni, rischiando in tal modo di perdere lo slancio positivo necessario per affrontare le sfide che quotidianamente ci si pongono dinanzi.

Non è questo il luogo né il momento opportuno per indagare più approfonditamente questo atteggiamento di sfiducia degli esseri umani, ma crediamo sia importante provare a restituire a ciascuno un po’ di quell’ottimismo esistenziale che contrasta la paura.

Viviamo, infatti, in un tempo ricchissimo di opportunità, ma anche complicato e pieno di sfide, tempo nel quale anche lo sviluppo tecnologico può far crescere il disorientamento e l’incertezza di noi esseri umani. Infatti, accanto alla notevole agevolazione offerta attraverso i nuovi media, la velocità impressionante e disarmante con cui si svolge il progresso tecnico, spesso non consente a noi esseri umani si sentirci adatti e adeguati alle circostanze della vita ordinaria. La spinta verso l’efficienza e il successo, il senso di fallimento spesso conseguente alle fragilità umane non fa altro che accrescere la sfiducia e l’imbarazzo di molte persone nei confronti delle loro capacità e possibilità.

Nonostante questo nostro sentirci a volte paralizzati e impotenti, siamo anche capaci di esprimere e far emergere le nostre migliori risorse, riscoprendo e valorizzando tutte le nostre energie intellettuali e morali, creative e spirituali. I numerosi e silenziosi esempi di coraggio e di fiducia ci stanno dinanzi ogni giorno e ci restituiscono il ritratto più vero e più bello delle potenzialità umane. Esempi di rispetto e stima nei confronti dell’altro, che a volte sono dei veri e propri atti di eroismo, ci donano la misura della potenza inscritta nella relazione quando la fiducia e l’amore diventano il carburante del legame d’affetto che ci unisce.

La relazione può essere, infatti, pensata e vissuta come il luogo della cura, dell’accoglienza e della donazione, della prossimità che non invade i confini della riservatezza dell’altro. Essere con e per l’altro nel luogo e nel tempo nel quale l’altro vive, ama e soffre, sogna e spera vuol dire saper trovare le parole per incoraggiare e sostenere, accompagnare ed essere il prossimo dell’altro.

La fiducia nelle risorse, più o meno recondite, dell’essere umano diventa, in questo senso, quasi una parola "redentrice", che serve a sbloccare le difficoltà e le ritrosie, le paure e gli ostacoli che sempre si annidano tra le pieghe della nostra vita.

Dove le resistenze e le paure impediscono di guardare nella direzione giusta, bloccando la spinta del desiderio, la parola dell’altro, quando nasce dalla stima e dal rispetto, può essere davvero capace di risollevare lo sguardo afflitto e restituire la luce dopo l’oscurità della notte. Nella sua Lettera, Giuda ha esortato la comunità dei credenti a svolgere questo compito con amorevole dedizione e misericordia. Nell’invitare ad essere "misericordiosi verso quelli che sono indecisi" e salvarli "strappandoli dal fuoco" (Giuda, 22), ci consegna un compito che possiamo cominciare ad esercitare a partire da noi stessi.

Riconoscere nella nostra vita e in quella dell’altro, l’ostacolo e l’impedimento che alimenta la sfiducia e genera lo scoraggiamento è già un primo passo nell’esercizio di una compassione che ci impegna e ci rende responsabili di noi e dell’altro che, come noi, ha bisogno di essere incoraggiato e accompagnato alla scoperta della bellezza e possibilità inscritta in ogni passo del nostro cammino di vita. Ciascuno di noi sa bene di non avere bisogno delle soluzioni altrui alle proprie incertezze o ai dubbi che ci affliggono, abbiamo solo bisogno di accoglienza e ascolto, della fiducia e dell’accettazione che spesso difettano anche nelle nostre conversazioni più ordinarie.

Essere compassionevoli con gesti e parole di consiglio e di misericordia, infatti, non vuol dire sostituirsi all’altro, ma sentire l’emozione dell’altro, accompagnarlo a scoprire le opportunità che egli non è, momentaneamente, in grado di riconoscere, è soccorrerlo per risollevarlo per permettergli di procedere a poco a poco con più fiducia e coraggio, nella certezza che insieme si possono affrontare le sfide e superare le nostre rispettive e reciproche paure. Scoprire e apprezzare la bellezza delle nostre esistenze fragili è, dunque, un compito importante che ci viene affidato mediante la cura che dobbiamo prestare ai dubbiosi e agli incerti, un compito che tutti siamo chiamati a svolgere con misericordia e compassione.

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ultimo aggiornamento 15 marzo, 2018