ROBERTO LANZA

"Gesù mio, ho grande desiderio di santificarmi ad ogni costo e solo per dar gloria a te, ma vedo che il cammino della perfezione diventa sempre più duro […] Allora facilmente mi scoraggio e gemo senza rendermi conto che le tribolazioni e le sofferenze che mi schiacciano, sono una vera prova del tuo amore e del tuo desiderio di purificarmi" 1.

Chissà quante volte lo abbiamo sentito ripetere questo "slogan" in questi tempi del Covid: dovete lavarvi spesso le mani. Le nostre mani sono, infatti, in prima linea nella lotta contro il Coronavirus, noto anche come COVID-19, perché le mani di una persona malata possono contaminare le superfici con goccioline contenenti il virus. Se queste superfici vengono poi a contatto con le mani di persone sane, il virus può facilmente entrare nel loro organismo non appena ci si tocca il viso. Eppure, se scaviamo più a fondo anche in un linguaggio spirituale questo slogan può avere un significato profondo per la nostra vita di fede.

 

Tante volte nella Scrittura troviamo riferimenti a questa pratica, la legge ebraica per esempio imponeva diversi obblighi: dal lavarsi le mani da quando ci si svegliava, al momento prima di pregare, o prima di mangiare. Anche nel Nuovo Testamento troviamo dei riferimenti su questo tema, quando per esempio i Farisei chiesero a Gesù perché i suoi discepoli non si lavassero le mani prima di consumare cibo.

 

Tuttavia, l’espressione "lavarsi le mani", può anche assumere un altro significato, ossia può esprimere anche l’atteggiamento di chi non vuole prendere una posizione, un non sapersi schierare, di chi non ha la volontà di prendersi una responsabilità di fronte ad una scelta da compiere, per chi non è "né carne né pesce", insomma una sorta di "pulirsi la coscienza".

 

Tutto questo per dire cosa?

Dio stesso ha cercato e redento concretamente ogni uomo, soprattutto i deboli e gli ultimi. Se pensiamo agli orfani, alle vedove, ai poveri, “categorie” di persone a cui il Signore ha rivolto il suo particolare sguardo misericordioso e provvidente.

Voglio lasciare la risposta alla Madre Speranza: "Forse le figlie non si stanno santificando? Forse i miei figli non si comportano come dovrebbero? Per questo vi chiedo di essere dei parafulmini della giustizia del Signore con il vostro lavoro e con la vostra vita"2. Esiste un "lavarsi le mani" molto più pericoloso e devastante per la nostra fede, quello del "non mi importa", della scarsa attenzione, del disamore nei confronti di Dio e delle "cose" di Dio: "Prestiamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone"3.

Lavarsi le mani, allora, non per lavare via qualche senso di colpa, ma per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone per camminare tutti insieme nella santità. La relazione dell’uomo con Dio non si esaurisce soltanto negli atti di culto, si materializza anche con la pratica della misericordia e della carità nelle relazioni umane. Dio stesso ha cercato e redento concretamente ogni uomo, soprattutto i deboli e gli ultimi. Se pensiamo agli orfani, alle vedove, ai poveri, "categorie" di persone a cui il Signore ha rivolto il suo particolare sguardo misericordioso e provvidente.

Il solo carisma, al quale tutti noi dobbiamo aspirare, è la carità4, la carità è il dono di Dio all’uomo: "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio; chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore"5. Così si esprimeva la Madre Speranza: "Il mondo sfugge quelli che piangono e allora gli afflitti pur avendo bisogno di sfogarsi si isolano. La nostra accoglienza sia per loro un’ancora di salvezza. È importante allora capirli e immedesimarci con empatia nelle loro situazioni; dal momento che si vedranno capiti si sentiranno confortati e le nostre parole scenderanno come balsamo salutare sulle loro ferite"6. La buona notizia dell’Amore Misericordioso è che l’amore si è reso credibile: "amerai il prossimo tuo come te stesso".

Prestiamo attenzione, ri-educhiamoci alla responsabilità verso il fratello, ossia osserviamo bene, siamo attenti, guardiamo con consapevolezza. Non facciamo prevalere l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la "sfera privata". Anche oggi, nei tempi del Covid, risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell’altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere "custodi" dei nostri fratelli7 di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell’altro e a tutto il suo bene.

Quante persone non hanno una casa dove andare, non trovano orecchi che sanno ascoltare, mani che sanno sollevare, occhi che sanno vedere, un cuore che sappia consolare.

Quante persone non hanno una casa dove andare, non trovano orecchi che sanno ascoltare, mani che sanno sollevare, occhi che sanno vedere, un cuore che sappia consolare. Non è un vago intervento consolatorio quello che ci è richiesto: "state tranquilli", "fatevi coraggio", ma è un puntuale richiamo alla speranza fondata sulla certezza della presenza di Dio che ci è Padre. Vi è una grande differenza, tra una casa ed un focolare domestico. Siamo chiamati ad essere un "focolare domestico" per accogliere chi non sa dove andare. Madre Speranza scriveva: "Quando incontrerete un uomo sotto il dolore fisico o morale, non dategli un aiuto o un consiglio senza avergli prima dato uno sguardo di compassione"8.

L’esperienza della pandemia ha scoperto quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità fino ad oggi e ci ha dimostrato come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita. Non dobbiamo "lavarci le mani", ma dobbiamo riuscire ad entrare in relazione ancora di più con le persone, e riuscire ad ascoltare con un cuore contemplativo le loro sto­rie di vita.

 

Ma non dobbiamo restare distanti?

È arrivato adesso il mo mento di “toglierci i sandali” delle nostre abitudini, delle nostre convinzioni, frutto di un passato ormai lontano, della presunzione dei passi già fatti, della superbia di chi non ha bisogno di ascoltare

Per usare un’immagine di questo periodo, sono convinto che siamo chiamati a lasciare una volta per tutte la tentazione di restare attaccati al respiratore artificiale, e di confidare, invece, nel Respiro di Dio. Dalla pandemia del coronavirus, questo impegno ne esce rafforzato e non indebolito, perché nell’amore c’è una responsabilità, ed è quella che si riconduce, alla responsabilità per la persona, per il fratello che ho accanto a me.

Non dobbiamo lavarci le mani, ma soprattutto in questo tempo, dobbiamo mettere in atto una vera e propria pastorale della vicinanza, ad immagine di Gesù che sempre tende la mano, sempre cerca di sollevare, di fare in modo che la gente guarisca, che sia felice, che incontri Dio. È arrivato adesso il mo­mento di "toglierci i sandali" delle nostre abitudini, delle nostre convinzioni, frutto di un passato ormai lontano, della presunzione dei passi già fatti, della superbia di chi non ha bisogno di ascoltare. È il momento di riconoscere la nostra fragilità e di muoverci a guardare la realtà permettendo che sia solo Dio ad interpretarla. Cammineremo solo se ci lasceremo custodire dalla sua compagnia: "Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo"9.

Per essere un vero discepolo del Signore, bisogna sporcarsi le mani, è necessario saper toccare la “carne” del Cristo nel volto di tanti nostri fratelli.
Se dobbiamo lavarci le mani, lo dobbiamo fare per togliere dal nostro cuore quell’egoismo che sempre cammina con noi, quel vivere per sé stessi che ci contamina l’anima e ci impedisce di fare della nostra vita un dono di amore.

Cosa intendeva Gesù per compassione? "Patire-con", questo è il significato della parola, farsi carico della sofferenza delle persone, del loro mondo interiore, del loro stato d’animo, della loro vita. Uno sguardo di amore concreto, che affronta la fatica, amore che guarisce situazioni difficili, amore che porta il peso, amore che soffre, amore che si prende cura. Significa avere la capacità di soffrire insieme, di condividere la sofferenza; è l’atteggiamento per cui io soffro vedendo l’altro soffrire, è la partecipazione reale dell’affetto e della volontà, per cui mi accorgo e partecipo in modo sensibile a questo bisogno dell’altro. Dobbiamo saper crescere nell’’empatia, ossia nella capacità di comprendere a pieno lo stato d’animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Empatia significa "sentire dentro", "mettersi nei panni dell’altro", ed è questo stile dell’accoglienza che dobbiamo cercare di mettere in pratica, vuol dire mettere a proprio agio l’altro offrendo subito un sorriso e un viso disteso, è, ancor prima di dargli una sedia per sedersi, o qualcosa da mangiare, fargli spazio nel nostro cuore.

Il Cristo si è sporcato le mani con gli uomini, si è lasciato coinvolgere, ha voluto "contaminarsi", impastarsi con quest’umanità così imperfetta. Se Dio si è sporcato le mani così ed è disceso nel nostro "inferno", nelle nostre tenebre, noi tutti siamo chiamati a seguire le SUE tracce. Per essere un vero discepolo del Signore, bisogna sporcarsi le mani, è necessario saper toccare la "carne" del Cristo nel volto di tanti nostri fratelli. Se dobbiamo lavarci le mani, lo dobbiamo fare per togliere dal nostro cuore quell’egoismo che sempre cammina con noi, quel vivere per sé stessi che ci contamina l’anima e ci impedisce di fare della nostra vita un dono di amore. L’unica prova concreta che noi crediamo e viviamo nell’amore è trattare tutti gli uomini come figli dell’unico Padre, quindi come nostri fratelli, l’altro esiste perché ci umanizza, i suoi bisogni ci fanno uscire da noi stessi e ci rendono sempre meno attenti a noi stessi e sempre più sbilanciati a suo favore; il mio "prossimo" in questo senso è un privilegiato strumento nelle mani di Dio.

 

Nessun uomo può sottrarsi alla sua vocazione d’amore!

È arrivato adesso il mo mento di “toglierci i sandali” delle nostre abitudini, delle nostre convinzioni, frutto di un passato ormai lontano, della presunzione dei passi già fatti, della superbia di chi non ha bisogno di ascoltare.

Nella Scrittura il sangue è il simbolo della vita e in ciascuno di noi scorre lo stesso sangue e quindi siamo "fratelli" e un fratello, nella Chiesa, non si sceglie come un amico, tu te lo trovi. I fratelli che ho accanto non li ho scelti, ed è fondamentale la riscoperta del vero valore e significato dell’altro; il fratello e la relazione con lui sono innanzitutto un dono di Dio, dono del quale il Signore ci chiederà conto. C’è un senso profondo nella nostra vita cristiana che deve essere continuamente "risvegliato": quello di prendersi cura del nostro fratello, di chi ci sta accanto, rispettare l’altro significa essergli vicino: non più "ognuno per i "fatti suoi", ma avere a cuore la vita dell’altro.

È questo il grande pericolo di questo tempo di pandemia: chiudere il cuore agli altri e arroccarci nel nostro castello interiore!

Il nostro carisma ci dice che le nostre mani sono importanti per essere strumento di misericordia: "Vi devo dire che dove non c’è carità con il prossimo non c’è ombra di perfezione, né di santità. La santità, infatti, consiste essenzialmente nell’amare Gesù e questo amore ha come parte essenziale l’amore ai nostri fratelli. Per sapere se veramente amiamo Gesù dobbiamo soltanto volgere lo sguardo ai fratelli e vedere se concretamente arde per loro nel nostro cuore la carità. Essa deve essere il nostro distintivo e deve portarci ad amare i poveri come noi stessi. Quanta consolazione ci può venire dal pensiero che in tutti i momenti della nostra vita possiamo servire il Signore nei nostri fratelli!"10. E in un altro scritto la Madre Speranza riprendeva questo tema affermando che: "La carità è tanto più meritoria quanto più è difficile. Meno amabile è la persona che si deve assistere, più ci si santifica amandola, con la sicurezza di amarla solo per Dio"11.

Fratello mio, non farti legare quelle tue mani, la misericordia è un’arte che s’impara, toccando le miserie degli uomini. Apriamo i nostri occhi per guardare le ferite di tanti fratelli e sorelle, facciamoci provocare dal loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità.

... Affinché venga il tuo regno e non il mio, affinché sia fatta la tua volontà e non la mia, Amore Misericordioso aiutami a far sì che le mie mani siano misericordiose come le tue!

 

…e così sia…


1 Roma 22 novembre 1941

2 La Madre Speranza nel 1967; El pan 21,1150-1152

3 Eb. 10,24

4 1 Cor. 12-13

5 1 Gv. 4, 7-8

6 Consigli pratici (1941) (El Pan 5)

7 Gen. 4,9

8 La Perfeccion della vida religiosa

9 Mt. 28,20

10 El Pan de nuestra casa

11 El Pan de nuestra casa

 

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ultimo aggiornamento 11 giugno, 2021