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Giornata della Vita Consacrata
Il giorno 2 febbraio - presiede le
celebrazioni a Collevalenza Mons. Gualtiero Sigismondi,
Vescovo di Orvieto-Todi
Nella riflessione offerta durante la preghiera dei Vespri ai consacrati e alle conscrate presenti a Collevalenza lo scorso 2 febbraio, festa della presentazione di Gesù al tempio e Giornata della vita consacrata, mons. Gualtiero Sigismondi ha inizialmente detto: "L’eleganza di un’anima che si spende nella lode di Dio e nel dono di sé: questa è la ‘regola pastorale’ della vita consacrata".
Ha poi ricordato l’importanza della cura della vita interiore, "prima attività pastorale, la più importante", e del camminare insieme, "coltivando la vita fraterna". Se questi due aspetti non sono (ben) vissuti, non c’è spazio per la fedeltà di una dedizione totale, ma solo per la malinconia, una patologia che ha diversi sintomi.
Sette le malinconie elencate, con precisi riferimenti alla Parola, che hanno indotto gli attenti partecipanti a fare subito una profonda revisione di vita.
malinconia di chi mette mano all’aratro e continua a volgersi idietro ("è la miopia di cui soffrono coloro che vengono risucchiati dalle correnti di deriva della nostalgia").
C’è la malinconia di chi si affatica invano senza affidarsi al Signore, rinunciando a se stesso ("è lo stato in cui versa chiunque spenda la vita senza donarla").
La
La
malinconia d
Ed ancora: la malinconia di chi ignora che l’apostolato è il
traboccare della vita interiore;
di chi si dà agli altri senza lasciare nulla di sé a se stesso,
perché incapace di mantenere "una tensione armonica tra solitudine e
comunione";
di chi getta in mare le reti per la pesca senza prendere nulla,
ignorando che la ‘capacità’ viene da Dio e piombando così nella
depressione.
Infine, la malinconia di chi si lascia consumare dai
fremiti dell’orgoglio e dell’invidia (è la trincea in cui si chiude
chiunque non preservi la lingua da inutili mormorazioni").
Siamo però portatori sani di un’inguaribile malinconia, perché essa "è – ha detto il Vescovo citando Kierkegaard – la salutare inquietudine dell’uomo che avverte la vicinanza dell’infinito". ‘Malinconie’ che rimarranno imprese – sono certa – non solo nella mia mente; riflessioni preziose che non dimenticheremo, importanti nel cammino di ogni giorno, nel quale siamo chiamati ad un costante e sapiente impegno per "cacciarle dal cuore" (cfr. Qo 11,10), rigettando – come esorta san Bernardo – l’amarezza che vuole entrare nel nostro spirito ed aprendoci alla grande gioia che sta nel riposare sullo Spirito di Dio.
Gioia e riposo che si sono potuti sperimentare e gustare già nella messa che ha fatto seguito ai vespri, iniziata con il rito dei ceri.
La festa della ‘Candelora’, che proprio con quel rito annuncia la Veglia pasquale, "sia il prologo – ha augurato mons. Gualtiero – del nostro andare incontro al Signore raggianti. La celebrazione che stiamo vivendo confermi questo nostro impegno, lo ravvivi qualora si sia affievolito e ci aiuti a non dimenticare che l’obbedienza, vissuta sine glosa, svezza la nostra volontà, facendole sperimentare la grazia dell’infanzia spirituale".
La lampada accesa dell’abbandono dei consacrati alla fedeltà di Dio possa davvero esprimere ogni giorno di più la luminosità delle loro anime. Ce n’è davvero bisogno in questo nostro mondo, troppo spesso avvolto nelle tenebre. (La Voce N. 5)
Michela Massaro
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ultimo aggiornamento
09 marzo, 2022