studi Vangelo e santità laicale

Sac. Angelo Spilla, fam

 

Vangelo e santità laicale

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Prendiamo in esame un’altra figura laicale, la cui ricostruzione del suo operato è risultata contrastata tra coloro che lo riconoscono eroe e martire e coloro che lo descrivono, invece come uomo zelante esecutore della deportazione di almeno 412 dei circa 500 ebrei presenti a Fiume, nel suo incarico di responsabile dell’applicazione delle leggi raziali fasciste.

Si tratta di Giovanni Palatucci (31 maggio 1909 – 10 febbraio 1945), questore di Fiume italiana, morto di stenti e sevizie nel campo di stermino di Dachau nel 1945, dove era stato internato per aver salvato oltre cinquemila ebrei.

Giovanni era nato a Montella, in provincia di Avellino, ed era nipote del vescovo di Campagna, mons. Giuseppe Maria Palatucci. Conseguita nel 1928 la maturità classica a Benevento, nel 1930 svolse il servizio militare come allievo ufficiale di complemento a Moncalieri. Iscritto al Partito Nazionale Fascista, nel 1932 consegue la laurea in giurisprudenza, a Torino. Il padre lo avrebbe voluto avvocato in Irpinia, ma Giovanni comprese che l’avvocatura non lo entusiasmava.

Nel 1936 giurò come volontario vice commissario di pubblica sicurezza a Genova. Ci rimase per un anno solamente per il fatto che non era per nulla incline al conformismo e pertanto, a causa di ciò, all’inizio del 1938 venne esiliato alla Questura di Fiume.

Qui divenne Commissario e poi Questore reggente, con la responsabilità dell’Ufficio stranieri. E’ stato in questo luogo, infatti, che Giovanni ha svolto con grande rischio personale un’intelligente attività a favore di ebrei italiani e stranieri.

Nella sua posizione ebbe modi di conoscere l’impatto che le leggi razziali ebbero sulla popolazione ebraica. Fu proprio durante questa sua permanenza a Fiume come funzionario di pubblica sicurezza che Giovanni Palatucci si adoperò per salvare centinaia di ebrei dalle persecuzioni razziali.

Nel giro di sei anni infatti perseguì questo intendo distruggendo moltissimi fascicoli di cittadini di religione ebraica per sottrarli alla deportazione e procurando documenti falsi.

La città portuale di Fiume nel novembre 1943, pur facente parte della Repubblica Sociale Italiana, di fatto entrò a far parte della Zona d’operazioni del Litorale adriatico, controllata direttamente dalle truppe tedesche per ragione d’importanza strategica. A motivo di ciò il comando militare della città passò al capitano delle SS Hoepener.

Quando i nazifascisti cominciarono a sospettate dell’attività di Giovanni Palatucci, il Comitato di Liberazione Nazionale, formatosi a Roma nel settembre 1943, allo scopo di opporsi al fascismo e all’occupazione nazista in Italia, consigliarono a Giovanni di mettersi in salvo, rifugiandosi nella Confederazione Elvetica, dove avrebbe trovato ospitalità presso l’abitazione del Console svizzero che al momento si trovava a Trieste.

Giovanni Palatucci rifiutò il consiglio e continuò ad operare in favore degli ebrei. In più, intimò agli ufficiali comunali di non rilasciare alcun documento riguardante i cittadini ebrei senza previa comunicazione al suo ufficio. Ciò gli serviva per potere avvisare in tempo gli ebrei ancora presenti. Questo ha mandato a vuoto le retate naziste che avrebbero dovuto inoltrare gli ebrei ai forni crematori.

Giovanni, non si risparmiò neppure di opporsi alle autorità germaniche denunziando così gli abusi e le violenze perpetrate nei confronti dei suoi uomini da parte dei tedeschi e dagli ustàscia, movimento nazionalista e fascista croato di estrema destra, fautori della persecuzione dei serbi. Giovanni Palatucci non si sentiva di tradire i princìpi e i valori cristiani nei quali credeva spinto dalla fede profonda che lo sosteneva.

Fu questo che, però, portò all’arresto di Giovanni. Nella notte del 13 settembre 1944, su ordine del tenente colonnello delle SS Kapler venne perquisita l’abitazione del reggente Giovanni Palatucci dove fu trovata copia del piano riguardante lo Stato libero e autonomo di Fiume. Accusato di intelligenza col nemico fu portato nel carcere Coroneo di Trieste e da lì, il 22 ottobre 1944, fu condotto al campo di concentramento e di lavoro forzato di Dachau, con il numero di matricola 117826. Il 10 febbraio 1945 a seguito di sevizie patite, Giovanni morì, a soli 36 anni, due mesi prima della liberazione del campo.

Ma la vita e l’operato del questore Giovanni Palatucci non fu messa bene alla luce in seguito alla sua morte. Furono avanzati dubbi sulla corretta ricostruzione storica delle vicende legate alla sua figura. Soprattutto maggiore clamore destò la ricerca condotta dal Centro Primo Levi, nel 2013, che ne ha ridimensionato i meriti attribuitigli, accusandolo quindi di aver collaborato con i nazisti a Fiume. Si avanzò la tesi che Palatucci fosse stato uno zelante esecutore della deportazione di centinaia di ebrei, mentre la sua morte sarebbe stata causata per aver mantenuto contatti col servizio informatico nemico, per aver passato agli inglesi i piani per l’indipendenza di Fiume.

Prima di queste accuse, nel 1952 lo zio vescovo, Giuseppe Maria Palatucci, aveva messo alla luce l’eroicità del nipote Giovanni nel salvare numerosissimi israeliti. Seguirono quindi dei riconoscimenti, tanto che nel 1955 venne concessa la Medaglia d’Oro alla memoria dall’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia. E nel settembre 1990 lo Yad Vashem, nel Giardino dei giusti di Gerusalemme, ha riconosciuto Giovanni, Giusto tra le Nazioni; anche la Repubblica Italiana il 15 maggio 1995 gli ha conferito la Medaglia d’Oro al merito civile con la motivazione:"Funzionario di Polizia, reggente la Questura di Fiume, si prodigava in aiuto di migliaia di ebrei e di cittadini perseguitati, riuscendo ad impedire l’arresto e la deportazione", come patriota e cristiano.

La controversia venne risolta in favore di Palatucci quando decise di testimoniare l’anziana Renata Conforty, i cui genitori furono tratti in salvo proprio dal questore di Fiume. Anche la storica Anna Foa, avvalendosi delle documentazioni e delle numerose testimonianze di salvataggi individuali rilasciate dagli stessi ebrei che furono tratti in salvo, contribuì a far emergere la vera figura del questore cristiano. Lo stesso fece lo storico Matteo Luigi Napolitano che ha preso le difese di Palatucci, contestando le affermazioni fatte dal Centro Primo Levi contro il questore di Fiume.

Anche Rodolfo Grani, ebreo fiumano, che la conosciuto personalmente Palatucci, lo ha ricordato come "nobilissimo giovane cattolico", citando un suo primo grande intervento quando nel marzo 1939 il Palatucci nascose temporaneamente 800 profughi.

Ha raccontato pure Pietro Capuozzo, brigadiere di pubblica sicurezza che quando apprese del treno che avrebbe portato a Dachau il Palatucci, aiutato dalla polizia ferroviaria raggiunse i carri piombati. Correndo su e giù per il marciapiede parlava animatamente con l’amico Palatucci nella speranza che quest’ultimo lo ascoltasse e poterlo salutare per l’ultima volta. A un tratto gli cadde un bigliettino tra i piedi, sentendo pure la voce dell’amico Giovanni che gli disse: "Capuozzo, accontenta questo ragazzo. Avverti sua madre che sta partendo per la Germania. Addio". Nel biglietto vi era il nome della famiglia e l’indirizzo. Ancora Palatucci si prendeva cura degli ultimi. Con la collaborazione di suo zio, vescovo di Campagna, aveva salvato dalla deportazione almeno cinquemila persone.

Il 21 marzo 2000 il Vicariato di Roma ha emesso un editto per l’apertura del processo di beatificazione di Giovanni Palatucci, avvenuta formalmente nell’ottobre 2002. Nella cerimonia ecumenica giubilare del 7 maggio 2000, san Giovanni Paolo II lo ha annoverato tra i martiri del ventesimo secolo.

Nel 2004 Giovanni Palatucci è stato proclamato Servo di Dio.

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ultimo aggiornamento 09 marzo, 2022