studi Vangelo e santità laicale

Sac. Angelo Spilla, fam

 

Giuseppe  Fanin sindacalista  cattolico

 

La comune dignità battesimale assume nel fedele laico una modalità che lo distingue, senza però separarlo, dal presbiterio, dal religioso e dalla religiosa.

Il Concilio Vaticano II ha indicato propriamente la modalità nell’indole secolare: "l’indole secolare è propria e peculiare dei laici" (LG,32).

Esiste quindi nella Chiesa una vocazione laicale. E una di queste figure è propriamente Giuseppe Fanin, sindacalista cattolico.

Giuseppe Fanin (8 gennaio 1924 – 5 novembre 1948) segna una vocazione laicale anch’essa particolare. La sua famiglia, proveniente da Sossano in Veneto, era emigrata nel 1910 a Tassinara, località del comune di San Giovanni in Persiceto (BO). In questa località questa famiglia aveva acquistato un piccolo podere per coltivare la terra.

Giuseppe, chiamato Peppino dai familiari e Pippo per gli amici, è il terzo di dieci figli. Finita la scuola dell’obbligo entra in seminario a Bologna, ma dopo un anno e mezzo comprende di non essere chiamato al sacerdozio ma alla vita matrimoniale.

All’età di diciotto anni si fa fidanzato con Lidia Risi, che aveva già cominciato a conoscere da tre anni. Trascorre la sua giovinezza tra le file dell’Azione Cattolica, non mancando naturalmente alla formazione umana e spirituale ricevuta dalla sua famiglia, di solidi principi e di fede autentica, ispirata ai valori del vangelo e alla morale cattolica.

Anche nei confronti della fidanzata, Giuseppe sa ispirarsi ai valori cristiani tanto da scriverle: "Io amo te di un amore che giunge a Dio. E il mio amore è puro perché anch’io sono puro e voglio portare la mia purezza al talamo matrimoniale".

Non nasconde comunque le difficoltà personali che incontra in questa sua lotta: "Faccio fatica a stare a posto ma ci sono riuscito e ne sono contento".

Giuseppe si dedica fin da subito allo studio; nel 1943 si diploma all’Istituto Tecnico agrario di Imola e nel 1948 prende il dottorato in agraria. Vuole dedicarsi al servizio degli agricoltori e a difenderne i loro diritti, non rinunziando da buon figlio dei campi a coltivarli nelle stagioni di punta e a tempo perso.

Sono gli anni in cui Giuseppe sente fortemente il dramma sociale dei braccianti e dei contadini e per questo coltiva il desiderio di offrire loro migliori condizioni di vita.

Proprio per questo nell’estate del 1948 sceglie l’azione sindacale tra i lavoratori dei campi. Viene assunto così dalle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) e comincia il disbrigo delle pratiche sindacali. Vuole fare emancipare le classi più povere dei lavoratori agricoli, consultando tecnici, creando commissioni di braccianti ed invitando professori universitari di agraria. Un lavoro pesante e rischioso che desidera portare e discutere al Congresso di Molinella, davanti al sottosegretario Emilio Colombo.

Sono, intanto, questi gli anni fortemente impegnati nelle lotte sindacali agrarie. Nel 1944 il patto fra le principali forze politiche antifasciste portò alla nascita della CGIL come configurazione unitaria che riprendeva il percorso interrotto dal fascismo della CGL socialista e della CIL cattolica.

Seguirono anni di lotta con il prevalere della componente comunista della CGIL. I componenti della corrente sindacale cristiana della CGIL lasciarono l’organizzazione dando vita alla Libera CGIL. Da qui seguirono pertanto contrasti in vista della nuova organizzazione.

Giuseppe Fanin, come ricordato prima, si era appassionato subito ai problemi della sua gente, tanto che formato ai valori cristiani diventò attivista delle ACLI, militante della FUCI e sindacalista.

Era convinto che senza Cristo non ci poteva essere apostolato sociale.

Sapeva pure che le sue idee e il suo lavoro si scontravano con la forza dominante del tempo, mettendo a rischio la sua vita. Nonostante ciò continuava a sognare un sindacato autonomo di forte ispirazione cristiana, adoperandosi nel vederlo al più presto realizzato, promuoveva pure cooperative agricole tra i braccianti.

Erano gli anni del dopo guerra quando aumentavano i numeri delle aggressioni compiute contro gli aderenti ai liberi sindacati. E questo particolarmente nella "rossa" Emilia Romagna. Quando qualcuno gli propose di portare con se un’arma per sua difesa personale, Giuseppe mostrando la corona del rosario che teneva in tasca disse che quella era la sua arma e non ne voleva altre.

Bastarono pochi mesi a mettere in vista la qualità del suo impegno sindacale. E ciò lo portò subito alla morte. La sera del 4 novembre 1948 Giuseppe venne aggredito da tre militari del Partito comunista italiano, mentre rientrava a casa in bicicletta alla fattoria paterna, dopo una serata tranquilla trascorsa con la fidanzata. Picchiato selvaggiamente con una spranga di ferro, cadde su un mucchio di ghiaia stringendo nelle mani il rosario. Trovato agonizzante, morì il mattino dopo in ospedale senza aveva preso conoscenza. Aveva soltanto 24 anni. Circa quindicimila persone parteciparono al suo funerale.

Dopo venti giorni di indagini venne scoperto il mandante: Gino Bonfiglioli, segretario della sezione PCI di S. Giovanni in Persiceto. Confessò pure i nomi dei tre esecutori e militanti comunisti mandati per "dare una lezione" al giovane esponente democristiano, accusato di lavorare per un sindacato più conciliante con i padroni.

Ancora oggi sul luogo della brutale aggressione c’è un cippo che ne ricorda il sacrificio, ove sono scolpite queste parole: "La strada bagnata di sangue porta sicura alla meta".

La diocesi di Bologna con il cardinale Giacomo Biffi, negli anni 1998 - 2003 ha aperto il processo di beatificazione per indagare l’eroicità delle virtù, non il martirio, di Giuseppe Fanin. La "Positio super virtutibus" è stata consegnata a Roma nel 2007, dopo aver ricevuto la convalida del processo in data 20 maggio 2005.

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ultimo aggiornamento 03 agosto, 2022