studi Vangelo e santità laicale

Sac. Angelo Spilla, fam

 

Ci sono storie che non si possono dimenticare, soprattutto se cariche di dolore e di tragedia, ma ricche di luce e di speranza. Tra queste va ricordata la vita e la morte di Albino Badinelli, carabiniere ligure che, a soli ventiquattro anni, ha offerto la sua vita per la salvezza di molti e, in punto di morte, ha perdonato i propri carnefici.

Albino Badinelli (6 marzo 1920 – 2 settembre 1944) nasce a Allegrezze, una frazione del Comune di Santo Stefano d’Aveto, in provincia di Genova e diocesi di Piacenza-Bobbio. Figlio di Vittorio e di Caterina Ginocchio, settimo di undici figli, Albino trascorre la sua infanzia tra la propria famiglia, la scuola, la chiesa e la campagna aiutando i suoi genitori, senza esentarsi dai sacrifici e dalle fatiche. Viene formato spiritualmente ai valori morali, civili e cristiani, rimane sempre affezionato alle tradizioni religiose proprie della sua terra, frequenta le celebrazioni liturgiche soprattutto quelle domenicali contribuendo con il suo canto a dare maggiore solennità ai riti; nel tempo libero si dedica pure all’arte e al disegno. Si forma così in lui il senso della generosità, la vita caritatevole, la bontà d’animo e lo spirito di servizio.

Fatti gli studi di scuola elementare, Albino scopre la sua vocazione che è quella di fare il carabiniere tanto che nel 1939 comincia a frequentare a Torino gli studi presso l’Accademia Militare. Nel mese di marzo 1940 viene incorporato come carabiniere ausiliare a piedi, presso la Legione Allievi Carabinieri di Roma, con la ferma di leva di 18 mesi. Il 18 giugno diviene carabiniere effettivo e viene trasferito alla Legione di Messina per prestare servizio nella cittadina di Scicli dove vi rimase per circa tre mesi. Il 2 maggio 1941 viene assegnato alla Legione di Napoli ed incorporato nel neocostituito XX Battaglione Mobilitato, tanto che il 21 settembre 1941, in seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale, giunge in Balcania, territorio dichiarato in stato di guerra, prestando servizio militare a Zagabria, in Croazia.

Rientrato in patria, Albino viene spostato, presso la Legione di Parma, a Santa Maria del Taro, in provincia di Pordenone, dove rimase per un lungo periodo.

Comincia qui un momento assai difficile per Albino. Nel 1944 è vittima di un attacco alla sua caserma, che resta isolata e senza collegamenti. In mancanza di comando, Albino viene invitato a tornare a casa, nella sua famiglia, in attesa di ordini. Molti suoi colleghi in quei mesi passarono tra i partigiani. Di lui, la sorella Agnese dirà più in avanti: "Lui era un animo pacifico, ma aiutava come poteva chi invece si era nascosto tra i boschi per combattere i nazifascisti".

Fu così che nell’estate 1944 i partigiani hanno ucciso in quelle località cinque fascisti. Continua il racconto ancora la sorella di Albino, quando aveva 92 anni, ricordando quei vecchi e dolorosi momenti: "Per rappresaglia, il comandante della divisione nazifascista Monterosa Caramella, chiamato così per la forma del vetro che aveva al posto di un occhio, fece diffondere un ultimatum: se i partigiani non si fossero consegnati subito, avrebbe fatto fucilare tutti i civili, tra i quali c’erano anche donne e bambini, detenuti nella casa di Littoria. In più avrebbe dato ordine di incendiare Santo Stefano, come già era stato fatto con alcuni paesi vicini. Di fronte a questa prospettiva, Albino prende la sua decisione: ‘Prima che uccidano qualcuno, mi presento io. Altrimenti non avrei pace’, ci disse".

Erano stati i primi giorni di agosto, quindi, quando Albino, di ritorno dall’abitato di La Villa, vide divampare una grande fiamma nei dintorni. Molti paesi tra cui Allegrezze cominciarono ad essere incendiati. Si rese conto della gravità della situazione e soprattutto del fatto che il comandante della Divisione Monte Rosa aveva annunciato che, se non si fossero presentati tutti i giovani "sbandati" appartenenti alla Resistenza e al movimento partigiano, avrebbe dato ordine di fucilare gli ostaggi e i prigionieri e di incendiare pure il borgo di Santo Stefano d’Aveto Albino, pur non facente parte attivamente alla Resistenza.

Ecco dunque cosa ha fatto Albino Badinelli. Si presenta spontaneamente al Comando fascista e viene condotto dal maggiore Cadelo, detto "Caramella". Albino nel colloquio sottolineò quelli che erano i suoi desideri e propositi di pace, uniti alla sua spontanea consegna. Tuttavia lo stesso ufficiale, appena seppe che era un carabiniere lo considerò un disertore facendolo condannare a morte tramite il plotone di esecuzione. Era mezzogiorno del 2 settembre 1944.

A questo punto Albino, consapevole della sua immediata fucilazione, chiese di potersi confessare. Gli fu negato; ebbe la sola possibilità di confidarsi con il sacerdote mons. Giuseppe Monteverde lungo la strada verso il luogo di esecuzione. E fu lo stesso sacerdote che ebbe a consegnare un crocifisso che Albino prese e strinse tra le sue mani. Durante il breve percorso, Albino manifesta al sacerdote l’affetto che provava per la propria mamma, la sua famiglia e la sua gente, domandandogli anche di far presente che lui stesso perdonava i suoi uccisori. Il sacerdote ha impartito la benedizione raccomandandolo alla Madonna di Guadalupe, per la quale in paese c’è grande devozione.

Giunto al luogo dell’esecuzione, davanti al cimitero di Santo Stefano, Albino venne posto con le spalle al muro. Stringendosi fortemente il crocifisso a sé, Albino pronunziò le parole di Gesù: "Perdonali, Padre, perché non sanno quello che fanno". Mentre tre soldati si rifiutarono di sparare, gli altri prontamente eseguirono gli ordini; tre colpi di arma da fuoco, due al cuore ed uno alla testa, hanno freddato Albino, facendolo cadere a terra morto. Aveva solo 24 anni. Albino aveva anche una fidanzata, che si chiamava come lui, Albina. Questa, dopo la guerra, si sposò senza però mai dimenticare Albino, fino al punto che ha voluto essere seppellita con le lettere che Albino le aveva scritto.

Il suo corpo venne lasciato a terra, come da monito. Scesa però la sera, i familiari assieme al parroco andarono sul luogo per la benedizione e per il seppellimento. Sempre la sorella Agnese ha testimoniato: "Alcuni soldati ci videro, ma ebbero pietà di noi. ‘Andate via! Se qualcun altro vi vede, vi ammazzeranno tutti! Ci urlarono’". Solo dopo poco tempo, il corpo di Albino fu trafugato da alcuni suoi paesani guidati da mons. Casimiro Tedeschini e posto su una scala di legno fu portato a spalla fino ad Allegrezze dove, dopo un breve rito funebre, venne seppellito nel cimitero.

Da quel giorno il ricordo del sacrificio di Albino non si è ancora spento. Sul muro dove Albino venne ucciso vi è stata posta una lapide con la seguente scritta: "Sotto il plotone di esecuzione, vittima innocente, il 2 settembre 1944, qui cadeva serenamente perdonando, il Carabiniere Badinelli Albino, figlio della vicina Allegrezze. Oh tu che passi, chinati al suo ricordo e prega per lui e per il mondo la pace".

Albino fu insignito della Medaglia d’Oro al Merito Civile «alla memoria» con la seguente moti­va­zione: «Carabiniere effettivo alla Stazione di Santa Maria del Taro (PR), dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, non volendo venir meno al giuramento prestato e deciso a non far parte delle milizie della Repubblica di Salò, si dava dapprima alla macchia e successivamente decideva di consegnarsi al reparto nazifascista che, come rappresaglia ad un attacco subito, minacciava di trucidare venti civili inermi. Condotto d’avanti al plotone di esecuzione sacrificava la propria vita per salvare quella dei prigionieri. Chiaro esempio di eccezionale senso di abnegazione e di elette virtù civiche spinte fino all’estremo sacrificio".

Il 6 marzo del 2017 è stato commemorato come "Giusto", titolo riservato a coloro che si sono opposti con responsabilità ai crimini contro l’umanità e ai totalitarismi. Nell’aprile del 2018, Albino, poi, è stato inserito tra i "Testimoni" del Sinodo dei Giovani convocato dal Papa Francesco in Vaticano dal 3 al 28 settembre dello stesso anno.

Attualmente Albino dalla Chiesa viene considerato "Servo di Dio", poiché è in corso il processo di beatificazione. Albino ci lascia certamente un’intensa storia d’amore, di valori cristiani e di fedeltà all’Arma dei Carabinieri.

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ultimo aggiornamento 17 febbraio, 2024